Critica Sociale - Anno VII - n. 19 - 1 ottobre 1897

Cll!T!CA SOCIALE 297 persona di famiglia venne, a dispetto della legge, tolta anche ai coatti politici. Una nota sulla quale la Mal'io insiste è quella dell'ozio {01'zato. L'influenza di quest'ozio, che di• venta abitudine.invincibile, è così nefasta, che essa non si perita a dichiarare preferibile, per cattivo che sia, il sistema inglese dei t,·ead-mills ed altri lavori improduttivi. Per le tempre oneste l'ozio coatto è poi la più atroce delle pene, tale che ri– cordiamo d'aver letto di coatti politici che, per sottrarsi ad esso, invocavano la reclusione. . Un altro guaio, d'altronde inevitabile, e questo è pur notato dall'Alongi, è che gli agenti di custodia destinati alle isole sono lo scado del corpo; essi sono per di più in numero affatto insufflciente. Non hanno speciale rimunerazione e debbono sostenere un servizio multiforme di oltre IG ore al giorno; e perciò vi si destinano i puniti o gli inabili, in numero di uno o due per ogni 100 coatti, menfre nelle carceri il personale oscilla fra il 9 e il 12 per cento dei detenuti. Nè, data l'istituzione e l'am– biente. può recare gran meraviglia lo spettacolo d'un Santoro, tactolum del Governo, che faceva, disfaceva, perseguitava i coatti, scroccando il loro denaro, infliggendo illegali ed inumane punizioni, facendo il capo camorl'ista in modo da disgradarne Ciccio Cappuccio. L'uomo al qualo fu affidata la vita e la custodia di galantuomini e di gentiluomini (è ancora la i\fario che scrive), come di delinquenti e di malviventi, ò ora condannato in contumacia a quello zinzino di galera che tutti sanno - condanna, •!,giungiamo, (e anche questo, dato il nostro am– biente politico, non si stenta a capire) che tuttavia gli permette, malgrado tutti i trattati di estradi– zione, di pavoneggiarsi impunemente e atteggia1•si ad umanitario, fra prelati e monsignori, ai Con– gressi internazionali per la protezione del lavo1·0. « Il quadro che abbiamo tracciato - conclude, a un certo punto, la nostra scrittrice - mi sembra pili eloquente di qualsiasi ragionamento per di– mostrare che l'istituzione del domicilio coatto è la scuola di perfezionamento del vizio e del delitto. » Si capisce, dopo tutto ciò, come i coatti che, durante il domicilio, si rendono colpevoli di reati comuni ammontino al 37 per cento; come il 56 per conto , 1 enga assog– gettato a punizioni disciplinari; come, dei coatti pro– sciolti, più di un terzo ritorni alle isole e altrettanti prendano difilati la strada del carcere, « Voi create i ladri - rimproverava Tommaso Moro ai Governi del suo tempo - per darvi poi il tristo piacere di carcerarli. » i\fa, per i governanti d'Italia, i secoli trascorsero invano! Nor. L'JNGHILTERRA NELL' JNDIA t'' Londra, 22 seuembre. Fra i tanti beati pregiudizì della cultura e della coscienza italiana riguardo alle condizioni ed alle azioni degli altri popoli, ve n'è uno tenacissimo, che vi attecchì forse cinquant'anni fa e continua a fiorirvi felicemente, ben protetto da quella cam– pana di vetro che è la nostra ignorauza su le cose che acca.dono fuori dei nostri confini: ed è l'ammi• razione assoluta, non temperata dalla più leggera ombra di dubbio, della politica coloniale inglese. ( 1 1 Le gravi notii!P, che ci Yengono dall'lndi:l, di rh·olte e di combattimenti, Onora sr:wore\"Oli alle armi dei domina1ori, rice• ,·ono qualche luce d:\ questo articolo, che ci manda il nostro cor• rispondente londinese, e che perciò raccomandiamo all"attenzione del lettori. (Nota della Crt!T]CA). no B1a Per noi, per i nostri giornalisti e per i loro let– tori, l'azione dell'Inghilterra nella