Critica Sociale - Anno VII - n. 15 - 1 agosto 1897
232 CRITICA SOCIALE Rivoluzione, la Prussia, organizzando l'istruzione ele– mentare nella prima metà del secolo scorso, e l'In– ghilterra, sotto Elisabetta, con la legge sui poveri, mo– strano che già prima del secolo nostro lo Stato aveva acquistata coscienza della sua missione sociale. Su questi esempi, che riempiono di tanta ammi.razione il Ferraris, val la pena di fermarci un· momento. La Rivoluzione toglieva in Francia il ùiritto di coalizione agli operai, e quella sull'istruzione elementare fu una misura presa in Prussia in tempi eccezionali, e rimase poi soltanto sulla carta ( 1 ). Ma quella, a cui il Ferraris ha tributato più volte nel suo libro tutta la sua ammi– razione, è la legislazione sociale della forte regina Eli– sabetta. E non a torto. La forte e benefica sovrana ci teneva a che il suo pop~lo non impigr-isse, ed emanava delle leggi per im– pedirlo: « La giornata di lavoro, per tutti gli artigiani e lavoratori agricoli, doveva allora (nel 1496, sotto En– rico Vlll) durare, dal marzo al settembre, il che intanto non fu mai messo in esecuzione, dalle 5 del mattino alle 7 ed alle 8 della sera; ma le ore pei pasti com– prendevano un'ora per la colezione, un'ora e mezza pel pranzo e mezz'ora per la merenda, verso le quattro, vale a dire precisamente il doppio del tempo fissato dal F'actory Act oggi in vigore. In inverno il lavoro doveva cominciare alle 5 del mattino e finire al cre– puscolo con le stesse interruzioni. Uno statuto di Eli– sabetta (1562) per tutti gli operai« ingaggiati alla gior– nata o alla settimana » lascia intatta la durata della giornata di lavoro, ma cerca di ridurre gli intervalli a due ore e mezza per l'estate e a due ore per l'}nverno. Il pranzo non deve durare elle un'ora, ed « il sonno ù'una mezz'ora nel pomeriggio » non deve esser per– messo che dalla metà di maggio alla metà di agosto. Per ogni ora d'assenza si preleva dal salario un d. (I O cen– tesimi) ( 2 ) ». Ma è appunto il trattamei:ito dei poveri che deve mo– strarci come lo Stato avesse, sotto il regno di Elisa-' betta, raggiunta t'a piena coscienza della sua missione sociale. Cito ancora dal Capitale: « Etisa_beth,. 1572: I mendicanti senza permesso e di un'età superiore ai quattordici anni dovranno esser severamente staffilati e marcati con ferro rovente all'orecchia sinistra, se nessuno vuole impiegarli durante due anni. In caso di recidiva, quelli d1 un'età superiore ai diciott'anni, de– vono essere giustiziati, se nessuno vuole impieg-arli pe1· due anni. Ma, presi una terza volta, essi devono esser messi a morte senza misericordia come felloni. Si tro– vano altri statuti simili: 18 Etisabeth, 13 eh., e nel _1597. Sotto il regno tanto materno quanto verginale di« Queen Bess » si impiccavano i vagabondi a schiere, allineati in lunghe file. Non passava anno che non ve ne fossero ·tre o quattrocento di appiccati alta forca nell'uno o nell'altro distretto, dice lo Strype nei suoi Annali; se– condo lui, il solo Somersetshire contò in un anno qua– ranta « vagabondi incorreggibili » giustiziati, trenta– cinque marcati col ferro rovente, trentasette staffilati e centottantatrè liberati. Pure, aggiunge questo filan– tropo, « questo gran numero di accusati non comprende il quinto dei reati commessi, grazie alla noncuranza dei giudici cli pacé ed alla stolta compassione del popolo .... Nelle altre Contee dell'Inghilterra, la situazione non era affatto migliore, e in molte era. peggiore ». (3). (1) Vedi ENOELS, La torce et l 1 éoonornie dans le developpement social, pag. 45-46. ( 2 ) MARX, Le Capitai, I, pag, 