Critica Sociale - Anno VIII - n. 2 - 16 gennaio 1898
20 CRITICA SOCIALE l'a\lvenire della razza bian<"a,quanto l'avvenire della .... razza capitalistica quello che importa vedere. In verità 1 neppm·o il Novicow potè trascurare il grave fallo dei bassi salari chinasi e la possibilità di una invasione dei nostri mercati. Ma quale.... otti– mismo di argomenti! li sociologo russo pare disco– no cere addirittu,~a la costituzione economica d'Eu– ropa e le leggi fondamentali della sua vita capitali• stica; ad ogni immaginatQ pericolo egli oppone un rimedio pili o meno fantastico, senza chiedersi se sia possibile e quali altre rovine porterebbe con sè. li fatto dei bassi salari chinasi non è, pel Novi– cow, da pigliare sul serio. Non c'è - egli dice - alcuna ragione nsiologica pe,·chò i chinasi abbiano da contentarsi <ti cosi poco; nel Trans,•aal essi si fanno pagare quanto gli europei. Dunque, non np• pena essi vedranno che giova chiedere di pili, i salari rialzeranno anche in China! Egli non sembra neppu1· sospettare che un rapporto esista fra il sa– la1·io e la densità della popolazione. Ma, se in China si pt·odurrà a minor prezzo, è da augurare il giorno che tutta la produzione in– dustriale e agral"ia sia esclusivamente chinese. ~ tu quel tempo, dice il 1'iovicow, noi potremo diver– tirci nel nostro dolce far niente e vivere senza alcun pensiero; i chine::;isaranno diventati di lor voglia i nostri schiavi. » Certo che essi vorranno dell'oro, ma la cerca dell'oro sarà anzi uno svago salutare agli 01.i della razza bianca. Noi sfrutte– remo tutte le nostre miniere d'oro; • in luogo di 327.000chilogrammi an·auno, ne produrremo 400.000 o ~,00.000. » E l"Eu,·opa, trasformata, secondo il ri• medio del No\•icow, in una Calirornia novella, pot,·à ridersi della gente gialla affamata di metallo giallo! La produzione chinese ucciderà la esportazione eu1·opea 1 « Ma vi saranno sempre, osserva Novi– cow, scambi imposti dalla natura delle cose». Noi venderemo dunque ai chinesi ciò ch'essi non pos– sono produrre: grano, vino, birra, lino. L'Europa smantellerà le proprie omcine, demolirà le propl"ie macchine, e, rifusole in arati-i, tornerà patriarcal– mente a coltivare il proprio suolo già esausto. L'Europa industriale abdiche,·à in favore di un'Eu– ropa rurale; un piccolo mutamento che non auto• rizza, secondo il Novicow, alcuna melanconia pes– simista! Rinunciamo a discutere questi ed altri punti di un ottimismo che nulla ha da ir1vidiare alle esa– gerazioni pessimiste del Faguet, del Pear,;on, della Barine, dei quali vuol essere la critica. E troppo cedo che, se la concorrenza economica della China dovesse produrre effetti cosi enormi, l"Europa ca• pitalistica non reggerebbe un sol giorno, e questo ci pare un avvenimento di cosi capitale importanza da giustificare da solo, per un sociologo non rivo– luzionario come il Novicow, la proccupazione pel cosidetto « pericolo giallo •· . .. Noi, lo av\rertiamo subito, non erodiamo affatto alla possibilità di uno sviluppo industriale così ra– pido in China da autorizzarci a suonare a morto On d'ora alle industrie europee. Pure le conseguenze economiche del nuovo orientamento del capitalismo eu,·opeo meritano qualche indagine. t>iuora le colome hanno sempre fornito abbon• danza dì materie prime. Si può dire che molte delle industrie europee hanno tratto e traggono dall'America, dall"lndia, dall'Africa i prodotti natu– rali che, tra formati dalla macchina, r1tornano nelle colonie o si consumano in Europa. alimentando le ricchezze del capitalismo moderno. Furono le grandi fo,·este, gli sterminati terreni, le colossali coltiva- ziooi delle