Critica Sociale - Anno VII - n. 15 - 1 agosto 1897
CRITICA SOCIÀ.LE 235 aveva un substrato, forse mal enunciato, ma fondamen– talmente giusto. La ricchezza d'un paese non consiste ora, ma tende sempre più a consistere nell'abbondanza dei prodotti naturali, in quelli della terra, delle miniere, della pesca. La superiorità manifatturiera d'un paese non può essere permanente. A mano a mano le borghesie delle singole nazioni sentono il bisogno o la volontà di slan– ciarsi nella via della produzione industriale; talora anche specialmente nei primordi, questa produzione non con– verrebbe loro, ma mercè la protezione doganale si so– stengono. Jnvece dei prodotti si importa la materia prima motrice o la materia prima da trasformarsi, o l'una e l'altra, e talora s'importano gli operai stessi. Spesso dalla nazione manifatturiera il capitalista stesso si trasferisce nella nazione arretrata e contribuisce così a.Ila decadenza del proprio paese dal primato relativo. IL Regno Unito è paese di risorse naturali non com– parabili colla sua attuale ricchezza, colla sua attuale importanza. La Gran Bretagna ha il 28 °lo di terre in– colte; l'Irlanda ha il quarto della sua superficie a lande, pascoli e terreni incolti. Bisogna aggiungere alla pe– renne e progredita produzione agraria le altre risorse naturali del Regno: carbon fossile, ferro (pei quali ora è il primo paese del mondo), rame, stagno, ecc. Ma, a parte ciò, il Regno Unito, a chi ben guardi, presenta l'immagine d'una pompa aspirante e premente; aspirante prodotti dalle colonie per riversarli manifat– turati su altri paesi. L'esportazione principale è quella del cotone lavorato; l'industria che vi si connette non si esercit_a su un prodotto locale; ma su un prodotto coloniale, il quale, lavorato in Inghilterra (e lo potrebbe essere altrove), viene rigettato sui mercati del mondo. Lo stesso si dica per altri prodotti. Ora, a mano a mano che cotonificì si aprono, sia nelle Indie, sia altrove; che lane, macchine altrove si lavorano; il primato inglese cessa. Già si getta in Inghilterra un grido cl'allarme di fronte all'ingagliardirsi di una rivale: la Germania. Made in Germany, fatto in Germania: è la sigla di una quantità di prodotti che si consumano perfino sul mer– cato inglese. E le colonie tendono sempre più, come ognuno sa, ad emanciparsi dalla madre patria. Dopo gli Stati UnHi, ora è la volta dell'Australia; verrà la volta dell'India, e questa perla dei possessi inglesi verrà un giorno da inglesi stessi emancipata. Giacchè sono le colonie che in gran parte manten– gono la madre patria, e lo rivela il fatto che la sua importazione è sempre superiore all'esportazione; il danaro importato dalle colonie e il plus-valore dato 'dalla manifattura dei prodotti importati sono la base ùcll'.1ttuale grrn<lr:~za inglese. Tagliato il filo che unisce le colonie alla madre patria, si avrà nell'Inghilterra non molto più d'una Scandinavia o d'una Danimarca. * * * Il Ledru-Rollin, proscritto politico francese, scrisse intorno al 1850 il noto libro: De la décadence de l'An– gleterre, che avrebbe meglio intitolato: J1nmoralità politica dell'Inghilterra, poichè tende a provare l'im– mensa miseria che ivi domina in basso, la rapacità, la plutocrazia, il confusionismo giudiziario Ghe ivi domi– nano in alto. Di decadenza inglese, allora, mentre le ,altre nazioni erano bambine nel campo inùustriale, non si poteva parlare, ed egli infatti non potè fornirne le prove. Democratico convinto, sebbene alquanto decla– matore e sciovinista, egli intuì l'organizzazione sfrut– tatrice, ivi più che altrove spietata, e l'enorme accen– tramento: ma non meditò abbastanza il Manifesto