Critica Sociale - Anno VII - n. 23 - 1 dicembre 1897
360 CRITICA SOCIALE previdero il caratle1•0 della Rivoluzione ( 1 ), e, tra i ri– voluzionari arrabbiati, che fra il passato e l'avvenire mettevano un abisso, od i moderati, contenti di semplici ritocchi al sistema feudale, essi restarono nel mezzo, consci della necessità di un mula.mento radicale, ma sapendo anche cho l'avvenire non poteva essereche la. continuazione i;torica del passato. In un altro punto del suo libro Arturo Labriola. ci spiega perchè la scuola fisiocratica terminò con i suoi primi teorici: e La. rivoluzione, come una gran serra, aveva. compiuto una cosl rapida tr.rsformazione della società. in così breve giro di anni, che sin gli uomini più audaci di qualche tempo prima parvero sorpas– sati dai fatti. La teoria anticipata. del capitalismo, come si trovava nelle pagine dei tlsioora.tici,era troppo poco matura per una società. tanto rapidamente cresciuta., ed era. sovra.tutto troppo sincera ed ottimista per ri– spondere alla brutta prosa dei fatti. • (pag. 177). Il libro si chiude con un capitolo sulla teoria finan– ziaria dei fisiocratici, in cui si spiega, con il modo di– verso con cui si formò il sistema. capitalistico in Francia ed in Inghilterra, l'esistenza in quella, e non in questa, di un grande sistema. finanziario. Il Labriola, dopo aver dimostrata l'insuflicienza cli alcune critiche mosse al sistema finanziario dei flsioc1•atici, i quali sostenevano che l'imposta 11011 potesse che cadere sul prodotto netto della. terra, e che quindi l'imposta unica su di esso, senza danneggiare i proprietari più delle altre, evita.va i mali che queste avrebbero portato a tutta la società, afferma esser possibile una critica più emcace, non es– sendovi alcuna ragione perchè l'imposta non potesse incider l'interesse. È appena necessario dichiarare che con il presente articolo non ho inteso nè dare del libro di Arturo La– briola un giudizio, nè farne una esposizione completa, ma. soltanto segnalare un lavoro notevole, che fa onore all'autore ed a.I partito di cui egli è, in Italia, uno dei migliori rappresentanti nel campo scientifico. E. C. LONGO13ARDI. (•) A.vv! soa coloro che negano la. 1>o~sibllità delle previsioni storiche! ILPROBLEMA DELLA TERRA ALCONGRESSO DIBOLOGNA e il programmlLminimo <lolP. S. J. Al Congresso di Bologna fu da me presentato un disegno di nazionalizzazione della terra sotto forma di ordine del giorno. (') Scelsi pensatamente questa forma, che costringe meglio l'attenzione di quanti occupar si de\•ono ctei temi di 1;1n _C~n$'ress~,mentre sappiamo la sorte serbata a s1m1h d1segm sotto la comune forma espositiva in articolo o lib!'O. . Il partito socialista era chiamato, dal mio ordme del giorno, a risolvere il più grave problema della nostra vita sociale; quello che si riferisce al pre– dominio del latifondo deserto di migliorie e alle tristi condizioni della piccola possidenza. La solu– zione da me o(ferta non considera il problema del latifondu come un fatto isolato ed indipendente da tutto l'organismo agricolo, per non cadere nell'er– rore comune a tutti gli altri progetti sul latifondo siciliano, ma propone il solo rimedio che insieme risolverebbe il non meno grave problema della piccola proprietà coltivatrice; poichè, come dirò poi, latifondo e piccola proprietà hanno legami di dipen- (1) Fu pubblicato nel N. t6 della CRITICAdi quest'anno (pag. 251) BI l.J denza reciproca, e formano uno stesso organismo economico. Il Congresso non potea discutere il mio ordine del giorno, per insufficienza di tempo, e per la na– tura teorica della discussione che avrebbe mutato inopportunamente il Congresso io accademia. Gio– vava tuttavia che il seme fosse gettato, e che la critica ne correggesse i difetti per farlo meglio germogliare e fruttificare. Il part.ito socialista ha il dovere di risolvere il problema del latifondo, piaga cancrenosa sul nostro corpo sociale, perchè esso solo lo può col principio della proprietà collettiva. Gl'italiani del settentrione - poiché l'Italia una, socialmente, non è che una frase - mal conoscono e poco intendono le cose dell'Italia mel'idionale ed insulare; gl'italiani del mezzogiorno, ed in ispecie i siciliani, hanno a di– sdegno di studiare le cose proprie, e su di esse sp1·opositano più degli stranieri. Ilproblema della terra in Italia piglia caratteri par– ticolari nelle provincie meridionali ed insulari. Lo studio di questo problema, che mi ha preoccu– pato fin dalla scuola e dall'Inchiesta agraria, mi ha fatto più che altra cosa divenire socialista, perché solamente la soluzione socialista della terra può rigenerare questa bella ed infelice isola. dalla quale io scrivv. Ora, che ho portato nel partito socialista una formala a parer mio risolutiva del problema del latifondo e della piccola possidenza insieme, ho il dovere di discutere le osservazioni fatte a quella formala, e di insistere perchè il principio della na– zionalizzazione della terra, con tulte le modalità. concordate in una larga discussione, formi parte del programma minimo socialista. A complemento di questo scritto richiamo il mio . ordine del giorno e l'articolo Il soctaUsmo in Si– cilia e la nazionaltz:azione della terra, pubblicato nella Rivista popolare del Colajanni, ai numeri I e 3 dell'anno corrente. . . . li problema della terra in Italia si suddivide in due parti: quella che riguarda il latifondo e quella che riguarda la piccola proprietà. La distinzione però è piuttosto subiettiva che obbiettiva. Specialmente in Sicilia, la piccola proprietà col– tivatl'ice di piante arboree non può esistere !unge dal latifondo, onde trae grani, fieni ed erba. D"altra parte, la piccola economia culturale di dati prodotti sopra superficie limitate, come negli orti, nei giar– dini e nei frutteti, non mostra di metter sua foce nel mare della concentrazione capitalistica. La vigna è rimuneratrice anche coltivata in piccole esten– sioni; cosi l'uliveto. Sono invece le industrie del vino e dell'olio che per rendere esigono mezzi più vasti. Per altre culture, come i ~rani, e per i prati, si richiedono grandi superficie con l'agricoltura asciutta e a maggese, o grandi capitali di macchine, concimi e costruzioni, con l'agricoltura industriale ed intensiva. Se dunque la piccola proprietà da un canto ri– chiede la coesistenza del latifondo, e d'altro canto non accenna a scomparire sì pre~to, il latifondo a coltura estensiva e deserto di migliorie deve per– durare per il fatto stesso che una parte di esso si è frazionato in piccoli fondi a coltura arborea. Il diritto di proprietà privata genera quest'altra con– traddizioue. Attorno ai centri popolosi e commer– ciali, che in Sicilia trovansi sul litorale, la terra si fraziona iu vigneti, giardini, orti, ecc., e nell'in– terno dell'isola perdu1•ano i feudi, sinonimo ancora di latifondi. Ora, perchè la piccola proprieta non può fare a meno del latifondo! La spiegazione di questo fatto,
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy