Critica Sociale - Anno VII - n. 19 - 1 ottobre 1897
b 302 CRITICA SOCIALE S'aggiunga che povertà e mendicità - nell'O– riente di quei tempi, erano più facili che non nel 4 l'Occidente dei tempi moderni, per la differente economia sociale e pel diverso apprezzamento delle condizioni economiche. Tuttora « in Oriente - dice il Renan, che viaggiò a lungo in Terra Santa - si può godere benissimo la natura e l'esistenza senza nulla possedere; l'uomo in quei paesi è sempre libero, perché ha pochi bisogni; la schiavitù del lavoro v'è sconosciuta» ('). Inoltre la fortuna di quei primi cristiani, quando no possei:tevano una, t consisteva ordinariamente in piccole proprietà rurali, poco produttive e di difficile coltivazione. à'lassime pei celibi, era un tornaconto barattare questi spezzoni di terra con un impiego a fondo perduto presso una società di assicurazione, colla prospettiva del regno di Dio per giunta» ('). Sono forse eroi i nostri minimi proprietari che, senza un rimpianto, abbandonano al fisco i loro campi– celli sterili, le loro casette cadenti! Infine, nessuno dei motivi ideali che potevano spingere i primitivi cristiani alla spoliazione di sè stessi milita pei moderni socialisti. Forse che questi credono la ricchezza cosa abrminevole, la cui ri– nuncia conquisti loro il paradiso 1 Temono essi im– minente il finimondo? Socialismo e cristianesimo, l'abbiamo già detto, non hanno altra somiglianza che nell'ardore dell'apostolato, proprio a tutti i mi· litanti nei partiti giovani e rinnovatori; ma il con• tenuto dell'uno sta agli antipodi da quello doll'altro. I cristiani rinnegavano la terra pel cielo, la carne per lo spirito, credevano inutile la lotta contro il male e contro i malvagi. I socialisti rispettano le leggi della natura, non scindono l'uomo in materia e spirito, vedono sulla te,~ra il loro destino, accet– tano la vita qual è, preoccupandosi di cavarne il migliore profitto; sanno che la miseria svigorisce l'intelletto non meno dei muscoli e rende l'indi– viduo bestiale; vivono in tempi in cui la povertà ò ritenuta, benchè spesso a torto, non segno di ele· zione, ma di poltroneria ('), e sanno ad ogni modo che l'agiatezza è un'arma poderosa anche pel bene, gittando la quale si darebbero, mani e piedi legati, ai sopraffattori; il sacrificio inutile, la rinuncia dei socialisti ai beni della terra non avvicinerebbe di un passo il problema sociale alla soluzione, anzi la ritarderebbe. L'agiatezza essi la vogliono non tolta .ad alcuno, bensì diffusa fra tutti. . .. Nelle cose lontane le macchie svaniscono, mentre nelle vicine saltano all'occhio, tanto più se l'occhio è interessato a vederle o ad ingrossarle. La leg– genda ha cope,·to d'un velo le mende e gli scan– dali della prima vita cristiana. La critica li disco– verse. Quell'orgia di mortificazione comp1·imeva la natu1·a umana, che, scacciata dalla porta, tornava dalla finestra, anzi schiantava l'uscio. Infinite sono le lamentele degli apostoli: invano si ricorse alle coercizioni e al terrore; la vanità, l'orgoglio, l'in– vidia, la licenza e tutte le cattive passioni conti– nuavano l'opera loro, ma anche la passione dal cristianesimo più aborrita, l'avarizia, non faceva difetto. L'episodio dei coniugi Anania e Saffira, che vendono una loro possessione o solo una parte ne portano agli apostoli, che li puniscono di morte('), (1) Op. cu., voi. li, cap. VII, pag. U7. r-> 1t.1ut., cap. v. µag. i!