Critica Sociale - Anno VI - n. 20 - 16 ottobre 1896

B CRITICA SOCIALE 317 eleggere quelle condizioni di esistenza che rendono massima la felicità sociale delle generazioni vi– venti e massimo il numero di quelli che vi par– tecipano, anche se <1ueste condizioni di esistenza non la rendono atta nel lontano futuro a vincere la lotta contro le altre società i un individuo co– sciente invece, semplice cellula dell'organismo so– ciale, non può sottrarsi a quelle condizioni che gli impone la società. Una società cosciente non sj oc– cupa dei singoli suoi componenti, se non in quanto la felicità di ognuno di essi ò uno degli elementi della somma algebrica che rappresenta la quantità totale di felicità sociale; se risultasse evidente che questa somma verrebbe aumentata col cambiare certe condizioni della vita sociale, queste nuo,•e condizioni verrebbero subito imposte anche se ca– gionassero la inCelicità.di alcuni; e ciò senza nessun ri~uardo a diritti divini, a diritti naturali e a tutti gli altri diritti metafisici che la società. prima ac– cetta\'a senza rendersene ragione appunto perchè incosciente, senza guardare se conduce\•ano o no a un fine determinato desiderabile o rigettabile, come un uomo incosciente compie i suoi atti por mero istinto senza domandare il loro perché, senza ri• cercare a che fine conducono. Come appunto l'uomo cosciente per evitare un dolore maggiore si sotto· pone a sofferenze minori, così la società. cosciente sottopor"'\ a dolore alcuni dei suoi membri, se ciò varrà. ad evitare un dolore sociale maggiore; la punizione dei delinquenti non è che una delle tante applicazioni di questa massima. e Le attuali condizioni d'esistenza non possono dunque avere sanzione razionale per le masse; perchò pel popolo la vita è una lun11a e costosa ri\'alità nella quale il successo è impossibile per tutti1 e il maggior numero deve lavorare o solTl'ire, mentre solo una piccola minoranza tro\'a riposo e benessere. Da qualunque lato si guardi la cosa, la conclusione è inevitabile: la maijgioranza d'un po• polo, le cosidette classi basse, 110110 nostre civiltà avanzate, de\'Ono vivere e lavorare in condizioni prive di sanzione razionale. :. (') Benissimo: le condizioni attuali d'esistenza non possono avere la sanzione razionale d'una società cosciente, ma non perché esiste la lotta per la vita o per la maggiore intensità di vita, ma perchò questa lotta si fa in condizioni troppo disuguali. Una società cosciente totalmente non può sanzio– nare una lotta fatk1. con armi disuguali, ma può benissimo sanzionarla se fatta in condizioni uguali per tutti; e la sanzionerà non perchò è la condi– zione del suo progresso futuro, della qual cosa, ap• punto perché guidata dalla ragione, non si occu– perà, ma bensì perché è la condizione della mas– sima felicità delle generazioni viventi. Quindi, non al sentimento religioso cristiano che invade gli animi delle classi dominanti, ma alla ragione della società cosciente si deve se la tendenza odierna è appunto di rendere uguali quanto più ò possibile le condizioni di lotta. Infatti questa tendenza nasce quando lo spirito religioso decade e cresce la co– scienza sociale; cosi la rivoluzione francese dell'89 coincide coll'elevarsi a coscienza della classe bor– ghese e coll'espancle1-si dell'ateismo di Voltaire; cosi l'agitarsi odierno della classe operaia e i pro– d,·omi èlelle sue rivendicazioni coincidono col fe– nomeno meraviglioso della coscienza mondiale e collo scetticismo in fatto di religione che in ispecie sul_continente invade ogni persona. E viceversa il regime comunista: a ognuno se– condo i suoi bisogni e non secondo t S1'0tme,·tti, non verrà mai sanzionato da una società cosciente, non perchò un tal regime impedirebbe il progresso ( 1) 1\100, op, clt., pag. Gi-(8, d delle generazioni ruture, ciò non le importa nulla, ma perché diminuirebbe, anziché aumentare, la relicità sociale delle '>enerazioni vi"enti. Dunque, se è vero che la ragione di quegli individui che soccombono non può sanzionare le condizioni del progresso, queste possono in\'ece venir sanzionate dalla ragione d'una società cosciente, non in quanto, ripeto, sono condizioni del progresso, ma perché sono condizioni della massima felicità presente. J<idd afferma che gli individui che si opporrebbero alle condizioni sociali attuali sono in maggior nu– mero; sndo io, ma le condizioni attuali della so· cietà non solo non sono le condizioni più favorevoli al progresso, ma sono tali da rendere minima an• zichè massima la felicità totale dell'uman genere. Le condizioni, più ravore,·oli al progresso sono anche le più favorevoli alla relicità sociale: questa coincidenza è un fenomeno del tutto moderno; nei tempi passati, quando il a-enere umano era di\'iso in tante società guerreggianti l'una contro l'altra, le condizioni non dirò del progresso umano ('), ma quelle che assicuravano la vittoria, erano di con– formare la società sul tipo militare e quindi non coincidevano affatto con le condizioni di massima felicità sociale; e allora veramente l'importanza della religione come funzione sociale era grande, perché ostacola, 1 a il sorgere d'una coscienza della tl'ibù o della nazione totale e perfetta e favoriva cosi le condizioni necessarie per assoggettare le altre tribl1 e le altre nazioni. Ma adesso, che la coscienza sociale divenendo mondiale tende ad abolire la guerra e ad assicurare quindi il vero progresso umano, le condizioni di questo progresso coincidono ormai con quelle di massima feficità sociale; la religione perde così ogni funzione sociale e a poco a poco tende a sparire; il suo continuo deperire odierno lo dimostra. (lh:orno). Euo1rn10 RI0NAN0. ( 1) Una. guerra. offensln non aervirA dunque gli lnteruai della raua se non quando le manchi l'allltudine a una. Tila sociale elevata. Qua.nto più questa @i sviluppa, la guerra otl'ensìva, lungi dall':\Uicurare il 1irogrcuo umano, non fa che ritardarlo. (Sl'.KSCRll: Juattc~; Gulllaumln, pag. ">· COOPERAZIONE SOCIALISTA La discussione della questione agraria, spaziando fra il possibilismo e l'impossibile, minaccia di sub– ordinare a questa altre questioni pili importanti, o che da altri punti di vista bisogna considerare. Ci sono circa cinque 1ntlfoni e mezzo di proletari agricoli da conquistare al partito, c'è ancora la maggioranza dei proletari industriali, e nel l\'fezzo– giorno e nelle isole c'è quasi tutto da fare. Ma per la propaganda occorrono mezzi finanziari non me– schini, cho le sottoscrizioni rachitiche non daranno mai in lk1lia. olo la cooperazione socialista, mi sembra, potr:\ sopperirvi. Il Bonzo nel suo eccellente arlicolo 1per risol"ere la questione agraria, propone la cooperazione,« per ora la forma pili bella di produzione:., ed ÌD\'Oca l"esempio dell'I11ghilterra e del Belgio, dove d,\ buoni frutti, sebbene il capitalismo, che in Italia è nano, ivi sia gigante. Ma egli dimentica due cose: che, cioè, la base di quelle colossali Cooperative sta nel consumo; e che l'immensa maggioranza dei soci ò reclutata tra gli operai industriali delle grandi città, cioè nell'elemento ri"oluzionario. Di qui l'errore suo e della Commissione agraria: di ~ promuove1·e la cooperazione ,, principalmente di produzione, fra i piccoli proprietari. l\fa dunque non si pensa che i piccoli proprietari

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