Critica Sociale - Anno VII - n. 23 - 1 dicembre 1897
358 CRITICA SOCIALE lasciò luogo ad illusioni. L'Italia si desi<lerava ar• dentemente, anzi si voleva nella Tl'iplice, ma a patto che essa rinunziasse a certe sue andature ri– voluzionarie. Se essa era sorta da una rivoluzione, doveva fare il possibile per far dimenticare tali impurissime or·igini e doveva adottare una politica interna sinceramente conservatrice. Un organo ufficioso del Bismark, la Politische Con"espondenz, stampava a lettere di scatola che l'Italia « doveva mettere d'accordo la sua politica interna con la sua politica estera» e diceva a vanto degli uomini del Governo italiano che essi in ef– fetti stavano lavorando per questi risultati. Su ciò insistevano sovratutto da parte dell'Austria: poli– tica interna conservatrice, e rinunzia ad ogni ri– vendicazione nazionale. La triplice alleanza aveva per iscopo la garanzia del reciproco territorio da parte di tutte le potenze, cioè a dire essa implicava rinunzia a 'l'rieste e a Trento da parte dell'Italia. Se poi la monarchia italiana voleva lealmente ac· cedere al patto, doveva porre prima il bavaglio ai suoi sudditi. Infatti il trattato di alleanza si iaizia cou la dichiarazione che le tre dinastie promettono di se• gui1'e conco1•di una politica conse1'·vatrice all'in– terno, al fine di raf/òrzare Il v,-i,.ctpio monar– chico, e assicur·are in tat guisa il manteriirnento intatto dell'ordine sociale (pag. 313-314). E q11esto il commento al pensiero di Bismar·k, espresso in pieno Ueichstag, che l'Italia marciava a gran passi verso la Repubblica! Certamente non si tratta della Santa Alleanza, ma chi può negare che i fini appa• renti non siano gli stessi? Anche allora un principe di casa Sabaurta (quando si dice le tradizioni di famiglia!) appose il suo nome a quel trattato che as– sodava la servitù e lo smembramento d'Italia. La Triplice, in vel'ità, non è da tanto, ma fa quello che può: rappresenta là rinunzia ufficiale a due provincie nostre e la probabilità dell'intervento straniero, in quei casi in cui il « pt·incipio monar– chico » e l' « ordine sociale » venissero perturbati. Rxcusez du peu! - Ecco perchè io notavo, al prin• cipio dell'articolo del numero scorso, una certa cor– rispondenza fra la politica reazional'ia, la politica militaresca, lo sfruttamento fiscale e la triplice al– leanza. Non sono ricorsi meramente accidentali, e la politica di un paese è poi in effetti un organa– mento complesso 1 non scindibile in parti. Il piano di Bismark, stringendo la Triplice, era diretto contro le istituzioni democrattehe della Francia, nelle quali egli scorgeva la causa delle continue esaltazioni patriottiche di quel paese. La campagna interna contro la Sozialdemoftralie si completava con la campagna esteriore contro la Repubblica francese. Ora la lotta contro la Repub• blica francese prometteva maggiori successi se la repubblica rimaneva isolata, ed egli pensò di t'e– cictere i ponti che la legavano all'Italia, sua pro– babile alleata sino al 1880, e creò il caso di 'funisi. Quali mire speciali vagheggiasse 1'1mpero austro.ungarico accostandosi all'Italia, premeva a Bismark ben poco; isolare la Francia per combat• tere definitivamente lo spirito democratico dei po– poli latini fu il suo gran sogno, e questo anche per l'odio di razza da lungo tempo covato contro i la– tini. Quanta forza ritraesse la monarchia nostra dalla alleanza con gli Imperi centrali è noto, ma è vero anche che appunto per questa alleanza essa entrò in vivace conflitto con gli interessi reali del paese. Fu appunto a causa rli questa al!Aanza che i trattati di commercio con la F1·ancia naufragarono e cosi venne aperta una ferita inguaribile