Critica Sociale - Anno VII - n. 16 - 16 agosto 1897
CRl'l'JCA SOC!ALÈ 245 ;dono e forse anche gloria novella nella comune gara per il bene o per la civiltà .. .. La seconda tesi del Lombroso ò espressa con una. crudezza di frase non minore Jellt\ prima, am~i tale che si direbbe dettata 1 più che dal timore di essere frainteso, dalla voluttà. del paradosso. Suona cosi: « Più un popolo ò barbaro e maggiori gli arridono le ovcn– tualitò. di vittoria.» Evidentemente, stando all'interpretazione letterale, si tlovrcbbo concludere cho i selva.ggi dell'Africa equato– riale o dell'Oceania nulla. hanno Ja temere dai cannoni degli europei, E Turati ha domandato: « So la barbarie è che vince, o come, in una storia tutta intessuta di guerre, la ci– vi\fa s'ò instaurata1 » Naturalmente dovremmo ora tro• varci in uno stato di barba.rio molto inreriorc a quello ùello prime g<:nti. Ma so non ò da dubitare che la penna Jel Lombroso corso oltre di molto id pensiero, o :;o cerchiamo, atlra• verso all'eccessività. della frase, lo spirito nro Jel– l'enuncialo, noi ci troviamo di fronte a un concello più moderato, ma altrettanto ralso e, quel ch'è peggio, non del solo Lombroso. In questa stessa C1·ilica inratli - lo ha ricordato Turati - si espresse la conclusione che il ruggire ò degli eletti. Ragiono di tali paradossi ò che troppo spesso si con· ronde lo spirito militaresco, l'amore della guerra. per la. guerra, col coraggio. Il primo è certo preponderante fra i popoli barbari, che tali sono appunto per questo, mentre segno di civiltà. progredionto ò lo sviluppo sempre maggiore dell'avversione alla guerra e del sen– timento di giustizia. E si può anche ammettere elle in condizioni normali un barbaro, sempre pronto alla guerra e sempre intento al n1aneggio dello armi, possa riuscire più micidiale d'un uomo civile, sebbene non bisogna. i.limenlicare neppure che l'uomo civile possiede armi assai più perreziona.tc. Ma quello che è assoluta– mente contrario al vero ò che H coraggio si faccia mi• nore col crescere ùoll,~ civiltit. Molti popoli barbari i.limostrano, è ve1·0 1 una singolare indifferenza <lavanti alla morte. Ma tale sentimento, prodotto o i.la incoscienza o Ùi.i. fatalismo - che, so in un dato momento possono fo,vorire la villoria, riescono però a lungo andare clementi corti di inferiorità intel· lettuale e cooperano alla sconfiLta finale - tale senti– mento, dico, non ò affatto comune a. tutti gli uomini che si trovano in condizioni dopre~se di civiltà. Tanto è vero clic la statistica dimostra essere il suicidio più frequento nello classi o tra Io genti più civili. E chiaro infatti che, se un contadino s'adatta. a. ,,ivere in una condizione semibestiale, l'uomo delle classi sociali più elevate !Ja bisogni e sentimenti che, se non li può sod• tlisfare, gli rendono la. vita inutile e odiosa. E quanto più uno s'eleva a condizione civile, tanto più domanda. una vita. che meriti di essere vissuta: non vi,·ere per Vi\"ere, ma a patto d'aver certe soddisfazioni materiali, morali o intellettuali, nella difesa o nella conquista delle quali porterà. un'energia., una risolutezza tanto maggiore quanto maggiore vedrà il pericolo dì perderle. Il coraggio dunque dipende essenzialmente dalla co– scienza della causa per la. quale si combatte, da quello stimolo psicologico che ho sopra detto essere l'elemenlo rorse più importante ùelle azioni umane. E quanto più sentito è tale stimolo, quanto più proronda o l.liffusa tra un popolo la persuasione della giustizia della c,,usa. che lo movo, quanto più quesla caursa. è rispondente VlV Cl lv u alle condizioni storiche del momento, tanto maggiol'i sono lo probabilitii di vittoria. La storia infatti ci prova che tutto le rorme di civiltà. ebbero i loro Yigliacchi e i loro eroi, i periodi di gran– dezza e di ùocadimonlo: ma i primi non coincidono collo stato· dì maggiore bal'bario, bensì col maggior vigore della coscienza. na1.ìonalc; e i secondi coH·atne– volirsi del sentimento comune, f;.ia,Per lo :-vanire delle idealità e delle concepite speranze, sia. pcrchè, di fronte alle nuorn condizioni del mondo, l'idealiti.~ prima difesa. a.ppal'isso poi men buona, men giusta, men ,·era, sia inlìno perchè l'opera. di tutto un popolo riu~cisse - come recenti c:-:empidimostrano - a solo vantaggio di pochi. Ad ogni modo, anche ailra.\'er,;o Ofcìllazioni o ritorni, il progresso delrumanil.'~ ò sta.lo lento, ma costante verso un benessere sempre maggiormente diffu~o; verso la. compartecipazione di un numero sempre maggiore d'individui a.i benefizi della civiltà che, un,t volta. a.ssa• porati dogli attua.li proletari, !-a.ranno da loro difegi - è da crede1·0- a costo della. vita. Conclusione questa ben più lieta cli quella del r.ombroso, e }lìonamente conforme alle speranze cd alle teorie di noi socialisti, GumnE. IL MIRAGGIO DELLE COOPERATIVE Il. I perchè della pregiudiziale: In che paese viviamo. Cominciamo intanto a intenderci sovra un punto, di grande semplicità: in quale paese viviamo? - In Italia - ci risponderà il 'l'reves e, con esso, ad una voce, i nostri contraddittori. Benissimo. Ma questa risposta non è che un'« espressione geo– grafica ). Se noi cercheremo l'espressione econo– mica e l'espressione politica che corrispondono a cotesta parola, raccordo sarà bello e sfumato. In Italia, già! Avete mai pensato che cosa vuol dire vivere oggi in Italia? Si direbbe, carissimi amici, che non ci abbiate pensato affatto. Voi infatti ci parlate di < Coopera– tive sul tipo belga»: voi citate, ad ogni piede so– spinto, l'esempio luminoso del Belgio. Sicuro: la cooperazione nel Belgio ha l'eso e rende; rnrvizi meravigliosi al partito socialista: li rende del resto anche ad altri partiti, per esempio al cattolico; e la lotta fra i due partiti è fatta in buona parte a base ed a colpi di Cooperative. Sono cose vecchie: noi stessi, quando fummo in Belgio la prima ,·olta, pel Congresso internazionale del 1891, subimmo per un istante quel fascino. Nelle vecchie collezioni della C1•itica Sociale, nelle corrispondenze che spedimmo allora all"//a/ia del vopolo, se ne deve trovare qualche traccia. Non così però che non scorgessimo subito la profonda di08renza esistente fra i due paesi. E fin d'allora, appunto, a proposito del famoso « pano socialista » e della esaltazione che altri faceva di quella no– bile figura dell'Anseele, fin d'allora scrivevamo: Vedendo, a Ga.nd particolarmente, quell'immenso en· tusiasmo di opera.i, vecchi, donne, l'anciulli, tutti a.nimati da un'idea, da un amore, ùa un fino - e solleciti di altamente alfermarlo - in contraddizione perfetta colle idee, le passioni e gli scopi del vecchio mondo: vedendo tut.to un popolo nuovo, un nuovo continente socialista erompente, come isola madreporica. di fresca. rormazione, dai flutti del mare borghese che invano gli mugge mi– naccioso e vorrohbe-, ma non riesce a inghiottirlo: noi
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