Critica Sociale - Anno VII - n. 2 - 16 gennaio 1897
CRITICA SOCIALE 27 cabile nella noiosa funzione. La vivacità e !"origi– nalità dell'intelligenza non :;ervono quasi più a nulla, perchè l"intelligen,.a, conceulrata e eternata nella macchina dal suo inventore, supplisce all"in– telligenza del la1•orato1·e,e la potenza creatrice della mente di un uomo si perpetua in uno stru– mento di metallo, che ha solamente bisol:lnodi es– sere sorvegliato da una attenzione coscienziosa e instancabile. Ora è certo che inglesi e tedeschi riescono me– glio degli italiani e dei francesi dappertutto dove la macchina agisce; riescono invece peggio là dove si domanda una abilità personale, uno sforzo origi• nale, sia pure minimo, del pensiero. Perchò gli italiani, che davano, tre secoli sono, a tutta Eu– ropa i più abili artefici in tutti i mestiel"i che ri– chiedono abilita manuale e vivacità intellettuale, non riescono più a costruire un congegno mecca– nico qualsiasi,con la perfezione di cui sono capaci inglesi e americani! Pe,·chò la patria di Leonardo da Vinci e di Benvenuto Cellini ha perduta tutta la sua antica superiori!.\ - teorica e pratica - nelle cose della meccanica! Ma una prova anche più curiosa ed espressiva della rivoluzione successa in questa materia nel mondo ci è data dalla fabbricazione dei biscotti e delle paste. A Londra non si trovano paste che siano mangiabili da un italiano o eia un francese di gusto fino. Quei dolci fatti di 1>asta,leggie1'i, riempiti di canditi o di creme squisite, stampati in molte forme graziose e capricciose, vi sono ignoti: i pasticceri londinesi non sanno offrirvi che paste di una materia grossolana, tagliate senza garbo in tozzi rettangoli o in losanghe, piene di sostanze che hanno sapore di pomate, ricoperte di colori violenti e volgari, quasi sempre di un rosso che rammenta il belletto dei ctoums da circo equestre: niente di più fino insomma, nè per gusto ne per forma, dei dolci che si trovano da noi nelle pasticcerie per il popolo. Invece i biscotti inglesi, quelli che sono stati resi popolari in Italia da due ditte colossali, la Peel, F,.ean & Cy e r llimttey et Patmen, sono certo, fino ad ora, il capolavoro dell'arte. Che n– nezza di sapori, che leggerezza di pasta, che va– rietà e grazia di forme! Dal biscotto fragile e leg– gero come un'ostia a quello duro e compatto come una crosta, gli inj!lesi hanno insegnato al mondo come si fabbrica m grande que,ta roba. Ma come mai dunque in uno stesso paese non si riesce a fabbricare paste mangiabili e si fabbricano invece i migliori biscotti! Perchè le paste sono creazione personale e individuale di un operaio, mentre i biscotti sono lavoro di macchina. li for– naio che deve impasta1·e, plasmare e condire le prime e un operaio dalle mani 1·oz1.e, di gusto g,·os– solano, mentre il suo compagno d"ltalia o di Francia è un vero artista: ma !"operaio inglese che deve guidare e sorvegliare le macchine fabbricatrici dei biscotti ò invece un essere cosi paziente ed attento, che sotto il suo occhio la macchiua compie mira– coli di cui alh·ove è incapace. 1\1tlo è tn tutto - dice la filosofia indiana: e in un particolare minimo della vita sociale, come la fabbricar.ione delle paste e dei biscotti, può con– tenersi intera o per dir cosi condensata la diffe– renza sostanziale cli duo civiltà e cli due società, non meno che nella letteratura o nella religione o nella politica. Tutta infatti la diversità sostan– ziale della ci1•iltà latina e germanica e in questo contrasto di pasto e biscotti; lo prime che rappre– sentano ciò che è stata semp,·e la f<>rzadell'Italia, per natura cli popolo e per tradizione: l'artista, cioè, l'artefice o l'artigiano nei la\'Ori in cui può rivelarsi, molta o poca, la personalità; i secondi che rappresentano invece la forza della razza germa- nica, la pazienza infatica bile, la metodicità del la– voro e !"energia concentrata dell"attenzi one . ~la la capacità al lavoro metodico, la pa1.ien1.ae l"attenzione che ne sono le quali!.