Critica Sociale - Anno VII - n. 13 - 1 luglio 1897

B 206 CRITICA SOCIALE rose utopie, il rinnegamento degli ideali, lo sparire di quel certo che d'e1·oicocho areva aruto la bo,•. ghesia nel suo pel'iodo ascendente e aravano quindi avuto anco1· pili le classi intelligenti. Giunta ad es– so1·etutto secondo la pl'ofezia famosa, la borghesia divenne quello che diviene uu JJW-cenu qualunqlfe e di nuovo le classi intelligenti seguirono la sua sor•te: e cosi a la sete di subiti guadagni, al culto dell'oro 1 agli orrori del C..'lpitalismo,a la plutocrazia, al mono1>0lio politico, a l'oppol'tunismo, a lo sfrut– tamento economico. a la corruzione morale, che camtterizzauo questo phrioclo di dominio della bor• ghesia, coi·rispondono, pre;so la minoranza intelli– gente, un positi\•ismo teorico e pratico miope e g1·etto, uno scetticismo l'innegante ogni fede e ogni ideale, un epicureismo basso e volgal'e, un pessi– mismo a1·cigno, un egoismo, o meglio egotismo, che non pe1·mette a l'individuo di veder altro al mondo a l'infuori di sè slesso. Non solo: ma, poichò è tendenza irresistibile quella di idealizzar sò stessi, si bollò col uomo di romanticismo tutto ciò che di gene1-oso ave,,a avuto la generazione precedente e si esaltò lo scetticismo, il pessimismo, il dilettantismo, l'iudh,idualismo e tutte le altre miserie iu isnw. Cosi naturalmente vcnh,an meno tutte le condizioni intime che ave– vano fatto fiorire il sogno de! socialismo aristocra– tico: nello stesso tempo il fluire 1lell'ideale di so– cialismo imperiale, sognato auche dal Rodbertus e dal Lassalle, a l'impero del te1·zoNapoleone ne mo– sti-ava tutto il cattere utopistico: infine, il fatto che omni. sotto l'una o l'altl'a ro1•ma. l'intelligenza ese,·cilava già quella egemouia spirituale, pe1· cui hLsi voleva organizzare in pote1·e costituito, pro• vava l'inutilità del potere SJ>irituale riel Saint-Simon e del Comte. :\la insieme questa influenza e im1>0r– ta11za sociale ornai conquistata da le classi colto non permetteva che il sogno di dominio dell'intel– ligenza svanisse del tutto: esso non fece invece che mutar forma e prenderne una più in armonia col nuovo ambiente sociale e spirituale: non si sognò più il potere spirituale che già si aveva, ma il do– minio tempo1·ale, e questo non più a vantaggio delle plebi. ma contro la bo,·ghesia e contro le plebi a vantaggio delle classi intellige11li stesse o dei supe1'iori interessi dell'umanità o della civiltà che esso rappresentano: le dottrine darwiniane vennero in buon punto a dare uno specioso carattere scien– tiOco al nuo, 1 0 sogno. Inutilo qui fer•marsi a pa1•la1·0e discutel'e sul da1·winismo sociale tanto di moda alcuni anni fa: es· o 0111u11aconseguenza di quella concezione della sociologia a cui il predominio della filosofia natu 4 ,•alo, seguito dopo il '60. e sop1·atutto la comodità di c1·ea1·ededultivameute una scienza, invece d'in– du1·ue faticosamente le leggi dai fatti, aveva con– dotto, concezione per cui non la sto1·ia. ma la bio– logia era la base della scienza sociale. Delle esago- 1·azioui di esso hanno ornai fatto ragione e la stesrn scienza naturale. che ritiene inadeguata l'ipotesi darwiniana a spiegai• l'evoluzione, e la discussiouo fatta sul campo ve1•amente sociologico da la scuola socialista. Senza ripetere cose note, basti accennare come dalle dotfrine darwiniane si deducesse il nuovo sogno aristocratico. La legge, si di~e. per cui da la lotta per l'esistenza e da la selezione na– tu1·al0 pel trionfo dei più adatti del'ivano l'e,•oluzione e il p1·og1·esso 1 vale anche pe1· l'umanità: anche qui il prog1·esso si ò avuto per opera di minoranze impostasi ai pili, cioè di aristoc1·azie. Di qui la con– danna a f)l'iol'i della democ1·azia odierna io nomo della scienza e del prog1·esso e il sogno di u1ùu·i– stoc1·azia nova che, imponendosi tanto a la borghesia quanto a la plebe, compia i futu1·i destiui dell'urna• uità: dati i caratteri della civiltà odie1·na, questa d U IU O aristocrazia non può pili esso1·e di sacerdoti o di guer1·ieri, ma di intellettuali. 