Critica Sociale - Anno VI - n. 20 - 16 ottobre 1896

B, 812 CRITICA SOCIALE La società borghese non potrà. cadere, e non potrà. sorgere la nuo,·a. società sognata dai" socialisti, senza una complota ri,·oluzione nelle coscienze: uno sciopero, una coopera.Uva,una vittoria elettorale, cd anco una sommossa, non hanno potenza alcuna rivoluzionaria senza.che la rivoluziono non sia nel contempo avvenuta nello spirito umano, o non abbia scacciato i vecchi con– cetti di onore, di patri11, di propriel..ì., di ra.miglia, lii distinzione. $, C,Ul:!olA HEIU SCURTJ. COMPLEMENTI E COMMENTI Abbiamo dato posto volon tie1·i, qua sopra, all'ar– ticolo del nostro collaboratore marsalese perchò, insieme a talune idee molto elementari - e che tuttavia non ò rorse inutile ripetere - sugli in– tendimenli essenziali del noslro parlito, contiene anche un accenno di reazione alle tendenze esclu– siviste di coloro che concepiscono il socialismo come un mo\'imento puramenlA politico, anzi più propria– mente elettorale. Ma ci corre l"obbligodi notare alcuni punti, nei quali la nostra opinione non coin– cide con quella del nostro collaboratore. Innanzi tutto egli tende, ci sembra, a diminuire cli soverchio il significalo e l'importanza dei parli li borghesi e delle loro lotte reciproche. • Finora - egli scrive - ogni l"'rlilo non ru altro che un semplice agg,-egato d interessi individuali indipen– denti: l'interesse di ciascun componente di un partito è affattodiverso da quello di ciascun altro». Dobbiamo supporre che la rorma abbia qui alquanto tradito o sorpassato il pensiero dello scrittore; il quale infatti, poco più lungi, parla, allo stesso proposito, di rapp1-esentanli di • limitati gruppi d'interessi ,. Ma ancora non possiamo sottosr.rivere al suo con– cetto. Certo, l'interesse del prolelarialo, che assurge a coscienza di parlilo politico, ò il più vasto degli interessi, e si può dire, senza iperbole, come già diceva Carlo Cattaneo, ch'esso rispecchia l'interesse di tutta l'umanità, anche quello - so non sempre immediato nè consaputo - tuttavia ruturo e reale dei suoi stessi a\'\'0t'Sarii. Ma non da ciò deriva che ciascun partito borghese non rispt,cchi, a sua volta, più o meno coscientemente e nitidamente, vasti gruppi d'interessi collettivi, almeno momentanei, e in ogni caso l'opinione di cotali interessi; come, poi, la massa tutl'assieme dei partiti borghesi rap– presenta il vasto interesse reazionario di opP.orsi alle modificazioni che minacciano i suoi privilegi. Sono, queste, verità elementari, senza le quali non si spieghe,·ebbero le vicende della storia, nè regge– rebbe il materialismo economico e la stessa teoria rondamentale della lotta di classe. Forse potè al– quanto velarle allo scrittore, o forzargli la penna, il predominio, nella sua Sicilia, di partiti puramente personali, mafie e camorre politico-ammrnistrative, più che veri partiti. Comunque, noi si volle notare it noslro dissenso perché le rormule usale dal no– stro collaboratore condurrebbero, logicamente, al disprezzo e alla identificazione dei vari partiti bor– ghesi, che si risolve in quel semplicismo tattico elettorale che abbiamo sempre combattuto. Parimenti non dividiamo l'ottimismo del Camma- 1•eri ladd0\'8 egli seri ve che la classe borghese, per far che faccia, non riescirà a ristringere il diritto elettorale del popolo, perchè lo vieta ad essa la leggo della concorrenza. Ben scelto il momento per culfarsi in simile fatalismo, mentre, a tacer d'altro, non son due anni che in Italia le liste elettorali rurono soppresse per una terza parte in un colpo I V '-' IV L.,I ( solo o 01·a ci si prepara un nuovo regalo dello stesso genere; e mentre per3ino nella Germania, o precisamente in Sassonia, il sufTi-agiouniversale