Critica Sociale - Anno VIII - n. 9 - 1 maggio 1898
CRITICA SOCIALE 139 Abbiamo dato volontieri ospitalità a questo arti– colo del Sorel, trasmessoci dallo stesso Merlino, per una raiiion~ sopratutto: non si dicesse, cioè, che ne abbiamo avuto paura. Già il Sorel accenna che, di fronte alla crisi del socialismo scientifico proclamata dal Merlino, « gli ortodossi hanno ser• baio il silenzio, temendo ,u pe,·dere colla discus– sione la loro fede •· Non lo crediamo affatto e protestiamo anche per conto di tutti i nostri con– fratelli italiani. Nei giornali di propaganda popo– lare non si daono quasi mai recensioni di libri, nep– pure di quelli più ravorevoli alla «ortodossia;• nè davvero è il caso di portare fra i nostri operai e contadini l'eco di certe ipercritiche, mentre siamo ancora a dover battere il chiodo dei principi! della dottrina più fondamentali e meno discussi. Quanto poi alla Critica Sociale, che era la vera sede di tali discussioni, rammentiamo-soltanto di aver già dedicato ai due ultimi libri di Merlino tre lunghi articoli: uno di Arturo Labriola (') e due più re– centemente di lvanoe Bonomi ('); e Merlino ci è testimonio che spontaneamente gli offrimmo le nostre colonne se mai volesse rispondere. Detto questo, possiamo presumere che i primi ad essere sorpresi del tono aggressivo del Sorel verso i marxisti saranno senza dubbio i nostri let– l<>ri.I lettori della o.-tttca, dinanzi alle pretese rivelazioni merlioiane onde il Sorel si ra eco, avranno senza dubbio constatai<> come molte fra esse hanno una sorprendente « aria di famiglia • con osservazioni trovate cento volte nella Critica e che sono il contenul<>abituale e la ragion d'essere della nostra Rivista. Nonpertanto noi non posiamo affatto a novatori dentro e contro la dottrina socia– lista accettata. La nostra critica, quella che po– tremmo chiamare la critica interna della dottrina, è da un lato il riflesso dei fatti, che qualche cosa insegnano anche a noi, dall'altro il riflesso delle alcune letture che facciamo nel campo .della lette– ratura socialista, specialmente tedesca. E insomma la dottrina stessa che si sviluppa, si ripiega su sè medesima, si epura,si integra, si modifica.come av– viene di ogni dottrina viva e vitale. li Merlino, e con esso il Sorel, veggono in questa prova di vita una crisi, un pericolo, una condanna di morte che il socialismo non potrà evitare se non a patto di rinnovarsi. Essi dicono: aboliamo il marxismo e l<>rniamoa Marx,.... ossia andiamo a Merlino. Senza mancare di rispetto a quest'ultimo, di cui riconosciamo l'ingegno alacre e la non comune col– tura, pensiamo che Marx, se vivesse; sarebbe non poco sorpreso di ravvicinamenl<>siffatto. A parte le differenze di misura, anche in fattodi qualità è dif– ficile trovare due temperamenti intellettuali più antitetici del Merlino e del Marx. Marx è un mo– numento di rigidità logica e di profondità osser– vatrice; l'altro incarna il trionfo del più amabile ma anche del più superficiale eclettismo. Va bene: vi sono nella dottrina socialista delle formole, che più o meno risalgono ad Engels e a Marx, al Mant{esto del '48 o al libro del Capitale, e che l'esperienza successiva ha in tutto o in parte infirmate. Vi sono poi saltatori che scambiano la formola per verità sostanziale, se ne fanno dogma e non vedono più in là. 'l'ulte cose verissime. Le abbiamo dette e ripetute a sazietà noi pure. E le ha dette il Marx stesso, al quale si attribuisce il motto: mats ....Je ne sut.