dei BibliotecaGino Bianco Comunisti, così da concluderne che un paese così mo– nopolizzato potesse essere più di altri vicino alla libera– zione finale. La vera ragione, per cui intitolò il suo libro Deca– denza dell'Inghilterra, sta in un'intuizione, ed è da cercarsi in qneste parole della Conclusione: La condizione fatale dell'Inghilterra è ch'essa non ha da cambiare, nel mondo, prodotti spontanei del suo. suolo; non può offrire che i soli prodotti della sua mano d'opera, del suo lavoro, e il lavoro non appar– tiene come privilegio ad alcuno; esso è dominio c0mune dell'intero genere umano. - Venezia, la Spagna, l'O– landa, che 11011 erano relegate all'estremi1à dei mari e clte sembravano anzi poste sulle strade maestre del mondo (1), non sono ad una ad una decadute? La lor o corona non s'è sfogliata sotto il soffio ardito, sotto ìl giovanile sforzo delle rivalità straniere? E altrove: Montesquieu l'ha detto: La fortuna degli imperi ma– rittimi non può esser lunga, poichè non regnano che mercè l'oppressione dei popoli e, mentre s'estendono al di fuori. si minano all'interno. - Il problema dunque - riprende Ledru-Rollin - non è di sapere se l'In– ghilterra è grande, ma se la sua grandezza può durare. Senza dubbio questa grandezza è smisurata, ma pen– siamo che fu au·apogeo della sua potenza esteriore che Roma venne colpita dalla morte. * * * Ma questa decadenza è ora realmente incominciata? Guardando le statistiche commerciali, lo studioso cauto non potrebbe affermarlo. Infatti l'esportazione negli ultimi anni ha tenuto il seguente cammino: ha rag– gi unto un minimo di 245 milioni di sterline nel '78; un massimo di 306 nell'82; indi un minimo· di 268 nell'86 (superiore all'altro minimo); un massimo di 328 nel '90 (superiore all'altro massimo); indi declinò fino ad un minimo (ancor superiore) di 273 nel '94, con periodicità curiosamente regolare di quattro anni. Nel '95 si ebbe un leggiero rilevo, che si accentuò nel '96. Supergiù lo stesso andamento seguono l'importazione e il commercio generale coll'estero. A chi fa osservare che la diminuzione nelle cifre to– tali deriva dal minor prezzo attribuito ai prodotti espor– tati (il che si afferma per il carbone ed il ferro, espor– tazioni che anzi sono stazionarie n, si può rispondere che ad una popolazione per la maggior parte urbana e che quindi paga largo tributo a locatori e commercianti, ad una popolazione che, salvo in Irlanda, non accenna a diminuire, ciò che interessa è il numerario che essa riceve in cambio delle merci esportate, poichè il prezzo della vita non può diminuire. E, diminuendo il danaro importato,· deve abbassarsi il tenore generale di vita. Le curve del commercio dunque, dopo aver raggiunto un massimo insolito, dal 1890 in qua, sono in depres– sione. Si verificherà nel 1898, o dopo, un nuovo mas– simo i E questo massimo sarà superiore ai massimi precedenti? Certo nessuno può arrischiarsi in modo assoluto a tali profezie. Ma se poniamo attenzione al grido d'allarme Made in Germany ( 8 ), ai lamenti per l'immigrazione che non vuol diminuire, alla tranquillità d'animo colla quale, (1) A dire il vero, esse non sono in tale posizione favorita; al– trimenti, come Genova e Marsiglia, non avrebbero mai ceduto il loro primato commerciale. (2) Il fatto che l'esportazione di ferro, carbone e macchine sia stazionaria conferma la nostra tesi, poichè con ciò l'Inghilterra fornisce ella stessa le armi all'industria delle nazioni rivali. \3) L'Inghilterra, in un'esportazione doppia di quella della Ger– mania, ha oscillazioni quadruple delle oscillazioni nelle esporta• zioni germaniche.
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