Critica Sociale - Anno VII - n. 10 - 16 maggio 1897
156 CRITICA SOCIALE Si muterà esso nell'avvenire e la società socialista segnel'à l'avvento del\'« era dell'altruismo»? (') Noi uon lo crediamo. Noi non c1·ediamo che vi sia bisogno, perchè la società socialista si attui e per• duri, che si modifichi la natura umana, nè crediamo che tale modificazione sia conseguenza necessaria del nuovo assetto sociale. Non solo, anche nel seno della società socialista, agirà semp1·e, come motivo fondamentale della condotta, l'utilitarismo, ma anzi soltanto allora esso avrà. una piena e completa espansione, e 1 insieme un'azione socialmente van– taggiosa. Oggi infatti, in una società. in cui ,il fe– nomeno saliente è il conflitto tra le classi, la classe dominante si serve dei precetti morali, religiosi e giuridici per sviare la classe soggetta dal cammino che le sarebbe indicato dal suo egoismo rettamente inteso.(!) Ne deriva « una morale d'obbedienza in• stillata artificialmente nello spirito della classe sog– getta, che si trova così obbligata ad agire confor– memente all'interesse dei ricchi» (3) [/utilitarismo quindi non può sempre operare come motivo di condotta della vita, nè in modo lucido e chiaro, nè con effetto utile alla più grande felicità dell'indi· viduo. Non in modo lucido e chiaro, perchò la co– scienza, tra la spinta che le viene dall'interesse dell'agente e la controspinta che le viene dalle teo– riche morali, religiose, giu,·idiche erette in confor– mità agli interessi della classe dominante, resta necessariamente into1·bidata e confusa. Non con ef– fetto utile alla più grande felicifa dell'individuo, perchè gli impulsi suscitati da quelle superedifica– zioni morali, religiose e giuridiche spingono ad azioni in realtà conformi 11011 ~ià alla maggiore felicità ma solo ad una felicità piu relativa, a quella che viene all'ageute dalla necessità di soddisfa1•e a quegli impulsi che le dottrine religiose o giuridiche dominanti hanno creato nell'animo suo. Cosicchè la condotta morale, pur tendendo sempre ad un mas· simo di felicità dell'agente, risulta oscillante e im• precisa. E tutto ciò è dominato dal fatto che nella società attuale la l'icerca della felicità, questa unica molla della condotta della vita, porta necessa1·ia– mente in ,molti casi a compiere il danno degli altri. Ed è forse da tutti questi conflitti che de!'ivano quel grande squilibrio e tu1·bamento morale e quelle « malattie d'anima• che, sotto forma di scetticismo, di pessimismo, di tedio ( « il tedio! Anche questa ò una faltezza di questa fin di secolo» (4), annebbiano agli occhi di noi, che siamo nello stesso tempo gli ultimi prodotti d'un ciclo storico e già i pionieri del successivo, la concezione della vita, che splen– deva cosi semplice e serena alla mente dei pad1·i, e che tornerà a risplendere ugualmente semplice e serena alla mente di coloro cl1e ci seguiranno. Perchè quei conflitti non avranno più ragione di essere nella società socialista. rn essa l'utilitarismo opererà chiaramente come unico fondamento della morale; e la ricerca della propria felicità non si ridurrà ad esse1·e in molti casi necessariamente un attentato alla felicità altrui, o almeno non sarà più un attentato ai requisiti principali della felicità altrui. Il Loria va :rnzi ancora più in là, e scrive: « In questa condizione, infatti, ogni azione che com– promette la coesione sociale e il benessere collettivo, ogni usurpazione di un uomo a detrimento di un altro uomo torna immediatamente a danno dello stesso agente e gli fa comprendere tosto che essa è in opposizione col suo egoismo bene inteso .... In ( 1) MALO:-., La Mo,·alt! Soclate, pag. 38, e seg. (1') LoRJ.4., Les IJasu ico11omlQUC$ de la COtUttltdiOn $0Cl'lle. Bocca•Alcan, 18!13,Clmp. lii e IV, 1. 