Critica Sociale - Anno VIII - n. 2 - 16 gennaio 1898
CRITICA SOCIALE 25 Governo parlamentare('); la Rivista internazio– nale è per il Parlamento, ma col suffragio orga– nizzato. cioè col voto plurimo; chi la vincerà? A tutti questi punti inte1·rogativi i cattolici si guardan bene dal rispondere, perchè non sanno neanch'essi che rispondere. l<'inchè eran deboli, e per essi il solo problema era quello di diventar forti, il problema politico non aveva importanza; ora che si sentono alla vigilia di salire al potere, incominciano a esser preoccupati anch'essi del modo di risolvere il problema. Ed è interessante a questo proposito ciò che ha scritto pochi mesi addietro un prete, che si cela sotto il pseudonimo « dott. P. Averri •, in un lavoretto intitolato ap– punto I cattolici e la questione poltltca in I/atta, (Torino-Roma, G. Marietti, 1807). l cattolici, nota lo scrittore, non hanno un programma politico ben definito e sul quale tutti sieno perfettamente d'ac– C0l'do. Per evitare dissensi e discordie, si è voluto dare al partito cattolico un ordinamento rigorosa– mente unitario (queste parole voglion dire, che non si è parlato mai della questione, e si è stati ad aspellare la parola di Roma non sapendo come regolarsi): ma questo, dice l'Averri, non basterà sempre, e bisognerà ben decidersi a discutere per intendersi. Quando cominceranno a discutere, rie– sciranno poi a mettersi d'accordo fra loro? L'Averri, da buon cattolico, lo crede; noi, che cattolici non siamo, ci crediamo poco. Questa incertezza dei cattolici può essere per noi una fortuna, se sapremo profìttarne. Se noi riesci– remo a spingere al più presto i cattolici al potere, e li obbligheremo, mentre sono ancora impreparati, a risolvere il problema politico, e appoggiandoci al sentimento nazionale mostreremo la volootà ri– soluta di voler salva l'unità, magal'i rico1·ren<10alla violenza, ooi potremo forse salvare l'unità, che come fine a sè stessa non val nulla, ma, come condizione importantissima per lo sviluppo econo– mico d'Italia e quindi per la vita del nostro partito, ba senza dubbio gran valore. Se noi sapremo agire a tempo e risolutamente, i cattolici, scoraggiati dalle enormi difficoltà che suscite,·ebbe la retro– cessione di Roma al Papa, impensieriti dalla nostra agitazione, troveranno forse che, in fondo, il Papa, se non poteva venire a patti collo Stato liberale, come diceva il cardinale della Coi·i·espondancecle Oenève, potra bene mostrarsi nobile e generoso verso uno Stato italiano clericale, pronto a lasciargli tutte le garanzie, che vorrà, per il rispetto della sua libertà anche senza del dominio temporale. Quale argomento più adatto di questo a far versare fiumi di retorica e di lagrime? Dopo circa mezzo secolo di guerra contro la Santa Chiesa, la nazione italiana, ammaestrata dalle sventure che il buon Dio le mandava sulla testa come gragnuola, ri– tornò all'obbedienza e all'amore dovuto alle somme chiavi; e allora il Papa, quel territorio, il cui pos– sesso non aveva mai voluto riconoscere a chi lo aveva strappato con la violenza, allora lo donò a chi voleva restituirglielo per amore. Oh! cuore magna– nimo,esempio di generosità impel'ituro! (Applausi). Lasciamo ora il problema politico; supponiamo che i cattolici sieno riesciti a risolverlo e che in Italia s'impianti una repubblica federale clericale, amica naturalmente della cattolica Francia (a quel– l'ora la concentrazione verso destra in Francia sarà compiuta), benveduta da quell'Austria, che non ha ancor resa la famosa visita, e nemica della prote– stante Germania. Allora i cattolici govel'llanti si troveranno alle prese col problema sociale. ( Conltnua). UN TRAVET. ( 1) V, FJLll'l'O CRISl'OLTI: GU etrem dell'a.rle111io11e politica a~i tJttouc,, Bologna, tip. Arch·escovile, t897, pag. 