Critica Sociale - Anno VII - n. 23 - 1 dicembre 1897

362 CRITICA SOCIAL'E manente mi~ura radicale di semplice equità tribu– taria. La nazionalizzazione della terra, cioA la pro– prie1à e l'uso collettivi di essa, è il fine, e la coufìsca della rendita naturale è il mezzo.» E sog– giungevo: « Que-;to p1•ogetto di avviamento alla na– zionalizzazione dt,J suolo 11011 è quello di Spencer, nè quello di Mili, nè quello di George, nè quello di altri, quantunque pigli le mosse dalle proposte fatte da quelli. » Il Gatti, nella sua elahorata relazione al Congresso di Bologna: Il partilo socialista e te classi agi•i· cole, non potè certamente concedere al mio disegno un più profondo esame. e lo confuse con quello del George, movendo le stesse obiezioni che da molto tempo erano state fatte all'autore di Prog1·esl:i0 e povertà. Forse l'equivoco nacque dall'uso della stessa pa– rola: nazionalizzazione. Invero il George, dimo– strati in modo luminoso ed elettrizzante l'ingiustizia e i guai della ineguale distribuzione della ,·icchezza e concluso che bisoana che la terra diventi pro– prieta comune, propone come rimedio pratico di confiscare la rendita della terra, per abolire tutte le imposte, tranne quella sui valori fondiari, con la quale soddisfare tutte le pubhliche spese. Il principio della nazionalizzazione della terra è pel George un mezzo per arrivare all'imposta unica sulla ren– dita: un principio socialista per una conclusione che socialista non è. Secondo il mio pensiero, invece, la confisca della rendita, anzichè il fine, dev'esse,·e uno dei mezzi, e per me principale, per nazionaJiz. zare la terra, ossia renderla proprietà comune. Contro il progetto della confisca della rendita si sono notate: la difficolla di distinguere, sop,·atutto nelle grandi aziende, il reddito dovuto alla mano dell'uomo; la difficoltà di seguire e giudicare gli elevamenti della rendita nelle te1·re più produttive; la facilità con cui il proprietario riuscirebbe a fro. dare lo f<tato eludendo la legge. Già avevo risposto nella R.ii" 'istapopolare.« Si osserva, scrivevo, quanto sia difficile sceverare teoricamente la rendita dal profitto dei capitali incorporati nel suolo, Ciò è vero in parte: per il latifondo nudo di migliot·ie questa obiezione non vale, perchè la rendita non è che l'intero affitto. In ogni modo, cotesta difficoltà non è un impedimento alla nazionalizzazione del suolo. Non vuolsi che la rendita sia con rigore matema– tico irnlata dagli altri fattori fondiari; anzi è utile che nella confisca si stia snl meno. li proprietario che affitta la terra non fa che confiscare la rendita fondiaria al colono e alla società, ma rion lo fa mai in modo e~atto; anzi ne lascia talvolra qualche parte agli intermediari tra lui e i lavoratori. Gli scrupoli sull'imperfezione teorica della tassazione pl'oposta non hanno ragioni:\ per-chè auco la p1·esente tassa fondial'ia sul redrlito, con tutt~ le più stuiiiate pe– requazioni, e quella sulla ricchezza mobile, con tutti i più inquisitoriali accertamenti, non si avvi– cinano che approssimativamente al vero reddito; il quale può solo gross0:lanamente accertarsi. « Non puossi perciò invocare l'esattezza mate– matica per la sola tassa sulla rendita. Ma vuolsi trovare una fonte di ricchezza che serva gradata– mente a convertire la proprietà prh-ata della terra in proprietà collettiva, e che promu0\ 1 a la produ– zione intensiva sopra ogni .particella di suolo, senza lo ~fruttamento capitalisti~o presente. » Ed ora alla più g,·ave delle obiezioni. Il progetto della nazionalizzazione del suolo, come u110dei capi del pl'Ogr·amma minimo socialista, ammette1·ebbe, si è detto, la possibilità d'indurre la borl(hesia a suicidarsi da sè con un velenò ad azione lenta. E perché no? rispoudo io. E di