nella vita economica del nostro paese; ma ,·ome poteva la Fmncia consentirci quella forza economica che alla lunga doveva rivolgersi contro di essa? Ora 010 ICJ,c- Iv L a ù questo colpo estremo inferto al nostro paese non sa,·ebhe certamente riuscito, e quindi si sarebbe cer– tamente scongiurata anche questa minaccia contro la democrazia, se la borghesia del paese nostro, as– surgendo ad un alto concetto della propria dignità, avesse tenuto d etro un po' meno ai suoi interessi del momento. I capitalisti del Settentrione d'ltalia, protezionisti per necessità di cose, videro ne11a triplice allean;,;a un articolo di primo ordine da sfruttare in pr·o delle loro industrie rachitiche e si gettarono risolutamente nelle sue br·accia. Al po• stutto il solo Mezzogiorno avrebbe sofferto della in– terruzione dei nostri rapporti amichevoli con la Francia, e che cosa importava del Mezzogiorno ai signol'i protezionisti settentrionali 1 E co:sì la triste opposizione degli interessi fra Mezzogiorno e Set– tentrione, che è il gran filo conduttore della storia recentissima d'Italia, esperimentava la sua malefica influenza anche in questa grave questione. Ma sulla I cause e sulle conseguenze commerciali della tri– plice alleanza, c'intratterremo nel prossimo numero· ARTURO LAORIOLA. LEDOTTRINE ECONOMICHE D QU SNAY studiate da un marxista La suola fisiocratica, che pure tante idee luminose e profonde lasciava in retaggio agli economisti posteriori, è stata relegata troppo nell'ombra, e sottoposta alla più superficiale delle critiche, dalla maggior parte degli eco• nomisti.ammiratori e seguaci dei grandi teorici inglesi. Arturo Labriola., che tante volte ha dato occasione ai lettori della Critica di giudicare delle qualità del suo ingegno, in una ammirevole monografia (I), mentre sotto pone gli errori della scuola ad una critica singolar– mente ingegnosa ed acuta, mette in rilievc,, dall'altro lato, quella parte delle dottrine fisiocratiche, che costi– tuisce una. conquista permanente pel' la scienza. li libro del Labriola, che piglia il titolo dal più ge– niale teoriM della scuola fisiocratica, il Quesnay, non si limita per altro all'esame dei soli scritti di questo, ma ne trae occasione a darei principalmente un'esposi– zione delle dottrine di tutta la. scuola e a delinearne la fisionomia ed il significato. « Le quattro leggi naturali della fisiocrazia sono: 1. 0 Una legge naturale circa la <linamieadella popola– zione; donde una legge naturale del salario. Questo sa– lario sarà. sempre un salario di affamati. 2. 0 Una legge naturale dell'interesse del capitale. Questo interesse, per elTeLto,da un lato, della concorrenza fra i capitalisti e, dall'altro, della mobilità. dei capitali, doveva ri<lursi ad un livello fisso invariabile. 3. 0 Essendo fissati i salari e gl'interessi da leggi natmali 1 come quella della gravità o dei coefficienti di dilatazione dei corpi, il valore di tutti i prodotti è predeterminato anch'esso. 4. 0 Un sopra.reddito costante del proprietario di terra; donde una sequela di criteri finanzia.rii, e il principio della libertà. di com– mercio e dell'industria » (2). Arturo Labriola non espone cosi sinteticamente la teoria fisiocra~ica, ma la seguo con lucida analisi nei suoi particolari, e ci dà un'esposizione di quel Quadro economico che fu detto la. chiave della scienza. econo• mica, e di cui tanti scriLtori han lamentata l'oscuritù.. ( 1 ) Ledottrlne economtclledl F. Q«es11a11. - Napoli, EUoreCrote edltore. - {L. 3). (:) C"sl riassume nel suoi termini fnndamentall li sistema llsiocratico il Pantateont, nella sua prefazione al libro di Arturo l.al >riola. (Pag. V e VlJ,
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