\ sorelle dipendono dal mino1·e erotismo. In che cosa infatti consiste la capacità al lavoro metodico! Nella capacità di compiere uno sforzo continuo e penoso di volonta, por tener desta la coscienza. La coscienza umana sta desta, e senza sforzo, quando sia occupata suc– cessh1amente da stati di coscienza differenti, come sarebbe uno spettacolo variato; ma se la serie di questi stati di1•enta monotona, la coscienza a poco a poco impallidisce, l'atteuzione si rilascia, !"intel– ligenza si intorpidi.sce: e alla fine il .anno, il vero sonno fisiologico e cioè l'estinzione assoluta della coscienza, sopravviene. r... 'esperienza pili comune di questo fenomeno è quella che un uomo può fare viaggiando, quando a poco a poco egli si abitua talmente al rumore sempl'e eguale del treno che, per quanto esso sia in se stesso un fragore spa– ventoso, non lo percepisco più, onde alla flue si addormenta cullato dal fragore, come in mezzo al più profondo silenzio, appunto perchè le sensazioni sempre eguali annullano alla fine la coscienza. Cosi succede che, nei lavori che consistono in una serie di atti molto semplici ripetuti all"inflnito (o i lavm•i dej!li operai moderni, nelle industrie dove la mac– clnna è penetrata, sono quasi tutti cosi semplici e monotoni), gli stati di coscienza che si succedono nello spirito del lavoratore sono d'una straordinaria monotonia, e ne stancano perciò l'attenzione, ne ottenebrano la coscienza e ne intorpidiscono l'in– telligenza. Ma se il viaggiatore nel treno può ad– dormentarsi, non può addormentarsi !"operaio che sorveglia una macchina, perchè una disattenzione potrebbe rovinare un prodotto; onde l'operaio deve compiere continuaménte uno sforzo di volontà su se stesso, per attivare continuamente la propria attenzione, per slimolare la propria coscienza, man– tenerla ben sveglia, ben larga, ben chiara. In questo sro,•zo consiste tutta la terribile dolorosità del la– voro metodico, il gran supplizio a cui il genere umano ha sempre cercato di sfuggire, preferendo perfino la vita del ladrone a quella dell'operaio: li gran dovere che fu necessario imporre agli uo– mini per mezzo di terribili, ma sante e benedette crudeltà. Ora, se la capaci!.\ al lavoro metodico dipende dalla capacità di sopportare stoicamente, senza al– lentare di un millesimo la tensione dell'attenzione, il supplizio di una serie di stati di coscienza sempre eguali, è evidente che la capacità al lavoro deve essere tanto più grande, quanto il bisogno di sen– sazioni e stati di coscienza svariati è per natura minore. In generale tutti gli uomini desiderano di far passare attraverso il proprio spirito una quan– ti!.\ grande di st.,ti di coscienza diversi; porchè questa è quasi la fame dell"anima, nel soddisfar la quale !"uomo trova uno dei pii, grandi piaceri della vita: ma se per natura questa fame dell"a– nima è minore in un uomo, questi potrà pii, fa– cilmente privarsi del nutrimento e digiunare, e si adatter-:1più facilmente al supplizio della monotonia continua, in cui consiste il lavoro moderno. Quella apatia cosi caratteristica cli tutti i popoli di 1·azzagermanica è in fondo un vero e proprio minor bisogno cli eccitare la propria coscienza con sensazioni svariate e molle1ilici.Che in realtà questo bisogno sia minore, che questa fame dell'anima 'sia per natura meno acuta. in quella razza, lo dinlo– stra il fatto che là, dove un latino ha bisogno di agitarsi, di parlare, di cantare, !"uomo di razza go1·manica può restare quieto e muto per ore, senza peQsare a nulla o a cose vaghissime, con ~li occhi o il ce,·rello vuoti. Chi ha vlssuto in Inghilterra e
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