'U e eegg. L'ATTUALE MEDIO EVO li SICILIA Sbte o·a et stuello (T•CITO: Mm. I, t.) Parve che, aboliti in Sicilia i feudi e i relittivi diritti coi moti politici del 1810e del 1812e colla. Costituzione, che ne fu diretta. filiazione, uno sprazzo cli luce e cli ci,·iltà dovesse dissipare nell'isola lo fitto tenebre del modio evo. Studiosi sinceri delle cose nostre, quali un Isidoro La Lumia, ritennero anzi cho un po' dello spi– rito, cui doveva informarsi la Grande rivoluzione, fosso già flltrato in Sicilia fin dal breve periodo del Governo vicereale, che va dal 1781al li86; quando cioè il vicerò Caracciolo ( 1 ), abolita coraggiosamente la servitù di persona e di gleba, scuoteva sulle basi l'ordinamento feudale della terra. E invero, distrulti colla.Costituzione del '12 (!) i diritti baronali proibitivi e privativi sparsi per tutta l'isola; abolito le angherie e perangherie, lo servitù personali o le reali, e i dirilti di banalità.; la– sciato ogni Comune e cittadino « nella libera. facoltà. di erigere ed usare mulini, trappeti, forni, fondachi, ta– verne >; trasformati « tutti i diritti, proprietà e perti– nenze feudali in proprietà. allodiali ,..; aboliti e senza indennità gli usi civici, as.rnlutamente angarici, che i singoli ed i Comuni esercitavano su li fondi dei baroni per legnare, pascere e cornpascere, cogliere ghiande, provenire ed occupare terre a seminario sotto un fisso terratico e simili servitù e costumanze attive e passive» col pretesto che el'ano « pregiudizievoli all'agricoltura ed alla libera economia dei predii,.; sembrava. che una rigenerazione economica, mortlle e politica in Sicilia dovesse seguire. Non più, si disse, abusi feudali, non più prepotenz~ nè cli grandi nò di piccoli feudatari, non più frivole distinzioni cli classe, non più odiosi dissidi fra la,,oranti e padroni i ma il benessere diffuso fra il più gran nu– mero di individui, le libertà. civili non conculcate, ri– spettata la libertà. della stampa, il diritto al voto esteso a tutti o quasi. E non mancarono elogi a quei baroni, che aveYano obbedito a un' « alta idealità.» abdicando i loro feudali privilegi e il loro grado sociale! Non intendo <1uìdimostrare la fallacia di questa af– fermazione, consacrata persino in pubbliche lapidi (3); nè indagare le cause della decadenza cd abolizione dei feudi. Sipotrebbe invero dimostrare come il moto del 1812 ( 1 ) Vedi: I. l.,A LlilllA: Dom,>ttlco ca,·acciolo o un ,•tformatore ciel ,;ecolo XVIII. (1) Vedi: Co..rtietutone del 'Il al titolo: Dtlla teudautd: dlf"ltll e :,ud feudali. Questa coetltuzlcne fu 8te~a ed elaborate, per In– carico avutone dal Parlamento, dal celebre abate termlne8e Paolo Balsamo, di cui anemo occnglone d1 citare le opere. (*l Nell'entrata della Biblioteca Nazlon31e di Palermo lii legi;re: hl que#ta Biblioteca - I Baroni 11icmant - rhmttf. 01 11olem1e a,umt>tea - .1'pontaneame11te abdlcai;ano , feudali di,·lW - 1/td - il Parlame11to vroclama11a - ftndtpe>idenza della Slcma - nel JJDCOCX.ll . Or vediamo quello che delle alte idealitil. dei ftludatar11lclliani pensa 11 \Jarone Da,·ide Wine1leare, che degli abu~I reudali ru redele narratore, e J)ittore sommo delle lacrime che l'umanllà ,•enò In quel suo cammino laborioso che va dall'era cristiana fino allo 8fasciarsl rtel reudaleslmo: • Oli attuali poHeseorl dei reudl, euli dice, diversi dagli antichi Jler la cultura dell'animo, pe· costumi e per lo 81,lrlto 1mbblito onde sono animati, non so• eteneano J)lti gli antichi, odiosi diriltl del rendi, ma erano auac• catl alta co111ervazione a, tucto ctò elle formata parte cklle loro re>idlte. Da ciò nuceva che 81 condannaHero so,·ente in teoria quei diritti che si sostenevano nella J)ratìca, e che, non 08tante la proreseione del principi più nobili e pltì liberal!, la 1nasH della nazione continuuee ad ueere gra,·ata dai medesimi abusi.» Storia degli at>1at feudaU. - L'autore scrìve,,a Intorno allo stato della feudalit:\ dopo la pubblicati one delle leggi, che l'abolirono!
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