Critica Sociale - Anno VII - n. 22 - 16 novembre 1897

346 CRITICA SOCIALE nare? Se non anche la media e la grande proprietà. per mezzo della concentrazione. Ma la comunità non potrà permetterlo e verrà assorbendo tutte le parcelle che cesseranno di essere utilizzate dal lavoro diretto ed esclusivo del proprietario. In men che non si dica quella piccola proprietà avrà cessato di esistere. Che la proprietà. della terra, indipendentemente dalle dimensioni del fondo, consista, dal punto di vista eco– nomico, in non altro che nella assegnazione fatta all'in– Jividuo del godimento esclusivo della produttività. spon– tanea del suolo, la quale non riceve valore che dalla esistenza di una comunità. consumatrice, non è certa– mente una novità, ma è in compenso una verità ine– spugnabile. La proprietà privata della terra ingenera il primo degli sfruttamenti, che non si dirige precisamente sopra il lavoratore, ma sopra la comunità intera, in quanto deve consumare. Questo sfruttamento ri'mane, se la proprietà della terra sia conservata, anche in as– setto socialista, allo stesso modo che in assetto socia– lista. l'acqua non cesserà di bagnare e il fuoco di scot– tare come adesso, nè più nè meno. Di qui un conflitto di interessi o, diremo meglio, la continuazione del con– flitto di interessi attuale fra la comunità. e i proprie– tarii ùella. terra; di qui la organizzazione in classe ùi questi piccoli proprìetarii e, perchè soli in ciò, un vero Stato nello Stato. Ecco una. bella. prospettiva per gli abolitori delle classi. Se i piccoli proprietari di Francia, al solo sentirsi promettere una cosi grassa cuccagna, non sono cascati morti come le allodole attorno allo specchietto, bisogna dire che a questo mondo non c'è più fede. È ben vero che, ir. cambio della fede, va crescendo, per quanto len– tamente, la pianticella del buon senso. . . . Una delle critiche più vive e più giuste che il socia• lismo muove alla costituzione economica. della. società attuale ò questa appunto, che la proprietà privata del capitale imprime alla produzione non altro inditizzo che quel che ò suggerito dall'utile individuale del pro– prietario. Per un po' di tempo gli ortodossi si sono alla bell'e meglio schermiti coll'affermare che, per disposi– zione della Provvidenza, mirabile sempre in ogni sua opera., l'utile individuale del capitalista è di natura sua così fatto da non potersi raggiungere senza che con– temporaneamente sia raggiunto l'utile generale, perchè l'interesse del capitalista coincide cogli interessi gene– rali. Era anzi questa la tesi fondamentale degli armo– nisti. Ma, un po' alla volta, anche i più ostinati hanno aperto gli occhi e non negano ormai più la luce. Ora, quel che la Provvidenza, così mira.bile in tutte le sue opere, non è riuscita ad ottenere nel mondo capitalista, che pure è la più accarezzata delle sue creazioni, lo otterrà forse il verbo socialista in un nuovo assetto sociale1 lo non mi adatto a crederlo; la coincidenza dell'utile individuale coll'utile generale non è possibile (e anche relativamente, s'intende) che quando a tutti sia fatta assoluta eguaglianza· delle condizioni in cui esplichino la propria energia. Se nessuno tra voi ha mai dubitato di ciò quanto al capitale in senso stretto, non so perchè si debba venire in contrario avviso quando trattisi della proprietà. della tei·ra, mentre si è concordi nel ritenerla equiparabile al capitale. Se la piccola pro– prietà sopravvivesse alla scomparsa dell'attuale costi– tuiione eco1iomica, lo sfruttamento di parte del suolo non avverrebbe con altro criterio che il tornaconto dei proprietarii, organizzati a imporlo e farlo valere. La comunità sarebbe loro sacrificata. . . . Mi immagino che si risponda: Alla prima osservazione: che nuove leggi regolereb– bero la piccola proprietà, sopprimendone magari la commerciabilità e sottoponendone la trasmissione m01·– tis causa a norme opportune; Alla seconda: che può essere confiscata a profitto della comunità. la rendita e ciò può ottenersi coll'ob– bligo fatto ai proprietarii di vendere i loro prodotti alla comunità.; Alla terza: che la comunità. può d'autorità. interve– nire fissando le coltivazioni. Per vero, quanto al primo e al terzo argomento, nulla ci ha detto il Sambucco, riferendo i concetti dei com– pagni di Francia, il che mi lascia credere che nulla nemmeno quei compagni abbiano in proposito stabilito. Quanto al secondo poi, stando al Sambucco, non solo non si è pensato alla confisca della rendita, ma addi– rittura si garantisce ai piccoli proprietari i la esenzione da ogni imposta, il che è quanto dire che, secondo le promesse del partito in Francia, essi faranno proprio tutto il prodotto, senza distinzione fra la parte dovuta alla rendita e l'altra dovuta al lavoro. Non voglio sa– pore come sart~ determinato il prezzo tielle derrate, che avranno per solo ed obbligatorio compratore lo Stato, se cioè esso sarà unico (nel qual caso i fondi più fer– tili avranno sempre assicurata una rendita) o graduato allo scopo di togliere questa ineguaglianza. Io mi do– mando questo solo: Una proprietà privata non liberamente trasmessibile e commerciabile - una proprietà. delia terra che venga vuotata del suo contenuto, la rendita - una proprietà. di strumento di produzione alla quale non vada unita la facoltà del proprietario di adoperare lo strumento secondo il suo maggiore interesse e allo scopo di averne il maggior profitto - come può t:ssere designata col nome di proprietà.1 In questo tronco sanguinolente, pri– vato degli organi della generazione, della apprensione, della locomozione, io non riconosco la proprietà. più che Platone riconoscesse l'uomo nel pollastro spiumato di Diogene. Se in quel tronco rimane un fiato di vita è per grida.re : carnefici, finitemi. . .. Ma i compagni di Francia, stando a quanto rirerisce il Sambucco, sono ben lontani dall'aver mai premedi– tata una simile carneficina. Anzi; già fin d'ora si ap– prestano a fornire alla piccola proprietà quei conforti che possano tenerla in vita flno al nuovo ordine dei secoli, perché non le capiti, come a Mosè, di veder la terra di Bengodi, s~nza poterla. toccare. E quindi, eccoli sciorinarsi davanti un bel programma. di riforme im– mediate, ad uso e consumo della interessante am– malata. Ora è appunto in questo programma che io trovo la conferma delle censure sopra esposte al modo di ve. dere dei compagni di Francia sulla questione di mas– sima. Fermi nel!' inconcepibile errore che la piccola proprietà fondiaria è una fo1·ma di lavoro, ma non una forma di capitale, naturale che da quest'errore traggano anche i criterii direttivi per l'azione imme– diata. Ora, che dobbiamo dire noi della domanda che pei piccoli proprietarii sia il servizio militare ridotto, così com'è ridotto per i diplomati e per i favoriti della bor– ghesia1 Che è odiosa. - E dell'altra che venga abolita

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