Critica Sociale - Anno VII - n. 18 - 16 settembre 1897
280 CRITICA SOCIALE Prima ancora che ci pe1•venisse l'articolo inserito qui sopra, il signor Luigi Negro ci aveva mandato da Castellazzo Bormida le seguenti noterelle, cui apponeva per titolo: Le illusioni di Antonio Grn– ziadei: Coloro che hanno ravvisato nei poderosi lavori OJO– nomici dì Carlo Marx un'opera di genio, possono na– scondersi. Una semplice operazione aritmetica sbalza a terra l'idolo, e rimane un povero imbecille, che ha eretto i suoi castelli sulla sabbia. E, caso strano, Marx passava, per Enge!s 1 A,·eling, etl altri molti, per un matematico abbastanza forte! Fidatevi un po· della fama! Marx avrebbe dovuto prima imparare un po' d'arit• metica, giacchè il Graziadei ci dimostra che non seppe nemmeno applicare le prime quattro operazioni. Infatti prendiamo l'esempio fornito dal Graziadei. « Se l'operaio con 10 ore di lavoro ricava la stessa quantità di prodotti che un tempo con 12, rimanendo invariato il tasso del sopralavoro, questo è ridotto da 6 ore a 5 ore, quindi colla perdita pel capitalista. di 1 /r, del pro– fitto primiero. » Il calcolo aritmetico, non c'è che dire, è esattissimo, od il Grazia.dei si rivola un matematico profondo. Ma esaminiamo un po' meglio la cosa.. Il prodotto è sempre identico; quindi, se prima con 12 ore ricavavasi un prodotto, per esempio, di 12 metri di tela, gli stessi 12 metri di tela si ricavano in IO ore. Ora, il tasso non essendo diverso, il lavoro necessario ccl il sopra.lavoro sono sempre, sì nelì'uno che nell'altro caso, ragguagliati a 6 metri di tela. Ma com'è possibile tale risultato, si domanderà i Dun– que si hanno due aritmetiche1 Gli è che il Gra:'.iadei mette, noi suo esempio, in re– lazione due quantità. dissimili fra loro, cioè la varia produttività del lavoro degli operai, senz'accorgersi che tanto varrebbe fare la sottrazione fra un asino ed un cavallo, senza ricercare prima di ragguagliarne il va. loro rispettivo. Davvero che il Oraziadei può mettere la sua scoperta accanto a quella teoria economica del Solari, appoggiato dal pror. Virgili, e cosi bene staffilata dal Samoggia in questa stessa Critica Sociale. Ma esaminiamo ancora il risultato dato dall'oporaio in IO ore di fronte all'interesse del capitalista. Il capitale tecnico del capitalista essendo messo in opera solamente per IO ore, invece di 12, non paro al Graziadei che si consumi meno1 Lo speso d'illumina• ziono per sole IO ore, invece di 12, non diminuiscono forse1 In definitiva quindi il capitalista viene anzi a ricavare dall'operaio un profitto maggiore, essendosi aggiunto le economie fatto per minore consumo ùi macchino, at• trezzi, ecc., o per minore spesa d'illuminazionei poichè, pur restando identiche lo relazioni tra sopralavoro e lavoro necessario, cambia, 1rnr la diminuzione del ca– pitale circolante, ch'entra. gradualmente a costituire il costo della merce, il rapporto tra il capitale totale im– piegato ed il profitto ricavato da.Ila forza operaia. Quindi, ecco anche spiegato all'evidenza perchè, con produttività. del lavoro anche minoro della primiera, il capitalista possa sempre avere lo stesso profitto, e ciò senza nessuna. dedizione alla resistenza. operaia, che pure in molti casi ha. effetti non indifferenti. Ed ora non pare al Graziadei che sia un po' prema– turo gridare alla. bancarotta della teoria marxista, tanto più che in questa stessa. Orilica (1895) egli nmmetteva la base granitica dell'opera del Marx 1 Geom. LUIGI NEGRO. B1b1ot ca Gino B1a l;U Ed ora, che nella vessata questione. della quale noi, per un certo riguardo alla salute dei nostri lettori, abbiamo già altra volta interrotta la discus• sione, ha parlato l'economista e ha parlato il geo– metra, ci pare che pel momento possa bastare: i lettori, fra le due versioni, eserciteranno il loro diritto d'opzione. Chiudiamo dunque la contesa, circa la quale noi ange da gran tempo fieramente un dubbio: che vi sia, alla radice, nient'altro che una questione di nomenclatura. E auguriamoci che il libro sull'ar– gomento, di lunga mano meditato dal nostro amico Graziadei, porti alfine una luce decisiva. LA CRITICA. ILPARTITO S CIALISTA DI MOLA VI. Gli errori di Imola non sono un fenomeno iso– lato, ma vanno ricollegati col fatto generale che in molti luoghi d'Italia il partito socialista é oggi costi– tuito da due elementi eterogenei: proletariato e piccola borghesia cittadina; dei quali il secondo tende a sopraffare il primo, facendo servire il mo– vimento socialista a interessi, che non sono quelli del proletariato. Ancora qualche anno, e, conti– nuando di questo passo, noi diventeremo un vero e propl'io partito piccolo borghese, detto socialista, ma lontano dal socialismo come il diavolo dalle croci. Questa condizione di rose non può esser modHì• cata istantaneamente da una deliberazione di Con– g1'esso. Il rimedio verrà a poco a poco dall'opera cli quelli che, convinti dei mali che ci travagliano e dei pericoli a cui andiamo incontro, inizie1•anno nel seno del partito un lavoro lento, metodico di. riforma e di epurazione. Bisogna cominciare con schiacciare sotto il ridi– colo i giovincelli ben pettinati, chiacchieroni, rètori, parolai insopportabili, che son diventati socialisti appunto per poter tenere delle applaudite concioni. Bisogna che ognuno, per quanto é in lui, eviti e faccia evitare dai compagni i discorsi troppo gene– rali e sentimentali; che si metta fine alla produ– zione degli opuscoli di propaga11da in cui lo scibile socialista si vende per cinque centesimi; che si co– minci a capire che la lotta di classe non si fa sem– plicemente dichiarandosi socialisti intransigenti, ma studiando prima con attenzione il terreno della lotta. e poi prendendo nettamente posizione e affer• mandosi su programmi, e non solo su nomi, che urtino direttamente e chiaramente gl'interessi della borghesia. E perchè quest'urto avvenga nella forma più acuta che sia possibile, in modo che chiunque non abbia una coscienza profondamente socialista si trovi spinto a prender posizione contro il socia• lismo, bisogna che in Italia l'azione politica, pur senza essere trascurata, sia ridotta ai minimi termini. Quando si tratta di questioni generali, che inte– ressano tutta la nazione - è questo il caso delle lotte politiche - in un paese analfabeta e balordo come l'llalia, ò difficile trascinare il pubblico alla lotta; quand'anche YOi proponeste la espropriazione simultanea cli tutti i proprietari da farsi con de– creto reale, nessuno ci si riscalderebbe su. perchè in Italia il signor Tutti non ha nulla da fare col signor Me.Nella desolante ignoranza di tutte le classi sociali italiane, il concetto dei legami che uniscono l'individuo alla generalità non esiste; qui la lotta di classe astratta non dà noia a nessuno; bisogna
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