Critica Sociale - Anno VII - n. 10 - 16 maggio 1897

Critica Sociale RIVISTA QUINDICINALE DEL SOCIALISMO SCIENTIFICO Nel Regno: Anno L. 8 • Semestre L.4 - All'Estero: Anno L. IO-Semestre L. 5,50. Leltere, vaglia, cartoline-vaglia all'Ufficio di CRITICASOCIALE - MILANO:Portici Galleria V. E., 23 (2.' tilll 11•ilc) Anno VII - N. to. .• Yon. si. vende ,,. ,,,,, m.e,•i i'eJJcu ·a.li . Milano,16 maggio 1897 . SOMMARIO Attualltà, Qutl elle c'lll6t(llla la Gr.:cla (CKhllK I.0\IIUl0S0) - Postilla (1'1- 1.11•1•0 TIII\ATI). flll ammo111m«nll dd 1 ° Mauulo Il-A), Il e dUCOl",M d;lla Coro,ua • Clel •·epubbllC(.rnl (NOI), Al 1lg11ot• P. tl,A CRITICA). Stadl ■ootologlct. /,t dlfe•a dl!ll'lhtP<Uta progrtHira; U programma lributa,10 del #Mlall,tfl u-;. MORTARA). t"/flCI am.rrletml <.kl lt1toro (Lt.lOI RISAllDI), I.a mot"Ol,11 •«late I01r.:11u-r• IUSSI). l.tr m,,.,utrfa Htll'Urnbrla, lii tEv•ui-10 I.RONARDIL L 'll lulfOnf' del deCCHtl"'amcnto c•.• ,_ illtulonl ckt lfg. G. ,V. Pia• lill11f10 (C. l)ANUUC<:O). irno■ofla, leuer&UU'a • ••riel&, 1Joturt1110 blbllou1·at1co: • Il toclall1mo e 111len1iero moderno • 111 A. CIIIAl'l'KLLI (f. t.), PubbUC'1dO"' J)Crçt'J\UU '" dono. nu,uotua di propogrrnda. QUEL CHEC'INEGNA LAGRECIA Parecchi dei più noU conservatori, forse per fa– natismo di parte, in ogni caso, voglio sperarlo, più per amor delle imprese che degli impresari, pre– tendono trar prontto dalle attuali disfatte greche pe1· dimostrare la uecessit.\ di sempre n.uovi ar: marnanti e per aumentare le spese degh eserclti stanziali. « Vedete la Orocia - gridano essi - se avesse avuto un esercito stanziale, non sarebbe ora a questi passi. > Ma, anzitutto, forse che la Grecia non l'ha un eser'Cito stanziale, Certo, essa ha un esercito cor– rispondente alle sue forze; anzi si ò udito dire che gli artiglieri, i quali certo non sono scelti rra i volontari. hanno ratto più volte bene il loro do– vere; e Vassos e Smolenski non sono essi militari di carriera T La disfatta derivò dunque da ben altre cause. Dalla. spropo1•zione, intanto, di un piccolo esercito e poco preparato in co11r1•011to ad uno assai grosso; dalla vigliaccheria sopratutto di capi semi-coronati, i quali ordinarono due, tre volte la ritirata. prima di ogni necessità. e per paura pl'opria organizza1'0no ufficialmente il panico. E la ma1•ioa greca è pure una marina da guerra o aveva da fare con una marina quasi mitologica; malgrado ciò non ha fatto niente. Questi esempi dunque ci insegnano piuttosto che gli ese1•citi stanziali non ser\•ono a nulla quando 11011 siano sostenuti da un popolo che li sappia dil'igere, che senta veramente i suoi de• stini e che suppia batt01•sisul so1'ÌO. Ed ecco infatti che, vicevo1·.:m,Candia ha resi– stito e resiste, si può dire senza esercito .stanziale, a sette potenze belliger•e, i turchi compresi. Oh questo non potrebbe dimostra1•e che gli eserciti stanziali servono mono dei corei di volontari1 E i Borboni, che erano provvisti dt un esercito di oltre centomila uomini, non vennero sconfitti dai mille \'Olontari ! ~la, per non dii· altro: non abbiamo noi un eser– cito stanziale (orso fre volte maggiore che le no– stre ro,·ze non comportino, cou una selva di gene– rali o con g,·andissima pompa di stat i magg iori, 01·a, ditemi un po' che ,·azza di figura han.no ratto lo nostro armi a Custoza, a NoYara, a Lissa , ad Abba Oarima, tutte lo volto insomma che abbiamo voluto batterci senza qualche alleato che ci reg• gesse le dande e che supplisse colla sua la nostra cattiva amministrazione e strategia! Y1t: ad Adua quelli che scapparono, peggio dei soldati greci, erano i soldati nostri, tutti soldati stanziali, senza alcun volontario; e , 1 enoero sconfitti proprio da orde imp1•ovvisate e barbariche per giunta. Ma ben altro ci insegna la Grecia. E:isa ci mo– stra che il Go,•erno monarchico e costituzionale non ò diarramma sumcienle agli impeti popolari ancho i meno opportuni. Ivi. infatti, Governo e re hanno socondata, come già Napoleone lii, la ,•o– lontà della piazza, la quale per· atavismo è_sempre bellicosa, sempre incline alla gue1•ra fuori, come dentro i confini alle risse. E spetterebbe appunto agli uomini di tato discerne1·e e giudicare quand~ cote~ta onda ata, 1 ica si debba contenere; quando s1 debba ,frenare. La G1·ec!aci insegna innne che, in facce.od ~ di. gue1·1•a,piu un popo\o ò ba_l'bar? e mag.g1or1 g!1 ar·ridono le eventualru\ di vrtlol'ra. Non già che 11 popolo greco sia molto colto; tuttavia é assai meno barbaro del turco. Pur troppo osso sa di retorica. 1 nomi e le glorie di Maratona e delle Termopili gli empiono la. bocca e gli intr-onan_ola testa; e quel po· d1 ragione che gh 1'8Sta, gh è olfuscata nei caffè, dai 11iornaletti, nei ritrovi politici, dove sfoga quei residui di energia che l'esaurito eroismo delrel\ passate gli può permettere ancora. È in• somma un pezzo dell"Ital ia da Roma in giù. - Roma compresa; dove, glorio.si dei grandi avi, Scipio. Catono e compag ni, si ag ognano ogni giorno lauri guerrie1·i, salvo t\cappare furiosa~eute a g1;1el'ra dichiarata, trovando sempre che s1 è scappati glo– riosamente .... per colpa altrui! Ahi, le razze vecchie se ne vanno! Quanto più rurono grandi i nostri padri, 9.uanto ~iù ru gl~-:– riosa la nostra stirpe. tanto p1u, per rnesorab1h leggi storiche. dobbiamo acquetarci all"impotenza; od è questa altra delle cause per cui, volendo gon– na1•cia guisa della rana della favola, fìmremo solo pe1· schiattare. Il rii1 savio deg_linsegn~meuti, che ci offro coll'esemp10 della G1·ec1a la storia moderna, ò appunto lo spettacolo di questa s1ieciedi atavismo alla rovescia. il quale fa che i figli dei prodi deb– bano esse1•0i più vili. Perciò dovremmo racco– glie,·ci capire di essere piccini e viver come tali, pe1· nOn dover sopportare, oltre i danni, le beffe. Ma è for,e effetto di quello stesso atavismo alla 1•ovescia il non saperlo comprendere. CESARE Lmrnaoso.

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