per le elezioni ai Landtag venne, or non è molto, abolito! La legge di concorrenza rra i vari parliti borghesi in tanto influisce a favore della estensione del diritto di voto 1 in quanto ossi hanno bisogno e speranza, nelle loro lotte reciproche, di accapar– rarsi i voti dei lavoratori; quel biS01fDO e quella speranza svaniscono laddove son doboh quelle lotte, laddove il proletariato o non partecipa ad esse o vi partecipa soltauto n~l proprio interesse e con candidati suoi propri. E questo it caso dell'Italia: od è perciò che no, stimoliamo - sebbene clamanli nel deserto - i partiti popolari, che sorgano a di– fesa del minacciato suffi·agio. Molto indulge il ooslro collaboratore, sin dal prin– cipi".>del suo scritto, alle argomentazioni degli anar– chici, che indi prende a confutare; e asserisce più tardi che l"ideale dei socialisti non è nella /lnalttà dh 1 erso dal loro. Or se con ciò s'intende che socia– lisli ed anarchici hanno comune l'ullimo intento di sopprimere lo Staio politico (benchè, pei socialisli, sia piuttosto la semplice previsione che esso dovrà sfasciarsi da sè quando sia venuta meno la sua ragion d'essere, cioè lo srruttamento e l'oppressione di classe - e quindi la soppressione dello Stato non sarebbe pei socialisti il ,nezzo, ma la conseguenza dell'emancipazione proletaria); e che hanno pari– menti comune l'ideale dell'abolizione della proprietà dei mezzi di produzione (sul che, anche, per certe scuole d"anarchici, ci è almeno da dubitare); su questo si potrà consentire. Ma i socialisli, se vo– gliono sostituita al governo su~li uomini l'ammi– nistrazione delle cose, non perciò escludono, anzi si ostinano a presup~rre, la necessità permanente di una disciplina sociale, disciplina tanto piì1 impre– scindibile quanto più delicata e complessa diventa la civiltà; disciplina che polrà essere - e sopra– tulio diventare - sempre più racile, generale e spontanea, ma che frattanto, per un periodo di tempo cui non è facile assegnare limiti precisi, dovrà trovare non ross'altro la sanzione di una limitazione di diritti cor1•ispondente al mancato ossequio ai doveri sociali: quella sanzione che la rormula collettivista, « a ctiucu,w secondo ti suo lavo.-o (eccelluati soltanto i casi di invalidità) •• guarentisce pienamente, sen1.a bisogno di altre coa– zioni, mentre la formula comunista, cui la più parte degli anarchici inclina, « a ciascunosecondo t suot bisognt », non ~uarentisce in alcun modo. Prima, adunque, di dichiarare la nostra comunione di /ina– ltlà cogli anarchici, aspetliamo almeno ch'essi si pronuncino un po' più chiaramente in proposito. E da ultimo, non ci pare in armonia coi dettami del materialismo economico la posizione che il no• st1·0 collaboratore sembra accordare, sulla fino del suo scritto, a quella ch'egli chiama la « diffusione della nuova morale sociafista >, nella quale ravvisa « la sola preparazione possibile per ogni azione pratica >. La morale, sia privata, sia pubblica, è l'effetto, non la causa, di determinate condizioni di vita e d'azione. Cerio, la morale socialista sarà molto diversa e superiore alla morale borghese: essa lo A già ora, sebbene sia e debba essere una morale di lotta, quindi ben lontana dalla perrezione teorica. Ma non è nella predicazione di questa mo– rale che risiede l'essenza e la condizione dell'azi6ne socialista. A questa stregua si diverrebbe un par– tito di mislici, si ritornerebbe alla illusione degli anlichi utopisti (copiati poi in malarede dai mo– derni quietisti) che asserivano doversi « prima ri– rare l'uomo, per poi rirormare la società •- In ogni caso, non aderiamo alla singolare opt– nione del Cammareri circa l'uso dei vocativi perso•

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