Critica Sociale - Anno VIII - n. 6 - 16 marzo 1898
94 CRITICA SOCIALE nella. evidenza. rappresentativa della realtà, nèlla ma.• gica evocazione del sogno, nella. conoscenza. larga, pro– ronda, sicura, di tutte le potenze, di tutte le virtù, di tutte lo stregonerie della. parola. Che i suoi eroi siano più galantuomini che non gli eroi dannunziani, e perciò più simpatici; che la. sua fllosofla sia.più coerente e più salda; che una. più nobile religione ideale inspiri i suoi versi o le prose sue, tutto questo ò ben vero, o tutto questo entra. bene a determina.re l'ultima. risulla.nto sintetica <li quell'analisi che precedo qualunque giudizio estetico non avventato e volga.re : ma. entra. come rat– toro accessorio e subordinato, l'essenziale in estetica. essendo sempre la forma, lo stile, l'immagine. Tant'è vero che ciò può senz'altro bastare: c'è forse altro che forma, infatti, nello ngili fiale iridescenti e nei calici aerei di Venezia, nei pizzi d'Alençon e di Murano che sembrano opera delle fate, nei milio inutili e splendidi oggetti che cesellava il Collini per puro e disinteressato amore suo e dei commiltenli per la bellezza in sè stessa! Eppure questa è ben arte, e che arte! o per rinnegarla in nomo del socialismo o dell'anarchismo, bisognerebbe esser peggio che un ottentotto, un cerco– piteco od un IOmuro.(') L'esempio in contra.rio, che il Rensi adduce, della grande letteratura inglese, non prova niente: i celebrati scrittori ch'egli rammenta, dal Miiton al Goldsmith, sono in massima parto così infarciti di pedanteria e di sag– gezza, da far dormire a\l'impiedi; o gli altrettanti e non meno grandi di cui si dimentica, da Guglielmo Shak– spcare (giù il cappello!} a Lorenzo Sterne, rappresen– tano in non minor proporziono un'arte non meno nobile e grande, eppure libera e franca d'ogni vincolo e d'ogni tirannide finalista e propagandaia. :\la, ammessa pure la tesi del Rensi, che tutta. la lettera.tura. inglese sia sta.la , volta. a. volta., il riftesso delle questioni essenziali che successivamente attraver– sarono la. coscienza di quella forte u sana. nazione; ciò non sarebbe che la. più bella, la più trionfale giustifl• cazione dei diversissimi atteggiamenti assunti l'un dopo l'altro fin qui dall'arte di Gabriele, o di quell'a.ltro 1 pro– rctizzato dal Rensi poi dì dell'an•onto del socialismo al llominio del mondo. Il D'Annunzio non avrebbe fatto, e non farebbe, individualmente, che ciò che ha fatto, e probabilmente farà., noi suo insieme, la grande lettera... tura. britannica, rammentata. qui, come modello insigne d'arte sociale, a prererenza d'ogni altra. E tutto ciò sia detto, s'intende, non in difesa di Oa• briele D'Annunzio, che non ne ha bisogno, e al cui stato maggiore io certo non appartengo; ma in difesa. della. libertà. sacrosanta. dell'arte, e a nuova e ribadita affer– mazione della sua. vera e immutabile natura., del suo unico ed incontrovertibile fine, che è la riproduzione del bello. POSTILLA. Si narra che gli antichi Greci trovassero ameno il canto delle cicale. Trattandosi di un popolo di ar– tisti, la ragione di ciò non può essere stata che in questo: che la gamma delle loro facoltà estetiche fosse più estesa che per noi non sia. In egual modo, se il Pilo (che di estetica fa professione) trova « un diletto estetico molto elevato • in quelle produzioni ( 1) C!