Critica Sociale - Anno VII - n. 9 -1 maggio 1897
132 CRITICA SOCIALE capitali ecc., ecc.), si vedrà subito che tali risorse, pure evitando lo sperpero, sono ben lungi dal sovrab– bondare. Ma si ossel'verà ancora: In perfetto ordinamento socialista, l'imposta, come 01·a è, non ha più l'agione cli esistere, perchè le amministrazioni pubbliche potranno prelevare dil·ettamente dalla produzione quanto occorre per i servizi pubblici; di pili, se noi spingiamo lo sguardo della mente più avanti an– co1·a,possiamo prevedere che tutto diverrà un ser– vizio pubblico e la ricchezza privata sarà allora una cosa sola co11a ricchezza del1a socieH\. ,\la per arrivare a questa lontana mèta occorre appunto che lo Stato assorba gradatamente la ric– chezza privata, occorre un aumento graduale d'im• poste. Solo allorquando queste assorbiranno in– tieramente la produzione, funzionerà il pe1·fetlo comunismo secondo la formula:« da ognuno secondo le proprie fo1·ze,ad ognuno secondo i propt·i biso– gni-». Prima d'allora, e dal momento che il partito socialista assumerà il potere, l'imposta si farà. più semplice, pili equa, a tutti benefica, ma esisterà pur sempre e sat'à quella porzione progressiva c!i pro dotti che le amministrazioni pubbliche dovranno sottrarre al consumo privato per pagare i pubblici servizi. Se quesla adunque ò la tendenza del socialismo o meglio dell'evoluzione sociale, se una parte di ricchezze sempre maggiore tende a socializzarsi allo scopo di soddisfare più efllcacemente ed eco– nomicamente quei bisogni che in privato mal si potrebbero soddisfare, perché inveire, per precon– cetto, contro l'aumento delle imposte. perché scan• dalizzarsi dello spareggio continuo dei bilanci degli Stati e dell'acc1•escersi vertiginoso dei debiti pub– pubblici? Lasciamo questi spaventi ai conservatori che non vedono più in là del loro naso e vorreb– bero incatenare 1'01•ache passa e non sanno fog– giarsi l'av\'enire che ad immagine del presente ; ma noi socialisti dobbiamo constatare con piacere questi fenomeni, perchè essi sono una riprova della esattezza e dell'attuabilità delle nostre previsioni. . . . Non meno grave errore commette, a mio c1·edere, il nostro partito, errore che rinserra gravi disillu• sioni per !"avvenire, quando dà molta impoPtanza alla t1·asformazione tributaria e si fa caldo propu– gnatore dell'imposta progressiva. Non solo esso ha inscritto una tale forma d'imposta nel suo pro– gramma minimo, ma nelle lotte elettol'ali e nella propag-anda presso i piccoli proprietari .se ne è tatto la grande arme di combattimento. E con do– lore che si sentono tanti nostri conferenzieri, colla migliore intenzione del mondo, profondersi su tale riforma, quasi che essa fosse la quintessenza rlel so• cialismo, il toccasana dei mali sociali. Capisco che di fronte ai piccoli proprietari la propaganda debba assumere una forma speciale; ma \'ia, snaturare il socialismo fino a questo segno, è troppo. Carlo i\'larx, con quel suo sguardo aquilino che s01·passa le eccezioni. le apparenze contrarie e pe• netra nelle visce1·e delle questioni, aveva già rive– lato, come l'imposta, in qualunque forma e misura sia applicata, non può influire sul sala1•io,pe1•chò questo 1-app1·esentain ogni caso il minimo neces– sario alla vita dell'operaio e della sua famiglia, minimo che non può elevarsi per la natura del sistema capitalista nel quale si tende a pagare tutto al prezzo di costo, e non può discendere senza g1·1Hep1·egiudiziodella base stessa della produzione, della fo1~zadi lavoro. Secondo il Marx l'imposta sal'ebbe prelevata unicamente sul plus-valore, cioè sul p,·ofltto del capitalista; e qùindi, quando bene si togliessero i dazi dai generi di prima necessità, non pe1•questo