117 dell'edizione fra,:cese. \ 3 ) MARX, Le Capitai, I, pag. 326. BibliotecaGino Bianco Evidentemente, o tutta l'erudizione storica, così lar– gamente sparsa nel volume del prof. Ferraris, non è che la rifrittura di un qualsiasi manuale di storia co– stituzionale, imbevuto a dovere dell0 spirito capitali– stico, o la sua a,mmirazione lo mette alla pari col filan– tropico scrittore citato dal Marx. Ma, malgrado qnesti splondidi e~empi di legislazione sociale, la rivoluzione industriale rende neces·saria la libertà industriale, e si rende interprete di questo bi– sogno la scuola liberale. I grandi mali che lo sviluppo industriale porta con sè danno origine alla scuola so– cialista, che respinge l'azione dello Stato, ed è rivoluzio– naria. Sorge allora la scuola della riforma sociale, la quale sostiene che lo Stato debba intervenire con la legisla– zione sociale e .mitigare i mali del presente e preparare un avvenire migliore. Questa, secondo il Ferraris, l'o– rigine ed il carattere delle tre scuole. Ora, è opportuno notare che la scuola socialista non sconosce affatto l'azione che lo Stato può esercitare con la legislazi0ne sociale, tanto che la domanda in tutti i suoi programmi. Basterà al proposi lo, poi, ricor– dare la larga parte del primo volume del Capitale, che Marx dedica alla legislazione sociale inglese. Ciò che noi notiamo è che lo Stato piglia provvedimenti so– ciali solo perchè cost1·ettovi dal mnvimento della classe lavoratrice, ed anche allora a malincuore. La legisla– zione sociale, inoltre, mentre rende, per molti rispetti, migliori le condizioni dell'0peraio, dando un grande sviluppo alla grande produzjone e mettendo fuori lotta un gran numero di pi-ccoli industriali, sviluppa le con– traddizioni che il sistema capitalistico contiene in sè stesso, e ne accelera la m~rcia verso il socialismo. (1). Ciò che lo Stato non può fare, senza.· intaccare la proprietà capitalistica, è evitare tutti i mali natu– rali al sistema, come le crisi, la formazione di un eser– cito di riserva, industriale e il peggioramento delle condizioni del lavoratore per l'introduzione sempre crescente delle macchine. Lo Stato potrebbe secondare lo sviluppo di quegli elementi che porteranno alla tra– sformazione della. proprietà borghese in proprietà so– ciale, con la quale quei mali scompariranno. Ma ciò sarebbe il suicidio della borghesia, e credo che nem– meno il Ferraris sosterrà che l'altruismo delle classi possidenti giunga a, tal punto. L'appropriazione sociale dei mezzi di produzione e di scambio sarà opera del pro– letariat0, che si sarà impadronito - pacificamente o violentemente - dello Stato. E « quando il proletariato, organizzato necessariamente in classe nella sua. lotta con– tro la borghesia, di venter~t con una rivoluzione la classe dominante e come tale abolirà. violentemente i vecchi rapporti di produzione borghese, toglierà altresì di mezzo, insieme a questi, le condizioni degli antagonismi di classe, toglierà anzi di mezzo le classi, e quindi anche il proprio dominio di classe. » (2) * * * E qui mi pare che sia il caso di raccogliere le sparse fila delle nostre osservazioni. L'errore fondamentale, che vizia tutto il libro del Ferraris, è la confusione tra le teorie del materialismo storico nella sua forma originale, datagli dal Marx e dall'Eugels, e quella che riveste nelle opere del pro– fessor Loria. Il materialismo storico è considerato come una teoria (1) MARX, Le Capitai, I, pag. 217. ( 2 ) MARX ed ENOELS, Manifesto del partito comunista, 2.n edi– zione italiana, pag. 36.
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