>Mt.In proposilo 1mie, articoli: Per l'm·te autonoma nel periodico • I.a Triennale• (Torino, !4 aprile li%), e Per l'arte m·11tocratica e ,,er l'arte democratica nel « l<'ortunio • (Napoli, 16 ago1to (896), e Il mio opuscolo: L'a,·te comefattot·e dC et:olu– .:to,ae soelqle, Jtlllano, rratelll Bocca, 1898, che Luigi Lodi non riusciva a leggere per intero. che Sarcey giudica\'a non vitali, e che a me (st pa,·va licei ....) parevano stupide, vuol dire cer– tamente che egli possiede una più ampia potenza di percezione artistica, e chA dell'arte riesce a co– gliere le vibrazioni anche là dove agli altri sfug • gono. Tra lui e gli altri giudicherà la maggioranza del popolo, considerata nella continuità del tempo, il chu è (se non erro) il criterio inappellabile, che egli stesso accetta, per la consacrazione del bello. lo non dubito punto che la maggioranza del popolo sarà, ora e in avvenire, contro di lui. Ma dove non v'è bisogno, per dargli torto, di at tendere il verdetto di questa maggioranza, è nella ~ua affermazione che il D'Annunzio sia smto eletto, a Ortona a Mare, « per la sua bella tempra di la• voratore di gioie ». Ve li flgurate i buoni caroni abruzzesi ansiosi di mandare l'autore del Tl'ionfo della ,no,•/e ad accrescere in Parlamento« il troppo scarso manipolo.... dei sacerdoti della Bellezza, del– l'Umanità, della Sapienza, dell'Ideale • I Ve li figu• rate - specie dopo che hanno fatto il giro dei gior– nali le ricevute di discrete sommette • per il volo al signor D'Annunzio)> - i piccoli borghesi di Fran– cavilla ponenti con • bel gesto• la scheda nell'urna per farne balzar fuori il rappresentante del!'« aristo– crazia intellettuale• I Il Pilo dice che, se fosse elet, tore (e del non esserlo c'è, io creJo, ben poco da gloriarsi), avrebbe dato il suo voto al D'Annunzio r. recisamente per amore del sacerdozio della Bel– ezza. Padronissimo; ma, male assai. Perchè, men– tre egli accusa me di portare nel giudizio artistico criterii si:>ciali, politici e morali, egli rarebbe così la courusione inversa e ben più pericolosa e no– civa: quella di portare nella politica i suoi criterii artistici. Noti del resto il Pilo che io fui ben lontano dal voler giudicare il D'Annunzio, romanziere e poeta, coi miei criterii politici o morali. Se così rosse, io non potrei ammirare se non un solo poeta, il Morris, o un solo romanziere, il Bellamy: it che (spero che il Pilo me lo concederà) anche per chi può« senza colpa e senz'onta avere idee assai vaghe, incerte e superficiali » intorno all'arte letteraria, sarebbe troppo poco. Io non ho mai pensato di negare l'am– mirazione ad uno scrittore per il solo fatto che egli esprime idee conservatrici o devote, anzichè rivo– luzionarie e materialiste; nè ho attribuito, come colpa, al D'Annunzio la possibilità che egli diventi socialista, quasi per negare all'~rtista il diritto di riprodurre nell'opera sua qualsiasi fatto o moto SO· ciale, e quindi anche il socialismo; sebbene (sia detto fra parentesi) quando, alludendo ad un re– gime sociale avvenire, si può, nel parlare delle plebi, correggere il verranno ordtnanaost nel ver– ,-anno ordinate dalCa,•fstocrazta del futu,-o, quel regime non sia affatto socialismo, ovvero sia sol– tanto appunto il socialismo dei superuomini. Ma io c,•edo che a chi vuol essere vero artista si abbia il diritto di richiedere due cose: prima di tutto una organica e propria concezione filosofica della vita {che deve trasfondersi nell'opera d'arte evivificarla),come tutti i grandi, da Dante a Goethe, a Giorgio Elliot, a Tolstoi, a Zola, hanno o hanno avuta; in secondo luogo un concetto saldamente maturato circa la forma o tendenza artistica più propria ad incarnare quella concezione. Senza que– ste due condizioni, vi potrà essere un artence ele• gante di versi o di prosa, non mai un vero ar– tista. Or bene.quando io,nell'articolo combattuto dal Pilo, accusavo il D'Annunzio di essere pronto a passare, sotto la pressione della moda, al socialismo, volevo appunto esprimere scolpitamente la mancanza di quelle due condizioni essenziali nell'arte del D'An-
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