qual altra moi•te do– vrebbe morirei Certo non morrà. perchè i socialisti vogliano ucciderla: morrà da sè, per inadattamento alle mutate conrlizioni di vita. Così son morte tutte le specie viventi scomparse, così le caste militari, jeratiche e patl'izie. Si è detto che il cristianesimo aboli la schiavitù e 1•ialzò la dignità ,!ella donna, ed è errore: il cristianesimo invece fu pos~ibile perchè, per i mutati rapporti economici, la schia– vitù antica non tornava più conto, e i costumi si era110 fatti meno feroci. Certo la borghesia, come ogni cosa ancor viva, non si rassegna volentier•i a morire, e resiste anche con la violenza contro tutto ciò che ne affl'etta l'e• ~fremo destino. Ma è pur vero ch'essa, minacciata dalla rivoluzione cre,:;cente del proletariato, non potendo salvare tutto, si deciderà a cedere in parte per prolungarsi l'esistenza. Ora, la nazionalizza– zione della terra, ossia la proprietà comune delle forze native della terra, sarà strappatit alla bor– ghesia prima del trionfo del proletariato al potere. In Inghilterra il principio rtella nazionalizzazione del suolo fa parte del programma di partiti non socialisti, e molti conservatori sapienti lo pro– fessano. La borghesia con cotesto principio perde, ma non si suicida. Oggi la rendita fondiaria è divorata dal partrone e da tutto il parassitismo che a lui mette capo; invece, domani, con la confisca di essa e con la formazione della Cassa agricola gratuita, il pa– drone può ripigli::trsi dalla Cassa quello stesso che ha versato per impiegarlo nella terr•a e goderne i frutti. Il padrone sarà divenuto usufruttuario, e dovrà farsi lavoratore. La terra si dividerà in quella misura che la con\'0□ienza tecnica e l'associazione delle forze di lavoro consiglieranno. Sad1. ucciso rozio gaudente. ma non sarà tolto ai possessori della terra, purchè lavorino, il frutto del loro lavoro. Infine la resistenza dei latifondisti sarebbe lar– gamente compensata dal favore dei piccoli possi– denti, che passerebbero tutti al socialismo, il quale promette loro integro il prodotto del loro lavoro, senza pericoli di espropriazioni. La costoro pro– prietà oggi non è che nominale; quindi per essi nessun danno che essa passi nella collettività., as– sicuratrice della vita di tutti. Tutte le obiezioni fatte riflettono solo la parte del progetto che si riferisce alla confisca della Pen• dita naturale. Ora, pur supposto che questa sia non conveniente o impossibilA, il progetto non cade, poichè la ba.;:edì esso è la costituzitJne della Cassa agricola, necessaria a rendere collettivi tutti i ca• pitali impiegati sulla terra. A formare questa Cassa dovranno concorrel'e tutte le ricchezze che possono, anche in regime borghese, socializzar.si . I dazi do– ganali, che si riconoscessero necessari a proteggere la produzione agricola nazionale, dovranno integl'al~ mente ver.sar.si nella Cassa agricola. I demani comu– nali, le proprietà fondiarie dello Stato, quelle delle Opere pie, i beni senza eredi o con eredi oltre un dat0 grado di parentela,apparterranno integralmente alla Cassa, che ne dispo1·rà a vantaggio collettivo. Le Opere pie. di riconosciuta utilità. sociale, riceve• ranno dalla Cassa agricola un assegno annuo per compenso proporzionato ai beni fondiari ad esse tolti. Se la contì~ca della rendita si riconoscerà inat– tuahile, la Cassa agricola, anche con il concorso dei bilanci pubblici, può sempre formarsi, e la terra nazionalizzarsi. . . . Lo scopo della difesa del mio progetto è di ri– chiamar-e nuovamente l'attenzione del partilo so– cialista italiano sul problema del latifondo, per porne la soluzione come uno dei più importanti capi del programma minimo. Si è detto che il problema agrario non si risolve

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