çpotnt du toutmarmtste, motto che noi ci compiacemmo sovente di ripor– tare. Chi più di noi in queste colonne ha scritte– contro il sempttctsmo d1 certi nostri compagni di fede I Si può dire che fummo noi, nel campo so- (•• Crittca 18'17, par. lll. (tJ Ibidem t898, P•R. 91 e 103. cialista, a mettere di moda la parola. D'altro canto, dobbiamopur riconoscere che un certo semplicismo, un certo ossequio alle formole, ò una nece,sità ob• biettiva della propaganda popolare. Non si tratta di fare un doppio gioco, di avere un socialismo e riservato > e un socialismo « elettorale > ad uso della folla. Se qualche tendenza di questo genere, il che è umanamente inevitabile, si manifesta nel partito, siamo noi (i lettori ce ne fanno fede), e saremo sempre, i primi a denunziarla e stimmatiz– zarla. Ma anche un professore di storia naturale (citiamo a diseiino una delle scienze più obbiettive), se vorrà farsi 10tende1•e da una scolaresca di bam– bini, comincerà coll"adottare delle formole che non rispondono se non grossolanamente alla verità. Co– mincerà, per esempio, a parlare dei tre regni di• stinti della natura (co-i corno noi parliamo delle due classi sociali antagoniste) senza tener conto delle formazioni intermedie - e insegnerà quindi un errore. SI dir:\ che falsifica la scienza, che in– ganna gli alunni i La teoria del valore non va esente, oggi, da cen• sure e trova nelle stesse postuma di Marx una integrazione e un correttivo imprevisti. Ila perciò meno rivoluzionato la scienza, non foss'altro in virtù delle cl'itiche cui ha dato luogo! La legge di bronzo del salario (errore, se mai, di Lassalle e degli economisti onde questi la tolse) rappresenta una tendenza, attraver..ata da altre molte, non un ratto assoluto e costante. Ma che cosa sono. se non tendenze. tulle le leggi scientifiche I La concentra– zione delle ricchezze non si compie nè colla rapi– dità nè colla uniformità çhe qualcuno ebbe a pre– sagire; la correlazione fra potere r,olitico e potere economico subisce delle eccezioni. E perciò forse men vero, e non è anzi il più saliente fenomeno della moderna economia, che l'ingigantire dello strumento tecnico, nella più parte delle industrie, distrugge il piccolo esercizio, prepara il collettiviz– zarsi della produzione (il quale, e non il concen– tramento della ricchezze, è la condizionenecessaria e sufficiente del socialismo), e cessa egli di esser vero che, in ogni tempo ed anche oggi, i mono– polizzatori delle fonti di ricchezza rassodano col potere politico il loro monopolio, mentre poi ogni conquista delle classi inferiori sul terreno econo– mico non ha vita salda e durevole finchè non lo assista una corrispondente conquista di influenza politica! Fu smentita dai fatti la miracolosa virtù del suffragio popolare, la sincel"ità delle rappre– sentanze (contro questo pregiudizio, si noti, il mar– xi•mo non fece che ribellarsi): è perciò da re– spingere il concetto dei nostri programmi che il suffragio, o,e i lavoratori sappiano accortamente maneggiarlo, può, di strumento d "inganno come ò stato, diventare strumento d'emancipazione I In verità, se dall'abuso di certe formolA,dalle eccezioni che soffrono certe leggi, si potesse trarre argomento a demolire una dottrina, non v'è, pen– siamo, dottrina che reggerebbe alla prova. Lo stesso darvinismo, che l>ure ha modificato fondamental– mente la mentalità dei contemporanei e le cui acquisizioni scientifiche sono fra le più salde che registri la storia, è oggi (ce lo notava il Bonomi nel numero del l.' marzo) battuto in breccia da più lati poderosamente. Ma ò questo per l'appunto il carattere che differenzia le dottrine scientrnche positive dalle dottrine dogmatiche e dalle architet– tazioni metafisiche. Le prime si può dire che non sono mai, ma dtventan.o ,· la loro vita medesima è evoluzione. Le seconde aut sinl ut sunt, aut non stnt; una puntura di spillo le vuota come gonfie vesciche. E la teoria catastrofica! Se v'è superstizione che la letteratura marxista· (pari io ciò alla dottrina
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