sua enorme sfera coloniale è una specie di fiore supremo della sa– pienza e della giustizia unite insieme: una compo· sizione meravigliosa, come vedete, la realizzaziouo di un contratto da cui padroni e servi, conquista– tori e conquistati traggono i maggiori vantaggi. La leggen la è cosi ben stabilita, che un mio amico socialista invocava tempo fa sull'lfalia la benedizione di diventare una colonia dell'Inghilterra. Così pare che non la pensino invece le popola– zioni della più gigantesca delle colonie inglesi: delle Indie. Se dai trecento milioni di uomini che s'ad– densano nei più meravigliosi territori della terra, voi levate fuori qualche migliaio di individui che l'abile conquistatore ha saputo legare al suo carro, e sono i piccoli re e i capi delle alte classi, potete affermare che queste popolazioni, pure cosi diverse ed opposte di interessi, di razza, di religioni, di lin– gua, ecc., sopportano il benefico giogo inglese a ma– lincuore, sfogandosi, se sono poveri e codardi indus della valle del Ganga, con articoli simbolici pieni d'insulti alla regina Vittoria; e se sono battaglieri ed audaci montanari della frontiera del Nord, pren– dendo di tratto in tratto le armi e scendendo in campo. E l'Inghilterra, questo santuario della libertà, deve mantenere il suo potere con una smentita con– tinua alle idee ed ai senti men li del suo popolo: col fucilare i ribelli, col sopprimere i giornali, coll'im– prigionare ed esiliare quei poveri idealisti indiani, che, dopo essere stati educati a Londra e ad Edim– burgo. concepiscono l'idea bislacca e criminale di applicare veramente il sistema inglese al proprio paese. . .. La conquista coloniale inglese ha anch'essa il suo strascico di violenze, di miserie, di rovine: gronda anch'essa di lagrime e cli sangue quanto quella degli imperatori romani, di Attila e di Napoleone. Anch'essa è uno sfruttamento dei popoli conquistati; ma condotto avanti con un sistema diverso, che a prima vista ne vela le conseguenze. Questa diffe– renza caratteristica sta in ciò, che essa, invece di essere una conquista militare, è una conquista ca– pitalistica. Ora, per noi, causa la nosfra educazione lette– raria tl'adizionale, gli orrori e le rovine della con– quista sono intimamente collegati col tipo di con– quista militare, coll'invasione di un esercito, le spoliazioni violente ed i massacri, oppure ancora coll'applicazione di un sistema più lento e paziente, ma inesorabile di spoliazione: l'amministrazione di tipo militare. 'l'utti conoscono le glorie dei pro– consoli romani o dei generali di Napoleone; tutti sanno quanti floridi paesi si sonb lentamente ina– riditi, sono morti a poco a poco alla civiltà, risci– volando giù per la rapida china del regresso, sotto l'ombra malefica del Governo militare imposto ad essi da un popolo conquistatore. Ora, di questa forma di crimine storico le mani dell'lnghilterl'a sono assolutamente monde. Le sue amministrazioni dell'India, dell'Egitto, di Cipro, non sono macchine di spoliazione; sono anzi mo– delli di buon Governo, tali che noi stessi, paesi di Governo indipendente, abbiamo ragione d'invidiarli. I governatori inglesi di Calcutta, di Poona, di Alessandria, del Cairo non sono avvoltoi avidi che si rimpinzano, come i proconsoli romani, del mi– sero cadavere caduto sotto i loro artigli ed il loro becco; ma amministratori onesti, che mettono ogni loro glol'ia nel fai·e il maggior bene possibile al paese loro afldato. Non basta: più notevole ancora è il fatto, che lo stesso paese conquistatore non ritrae direttamente il minimo vantaggio finanziario

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