>. {1/ Nei famigerati processi davanti ai Tribunali di guer1·a- narra il Co1,AJANN1 (Am;entme1Hf ai Stctrta, pag. 316)- si videro agenli d1 polizia ritenere gli accusati come sospetti e pe1•icolosi unica– mente « perchè nullatenenti ». ('J F,n·n, V, I-li. è tipica espressione di un fenomeno che dovea es– sere diffusissimo. Era nell'agape che si verificavano gli scandali maggiori. Questa festa, già così mistica, degenerò ben presto in gozzoviglia; non più i cibi in comune, ma ognuno vi mangiava quello che aveva portato, talchè i poveri ne uscivano affamati 1 satolli i ricchi e spesso ebbri ('). Nelle piccole comunità delle chiese la discordia e il diso1·dine erano al colmo, malgrado l'opera affettuosa dei più devoti. Molti erano i lamenti ed i reclami sulla. cattiva distribuzione delle elemo– sine ( 2 ), grandi le querele contro i ricchi e i po– tenti, che s'intrudevano nella Chiesa, senM eseguire il precetto fondamentale di vendere i loro beni a favore della comunità ( 3 ), e tenendo perfino, essi cri– stiani, schiavi cristiani. La povertà, che in principio costituiva il titolo più onorifico di nobilta cristiana, col tempo divenne ingiuriosa; i poveri incomincia– rono ad essere spregiati, chè non per nulla s'era andata a ce1·care per Gesù una genealogia nobiliare, anzi regale; l'ambiente sociale s'imponeva. A un certo punto, insomma, non più i precetti di Gesù correggevano gli uomini, ma gli uomini corregge– vano i precetti; nel II secolo gli ebioniti - gl'in– terpreti più sinceri della primitiva dottrina - sono trattati da eretici ed espulsi dal seno della Chiesa ('). T1'0nchiamo qui la escursione stol'ica; potremmo dire di quei cristiani che si rendevano odiosi colla intolleranza fanatica ('J, di quelli che si facevano apostati per paura delle condanne (') o che si di– chiaravano ebrei per gode1·e l'immunità. di co– storo (7); degli adùlteri, dei traditori e denunzia– tori dei loro compagni ( 8 ); di quelli che censura– vano il martirio come un suicidio e sostenevano non essere peccato rinnegare apparentemente le proprie credenze e mal'0dire Cristo (9); senza ve– nire al medio-evo ed a tempi pili 1·ecenti, in cui vediamo il cristianesimo pi•ofessato con indifferenza da buoni e da cattivi, da filosofi e da assassini, da suore di carità e da prostitute. Per- la tesi nostra abbiamo detto abbastanza. . .. Egli è che la condotta sociale, cioè la moralità pubblica e privata, è dil'etta dall'interesse indivi– duale, volgare o idealistico non impol'ta - sfuggire il dolore, cercare il piacere - e i precetti sublimi non possono far presa che su pochi eletti; « il pubblico costume - scriveva C. Pisacane - asso– lutamente indipendente dalle dottrine, dalla fede, dalle pene, scaturisce immediatamente dai rapporti e dagli 01·dini sociali (1°). Invano religioni e filosofie fecero appello pel' secoli all'altruismo ed al sacl'i• fizio; invano suscitarono entusiasmi ed estasi; la ribellione dei Oisoint umani, alla lunga, è incoer– cibile. Le basi incrollabili della società essendo eco– nomiche, economica è la norma della condotta so– ciale, e per migliorarla occorre una trasformazione economica, a base, non di utilitarismo individuale e di classe, com'è attualmente, ma di utilitarismo universale; il socialismo mira a questo. · Frattanto anche i socialisti non possono sottrarsi (I) RKNAN, op, cu., \'01. li!, cap. XIV, pa~·. 381-82. (l) lbtd., voi. I!, cap. VII. pag. U9. (SJ Ibla., V(ll. Ir, cap. XIX, p,g. 367. (•J tbia., \"OI. r, cap. Xl, pag. t89. (5) IfJtct., voi. VI, ca1), xxv, pag. 480. \11,iPI.INIO, Ep/st., X. fl) RKNa\N, op. cu., voi. VI, cap. Xlii, pag. !!n. {8J/0lct., voi. VI, cap. XX, pag. 3!lt. (9) Iliia., voi. VI, cap. X, pag. Hìl. (10) Sauoio sulla IUvoluzione. Bologn;1, !89.i, pag. H9.
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