colonie che rormarono la potenza del– l'Inghilterra. Ma chiunque abbia letto il mirabile lavoro del Loria (') sa che al progredire delle colonie un grande ostacolo si è sempre opposto: la persistenza di terra libera fertile e non coltivata. I lavoratori che emig,·ano nelle colonie, davanti al lusinghiero miraggio di diventare essi stessi padroni della terra, rinunciano a costituire una casta di salariati e si disperdono nelle foreste ancor vergini a disso– dare e a coltivare. Onde tutti i mezzi coattivi dalla violenza alla frode, tutta la storia sanguinosa dalla schiavitll alla servitù, si ripresentano nel progredire rapido delle colonie quasi come uua ricapitolazione sintetica della evoluzione umana. Più tardi, occu– pata anche l'ultima terra ferlile, è possibile il sa– lariato ed è possibile la industria moderna. Solo dal I8IO al 1831 si costituisce l"economia a salario nell'America settenh'ionale, solo nel 1843 i salari possono essere fortemente abbassati nelle Indie occidentali, cioè soltanto dopo un lungo periodo dall"inizio della colonia questa può creare te con– dizioni d'esistenza del capitalismo industriale. Da qoesto momento la colonia cessa di essere la feconda produtt.-ice di materia prima all'Europa, e. sospinta in ciò dal folle protezionismo agra,·io di molte nazioni europee, inizia con noi, sul terreno dell'industria, una concorrenza pericolosa. . .. Quali potranno essere le risorse economiche della China? ti Celeste Impero è lungi dal presentarci le foreste vergini dell'America e la rigogliosa in– vadenza vegetale delle ter,·e non ancora sfruttate. La China è il millennario formicaio della razza gialla, e la sua popolazione densissima è calcolata da al– cuni a ,12:;milioni, da altri a 203 ('). Dippiù essa è paese di vecchia civiltà e la proprieh\ privata della terra e le prime forme di servaggio risalgono a due secoli avanti Cristo ('). Non dunque in China ta pos ibilità di uno sfrut– tamento sistematico della terra, non la disponibilità di vasti territori por la colonizzazione europea. Ma, per converso, un numer•o sterminato di braccia umane inoperose, offrentisi a qualu11que mercede; una forza di lavoro che non può esercitarsi, libera da padrone, sopra terre fertili ed incolte. ma che aspetta a11siosail capitale che la impieghi. Due cause poi hanno i11China avvilito oltre i limiti più bassi il salario: la superpopolazione e rassenza di ogni capitale industriale che richieda molto lavoro. La vantata sobrietà del lavoratore chi nese non proviene che da questo: egli ha dovuto av– vezzarsi al quasi digiuno, non trovando modo di man– giare di piu. E qua11tosia basso il salario chiesto dai chinasi lo sanno gli tali Uniti e l'Australia, dove, per le minaccie degli operai indigeni, si è do,•uto proibire I"immigrazione dalla China; il capitalismo europeo, che oggi prende possesso dei migliori porti cieli• China, non va dunque alla conquista delle materie prime onde alimentare le proprie industrie, ma va a prender possesso del più grande serbatoio di lavoro umano che abbia ora la terra. Questa forza di lavoro a prezzo cosi vile non poteva gettarsi sui mercati d'Europa, come non potò su quelli americani e australiani, perchò i la– voratori nostri 11011 ne avrebbero tollerata la con– correnza micidiale: il lavoro bianco sarebbe insorto contro il lavoro giallo. Ed ecco il capitalismo d'Eu- (1) LORIA: ,tnat11« ddla proprietd capuafUt(ca, Torino, 188?. (t} WAOSt:R UNO~UPAN: Dle /Jer:(Jllcerutt{lekr H,·de. - Ootha, 1891. (IJ PUINI: lde111)0llttthe ed economiche della Clna antica. lo Rlr,. ai soctolngta, rn,c. t.
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