Critica Sociale - Anno VII - n. 22 - 16 novembre 1897

CRITICA SOCIALE 347 l'imposta fondiaria-1__:_ Chenon parvero lasi possa seria• mente avanzare a trent'anni di distanza dalla pubblica– zione dell'opera di Henry George. - E della istituzione di un credito agricolo nazionale? E dell'acquisto, da parte dei Comuni, di macchine agricole per uso e consumo dei piccoli proprietarii? Che saranno certo una bellis– sima cosa pei piccoli proprietarii, ma il proletariato non ci avrà alcun interesse, e non si capisce quindi per– chò dovrà spendere lo suo forze nell'appoggiarle. Ta.nto fa allora che il proletariato lotti e si strugga perchè venga garantito un minimo di reddito ai piccoli com– mercianti e ai piccoli industriali. •'• Io non voglio pensare, nemmeno per sogno, che le promesse di conservazione della piccola proprietà. in assetto socialista e le proposte di immediata attuazione ad essa favorevoli sieno formulate dal partito socialista francese per sola opportÙnità di propaganda e con in– tenzione di non mantenere. lo non voglio pensare che al Cerbero vigilante sui confini di quel terreno, in cui è tanto difficile a noi metter piede - la campagna. - siasi voluto gettare un' otra drogata di bugie per quie– tarlo, addormentarlo. Io non voglio pensare che sieno di mala fede e con secondo fine questi sdilinquimenti d'amore per la piccola proprietà. f-.'lasostengo che per dei socialisti è questo un modo ben strano di intendere gli interessi della massa lavoratrice e che è molto al– legra questa crociata del partito socialista per la con– servazione di una forma del privilegio. Cenerentola fin che vuolsi la piccola proprietà, il partito socialista non può dimenticare che pur questa è . . . dalla 1·ea progenie degli opp1·esso1· discesa e niente è più ridicolo che vederlo scimmiott.are la ga– lanteria cavalleresca del principe della favola. Dacchè siamo alle favole, come non ricordare quella graziosa del villano e della vipera 1 La conclusione i . . . Perché la piccola proprietà, angariata e spremuta. pur sempre nelle campagne una potenza, almeno corno elemento politico, e tale che il partito non può lasciarla in disparte, si fa.cciauna speciale propaganda per la piccola proprietà, ma non per altro che per convin– cerla che essa non ha diritto a trattomento di favore e che ad essa pure incombe il g·orno in cui ceda al fato comune; il che dopo tutto sarà men male che vi– vere come oggi Yive. Ma mai e poi mai la nostra bandiera può essere: col proletariato e per la piccola proprietà. FEDERICO ì\•fMRONI. LASCIENZA E LAVITA NEL SECOLO XIX (Discorso di Tiapei·tura clell'UNJVERSJTJ\ NUOVA - Bru– xelles, i t ottobre 1897). I[. Preparata dalle scoperte delle scienze fisiche e fisiopsicologiche nell'ambiente intellettuale del na– turalismo evoluzionista; intravveduta dalle conce– zioni delle scuole storiche ed etnografiche sulla evoluzione del diritto; battezzata da Augusto Comte; nutrita dai lavori di Quetelet, Spencer, Schi.-i.ffle, Bagehot, Ardigò, Espinas, Novicow; Tarde, Giddings, Fouillée, De Roberly, Worms, Gumplowicz, Li- 010 Ult:: d J IU Dld lienfeld, Durckheim, Vaccaro e tanti altri; la so– ciologia è venuta, piena di promesse e di avvenire, a coronare il superbo edificio scientifico del se– colo XIX. Ma dobbiamo confessare che, malgrado tante condizioni propizie, dopo una lussureggiante vege– tazione di analisi descrittive della morfologia delle società e dei loro tipi industriali e militari - già delineati da Saint-Simon - la neonata presentò, nell'ultimo decennio, un arresto di sviluppo, che pareva minacciarle il destino dei quei fanciulli– prodigio. che si perdono e si atrofizzano in una infantilità cronica, senza raggiungere il pieno vi– gore nè del corpo, nè dello spirito. E la ragione di ciò è quella specie di timore paralitico che impediva la sociologia di stringere una unione completa e senza riserve mentali colla società e colla vita; delle quali, malgrado il ten– tativo fatto da Comte colla legge del passaggio intellettuale e sociale dallo stato teologico allo stato metafisico e allo stato positivo, non seppe indicare il principio motore e la bussola direttiva. L'arresto ideo-emotivo, giusta l'analisi di Ferrero, è l'origine di ogni simbolismo, che fa prendere il segno per la cosa e il mezzo per il fine, come avviene all'avaro che adora il denaro soffrendo la fame. Ma esso è altresì la causa delle illusioni che tendono sempre a vedere in noi stessi il centro di tutto ciò che ci sta d'attorno; perchè. come Protagora, che fu espulso da Atene sotto l'accusa di atei~mo, djceva son già 2400 aniri: « l'uomo è la misura dell'universo ». Le dottrine astronomiche di Copernico e di Ga– lileo, unite alle ipotesi, sempre più positivamente accertate, di Kant e di Laplace, sbaragliarono l'illu– sione geocentrica, che del granello di polvere co - smica che noi abitiamo faceva il centro e il pernio dell'intero universo. Le dottrine di Lamark e Darwin disperdettero la seconda grande illusione secolare, l'illusione antropocentrica, che faceva dell'uomo il centro e lo scopo della vita cosmica e tellurica. Sopravviveva tuttavia un'altra grande illusione, e questa non soltanto nell'empirismo del pubblico, ma, appiattata e mascherata, nella stessa scienza sociale: l'illusione che, senza dirlo, fa della società, nella y_uale viviamo, il centro e lo scopo finale della istoria umana. l_t solo grazie a questa illusione, che l'economia politica del secolo xrx dava per eterne e invaria– bili le leggi sociologiche che sono relative unica– mente a questo periodo della evoluzione sociale, alla civiltà borghese, la quale non ha che due secoli di vita in Inghilterra e un secolo nell'Europa occidentale e in America. Era sempre in virtù della stessa illusione sociologica che, 23 secoli or sono, Aristotile, simbolizzando la società greca che gli stava sott'occhio, diceva che la stessa natura crea gli uomini liberi e gli schiavi, e che, senza questi ultimi, nessuna società potrebbe reggersi - poiché, soggiungeva, la spola non si muverà mai nel telaio senza l'aiuto dell'uomo. E a questa illusione si aggiunge la pretesa di trasportare nella scienza sociale quella norma di oggettività assoluta e fredda che si chiama < la scienza per 1a scienza», ammissibile nelle ricei•che fisiche, ma inapplicabile alla sociologia. Per quest'ultima la norma non può essere se non « la scienza per la vita», dappoichè, in socio– logia, l'uomo è al tempo stesso l'osservatore e l'og– getto dell'osservazione, il giudice e la parte. A che prò, infatti, osservare le società delle formiche e delle api, dei Fuegiaui e dei Kamtchadali, dell'antico Egitto e del Perù, della Grecia e di Roma, del feudalismo e della borghesia, per poi

RkJQdWJsaXNoZXIy