11 1mrte. (1) LORU, Op. clt. pag. 2!. (t) BoNom, que1tto111del qtor110. - Trevee; 1893,pag. H. B1b1oteca e 1noB1arco una economia di uomini 1iberi e ugua1i l'azione usurpatrice è irrazionale e antiegoistica perchè pro– voca un'uguale reazione che la rende dannosa all'a• gente .... La regola di giustizia in questa forma sociale si stabilisce dunque spontaneamente, perchè essa è imposta dall'egoismo individuale illuminato di tutti i consociati... Per dimostrare che nella so– cietà-limite si stabilirebbe spontaneamente una mo• raie d'amore non è necessa1·io suppol'l'e, con Bel– lamy e con altri socialisti, che, nella forma-limite dell'economia, l'egoismo cesserebbe e che ciascuno sarebbe felice di lavorare a profitto degli altri - ciò che sarebbe soltanto ammissibile nel caso che si accordasse (cosa per lo meno assai problematica) che la società-limite potesse arrivare a cangiare la natura umana. - Questa dimostrazione s·ottiene senza ricorrere ad alcuna ipotesi assurda, quando si osservi che, in una economia di uguaglianza, spe– cialmente se associativa. il rispetto al "benessere altrui, e anche l'opera che ha per iscopo di procu– rarlo, è conforme all'egoismo individuale, poichè ogni danno o vantaggio 1·ecato agli altri torna fa– talmente a danno o a vantaggio di colui che agi– sce.>(') . .. È 1•ilevante a '}uesto punto notare che J. S. Mili è venuto alle medesime conclusioni. Nell'ultimo e più maturo sviluppo del suo pensiero, l'autore di quei Principf a·economia politica, che sono sempre e così volentieri al sommo della bocca dei nostri economisti ortodossi, si è (non sarà mai ripetuto abbastanza a loro confusione) si è accostato al so– cialismo fluo ad accettarne quasi tutti i postulati. C) E già nell'Ulìlitarismo egli scrive:« Nello stato di civiltà comparativamente poco avanzato in cui vi– viamo, una persona non può invero sentire quella interezza di simpatia pe1· tutti, la quale renderebbe impossibile ogni discordanza effettiva nella djrezione della vita .... Quali mezzi per approssimarsi al mas– simo possibile a questo ideale, l'utilità esigerebbe dapprima, che le leggi e gli or<linamenti sociali dovessero porre la felicità, o (parlando con linguaggio p1·atico) l'interesse di ogni individuo, per quanto si può, in armonia cogli interessi della universalità ... '!'aie principio (della maggiore felicità) è una mera formula verbale senza significazione razionale, se la felicità di un individuo, supposta in grado pari (tenuto il debito conto del genere), non viene sti– mata del preciso valore di quella di un altro. • (') E lo Spencer commenta: « Questa è la teoria che il comunismo vorrebbe mettere in pratica. » (4) Non è ora il caso di esaminare se lo Spencer riesca a conciliare la censura da lui mossa qui alla teoria di Stuart-Mili, e in generale la sua opposi– zione al socialismo scientifico, con queste opinioni, per esempio, da lui stesso nello stesso libro espresse: e Potrà essere che il tipo industriale, for.se collo svilupparsi delle organizzazioni cooperative, che teo– ricamente, sebbene per ora non praticamente, can– cellano la distinzione fra padrone e lavoratore, (') LORU., - Op. cli., pa.rte 1.•, Ch. I. it) Di eiO lro\'iamo recentemente un'importante conferma nella te-l!tlmonian,:a personale che ne fa Clmrles w. Dilke, che ru amico del ).!ili e suo comp:1gno nelle lotte politiche, Egll scrh·e: • Mm has bet!n eve-11 t•ue11ll11 /1.elclup to us as lit~ 11ter11e1t 't!p,·uenta. tli;e or« absoluu 11tdlvlduallllm •, IJut tn / I.ti last Yt!at·s he u;as ,:;ery ra,• rronl 1Jelt1Yatt. h1dlr;iduatl1t, wa.r al.Jrecut or the most modt!t·n tenclenctes fil a socialt1t dlrecuon, am'.l, 10 ra,· (rom IJelnfl stationary tn hls ovtntons, ,oas mot:lnq tn tlli!: va11. • CIIARU:s w. llJLKK, John Stuart Mili, l869·1873; in Cosmopolu del marzo 189'.'. ( 1 J STUAR1· M11.L, 1.:m1tar1,m10. Ed. cit., pagg. 80, 41, IH. l') S1•ENCF.1t, Giustizia, trad. santarellt, pag. G'!.- Città di Ca• stello, 1893.
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