'l'ala il sogno cli dominio non più spirituale. ma temporale degli intellettuali: vagheggiato già e abbozzato dal RCnan in li'1·ancia 1 da Albedo Sormani in ltalia 1 esso ha 1·icevuto la più compiuta espres– sione da Fr. Nietzsche che, nel suo So sp1·ach za,·atl,ust,·a ha chiamato tutti gli llen·en a la conquista del dominio e ad impor1·0 agli s1aaven il giogo della generosa tirannia. A chi si rivolgeva questo appello 1 Corto a nessuna classe particolare. ma a tutti quelli che, :wendo il !Ville .:um. 1\facht. si dimostrano per ciò lferren e possibile stoffa di di Uel.Je>·nienschen,. E ne suna classe sociale infatti, nemmeno, pare, quella dei nobili, osò crederlo 1·i– volto a sè, eccetto uua sola 1 quella dei letterati ; donde la novissima letteratu1·a superumanistica dei Brandes, dogli Strindberg. degli Ola Hauson, dei l~ar1·òs, degli Ernest la .Jeuuesse. dei D'Annunzio, dei Morasso, dai ncm/J1·anrlt CUs E'1·;,ielteJ· a l'Jfom.– ,ne lllwe, da le 1·e1yJ/11/ lletle Hoccie a questo ap– pello donde ho p1·eso le mosse. Quali lo ragioni di ciò I . .. l,e cause bisogna cercarle nella psicologia del letterato e nelle condizioni speciali fatte nel nostro secolo a la letteratura. Quel dominio della scienza e quel riorganizza– mento dell'individuo e della società pe1• opera di essa, in cui si risolveva pel Saint-Simon e pel Comt.e la sognata egemonia dell'intelligenza, son rimasti un puro sogno. Eppul'8 noi abbiamo un potere spirituale: esso non è organizzato. ma non esercita meno una potente influenza: esso viene esercitato non con l'ope1•a scientifica da pensato1·i e scienziati, ma col giornale e con la letteratura amena da giornalisti e letterati. Giornalisti e lette-– rati: ecco i ,,e,i direttori dello coscienze d'oggidì, quelli sopratutto per la vita politica, questi per la vita intima: tolti i pochi della VtH'a ar•istocrazia intellettuale e gli analfabeti, tutti soggiaciono a la loro til'auuia, prima gli snol.Js e i dilettanti di po– litica e di letteratura, che mutano abito e idea e vita ad ogni mutar della moda gio1·11alistica o let– teraria; poi le signore, siano o no intellettuali 1 poi i giovani, poi tutti gli altri. Omai l'opinione del 01·dau, secondo il quale non la vita fa la lettera– tura, ma la letteratura la vita, non è un paradosso, ma una ve1·ità cosi evidente da non aver bisogno di dimostrazione. Ed è ugualmente evidente la ragione' per cui la di1·ezione delle anime e il potere spfrituale è da la Chiesa passato, non a la, scienza, ma al giol'nale ed a In lotte1·atura. amena. E un'utopia il c1·edere che, in un'epoca di semicullura superficiale qual è la nostra possa dominal'e la scieuza: date, non dico a un semianalfabeta o a u1m signom cosideLta intel– lettuale, ma a un pr-ofessionista laureato o acl un lotte1·ato i Pl"i,ni principii o lo JJasi deltf<:tica dello Spence1·. l'Origine delle ~11ecie del D:.u·wiu, il Ca– pila/e del Ma1·x e le ope,·e dell'Ardigò: o non sa· muno lette o, lette, queste ope1·e gl'andiose 11011 esercite1·anno l'influenza che potrà avere un gior– nale o un romanzo qualunque. E si comprendo porchò. Non bisogna disconoscere la magica forza d ell'al'to o della fo1·ma anche, come ò per lo più, l' idot.ta ai minimi termini : la scienza parla a l'in– t el ligenza, la letteratura gio1·nalistica ed amena si rivolgono sopratutto a la fantasia e al sentimento: oi-a c'ò bisogno di dire che c'è assai più di questi che di quella nelle cosiclette classi colte? )la la 1·a– gione p1·incipale pe1· cui presso tali classi la letle– rahu·a la vince su la scienza ò questa, che, data la cultura odierna, la scienza è per esse uu libl'O chiuso

RkJQdWJsaXNoZXIy