il p1·oletario avrebbe migliorata la sua condizione, perché il suo salal'io si abbasserebbe fino al punto a cui, come pl'ima, basterebbe appena per vivere. Che questa sia la gran legge che re– gola questa materia, nessun dubbio; pe1· convin– cersene basta confrontare i salal'i (gli stipendi dei maesti·i ad esempio) dei luoghi dove non c'ò dazio d'entrata, con quelli dei luoghi dove questo balzello colpisce i generi di prima necessità. È anche vero però che questa leirge, come tutte le leggi del mondo economico e fisico, può essere contrastata e attenuata nei suoi effetti da altre leggi. Inoltre, nel mondo economico i fenomeni non ac– cadono con quella precisione matematica con cui accadono sovente nel mondo fisico, perché trovano degli attriti nell'ignoranza o nella resistenza degli uomini, nella fol'za delle abitudini, ecc. Perché il salario fosse sempre uguale al minimo necessario alla vita dell'operaio e della sua famiglia, occorre– l'ebbe che l'offerta di forza di lavoro si equilibrasse sempre colla domanda. Ma ciò non avviene; e se qualche volta il salario sale per scarsità di mano d'ope1·a, ben più sovente discende sotto il minimo e può discendere fino a zero, perchè l'offerta supera la domanda. In questo caso alla classe capitalista poco importa che una parte di operai deperisca o soccomba, perchè sul mercato ne resta sempre di avanzo per le esigenze della produzione. D'altronde questo minimo di salario stesso é tut– t'altro che una quantità costante; esso varia a se– conda dello sviluppo economico, in confronto della popolazione, d'ogni nazione e d'ogni parte di una nazione. Dall'Italia alla Francia, all'Inghilterra, agli Stati Uniti; dalla Sicilia al Veneto, alla Lomellina, al Monferl'ato, noi troviamo che il lavoratore si adatta a regimi di vita ben diversi e quindi a mi– nimi di salario ben diversi. Ad ogni modo, quel che preme di constatare nel nostro caso é che, in questo urtarsi e attenuarsi di leE?gi diverse, il sistema ll'ibutario, se può avere influenza indiretta sul salario, in quanto può stimo– lare od ostacolare lo sviluppo del capitalismo, non può avere guarì influenza diretta, se non forse pel' , qualche caso isolato ed eccezionale, e che quindi è una mera illusione il c1·edere di migliorare le con– dizioni degli operai togliendo i dazi dai generi di prima necessità. O perchò allora i contadini e gli operai dei Comuni l'urali non stanno meglio degli operai di città! . .. L'influenza indiretta che il sistema tributario può esercitare sul salario, ripeto, si esplica nel favorire più o meno lo sviluppo del capitalismo. Tale svi– luppo eleva generalmente il minimo di salario, quantunque lo renda meno stabile e generi il triste fenomeno della disoccupazione. Ma quel che t·ende, malgrado i suoi 01·1·ol'i, desiderabile dal proletariato, e quindi dal pal'tito socialista che ne rappresenta gli interessi, l'avanzarsi e il trionfare del capita• lismo, è il fatto che solo col suo pieno e generale sviluppo sarà possibile l'ol'dinamento collettivista e la fine dei mali che 01·a travagliano la società. È quindi nell'iifteresse del proletariato che il sistema fributario, lungi dal mettere ostacolo a questo svi– luppo, lo stimoli a compiersi. Ora, l'imposta unica progressiva sul reddito ha questo requisito 1 Evidentemente no. Non si potrebbe trovare una imposta che più osteggi il forma1·si e il funzionare dei grandi capi– tali; \"imposta Jll'ogressiva è un "ero dazio protet– tivo a favore della piccola industria e della piccola proprietà e, applicata con quel rigore che vorrebbe il partito socialista,' avrebbe virtù di ritardare di 50 anni l'avvento del soeialismo. Chi ne trarrebbe pro-
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