Critica Sociale - Anno VI - n. 18 - 16 settembre 1896

284 CRITICA SOCIALE conll'atto, e di cui il debitore pold\ libe1'al'si quando ani\ soldi du. riscattare, in tutlo o i11 parte, lo obbligazioni gravanti sull:t sua proprietà; o la questione è risolta in linea di massima, salvo i dettagli. ~: per concludere: por conquistare la campagna il partito d0\'0 proporsi di suscitare una atliva. agitazione per l'inalionabiliH, delle piccole proprioti,, degli stru– menti di lavoro o scoi'lo necessarie alla coltivazione. Lo modalità. io non starò a flssarlo. Mi basta l'M'Ot' arrormalo il coucetto, non nuovo, ma guardato o slu– llinto d,, un punto di vista. insolito, che può anche es– sere nuovo (T0t·tno), .\li permetta l'amico Giovanni Canepa di 1·ilevaro, a mia volta, le inesattezze in cui egli ò incorso mentre vuol additare quelle in cui gli pare caduta la Commissione relatrice. Evidente, anzitut.to , la confusione da lui fatta fra i concetti di coltui·a estenstva ed intensiva e quelli di coltura o,·ande e piccola. Come spiegare altri– menti le sue parole: «: l'uuico sistema in vigore è sempr·e quello a piccola coltura »1 'l'anto pill che egli, s\'iluppando il suo pensiero, soggiunge alle citate parole queste alt,·o: « perchè allo sfrutta– mento del suolo non si sono impiegati i capitali necessal'i che portano con sè stn11nenti progrediti di la\'oro e metodi razionali e scientifici ,. Il no– stro Canepa n1ol dunque dire che in Italia l'agri– coltm·a è ancora a uno stadio tecnico arretrato e che in nessuna parte della penisola si impiega il capitale necessario a reintegrare e Potenziare le energie del suolo. 01·a, ciò non è assolutamente ,•ero: l'agricoltura della media e bassa Lomba1·dia, di alcune parti del Veneto, del Parmigiano, ecc., se non rappresenta il massimo di perfezione, ha però a suo servizio i capitali necessari, si giova di istrumenli progrediti di lavoro, e applica metodi abbastanza razionali. Ma, checché sia di ciò, io vo• lovo notare che questo concetto del Canepa è il concetto della coltm·a intensiva, la quale viene da lui confusa colla u1·ande coltura, in contrapposto alla coltura esten:~tvct scambiata dal Canapa colla piccola collu1·a. Vi può infatti essere grande col– tura estensi\'a e grande coltura intensiva, a seconda che la terra \'iene trattata col metodo rapace del latifondo siciliano, o coi metodi razionali della fat– toria lombarda. I~ vi può parimenti essere piccola coltura intensiva, quella del Monferrato ad esempio; e piccola coltura estensi,•a, come la coltura che vien fatta nolle alte valli delle Alpi e dell'Appennino da quelle miserabili popolazioni di piccoli proprietari. Ma, oltre che nei concetti, direm cosi. d'indolo teorica, la oscillazione del pensiero di Canepa si manifesta anche in quelle premesse di fatto ch!3 dovrebbero costituire la base del suo progetto. E o non è la piccola proprie!..\ fra noi in quelle con· dizioni che furono accennato dalla Relazione agraria al Congresso? La risposta del Ca11ep1 ò molto equi– voca: egli aflè1•ma che in Italia« non ci sono 1)iÙ, o quasi JJlccoll v1·01u·lela,•i », affel'mazione ecces– siva, a cui fa strano 1·iscontro l'alt1·a, dello stesso Canepa, che « la piccola 111·oprietà è LuLL'alLJ'O che •m,01•t(Joruta ». La in0sattezza del Canepa si estende anche alla interpretazione del pensie1·0 altrui. Egli dice che io ho « l'idea Ossa• di ,•oler proletarizzare i piccoli p1·op1•ieta1·iper renderli atti a di\•entaro socialisti. No, ottimo Canepa, io non ho nes:mna ,•oglia di proletizzare nessuno. Solo ho affermato, insieme ai colleghi della Relazione, che il piccolo proprietal'io in Italia è quasi per ogni dovo u11 proletario, od è p1·esso, per forza ir,·esistibile di cose, a diventarlo. Blu IUlt: i1 JI 1u Dia u E rurncio p,·incipale dei socialisti non può esse1·e che quello di aprire a codesti piccoli p1·op1·ielari la visione del loro stato presente e futuro, e delle cause onde quello stato è prodotto. urncio tanto più indispensabile, quanto pill è ,•ero quel che il Canepa scrive intorno all'accentram.ento passivo o negativo della ricchezza in Italia, e al sistema di sfrultamento indiretto che le classi dominafrici hanno posto in opera per mezzo della macchina politica. Afl'e,·mare ciò è ben altro da quel che il Canepa ci fa dire: essere, cioè, indispensabile che i piccoli proprietari diventino dei miserabili nel modo più assoluto. Occorre egli ripeter·e che non è sulla mi– seria del lavoratore che il pat•lito socialista fa as– segnamento, bensì sopra la coscienza ch'e~li abbia delle cause del suo malessern, della sua ins1cul'0zza, della sua dipendenza1 E che, perciò, trattandosi di piccoli proprietari, non è necessario, perché diven– tino socialisti, ch'essi cadano in condizione peggiore di quella in cui sono, ma basta che essi vedano chiaramente la loro situazione - che è quella di proletari mascherati - di fronte alle classi domi– natrici 1 Cedo, mano mano che la maschel'a sia lacerata, ossia che il piccolo proprietario assuma - colla. perdita del suo nominale dil'itto sulla terra - anche le forme esteriori del proleta1fo, pili facile sarà o più intenso il diffondersi della coscienza socialista. Ma il nostro partito non ha esso ripetuto mille volte che una..delle sue preoccupazioni è di fare che questo passaggio, dalla forma esteriore della piccola proprietà alla forma ve1·a e genuina del proletariato, segua col minor dolore po3sibile o non significhi un maggioro abbrutimento nè un:1 maggiore mise1•ia1 Non ò a un tale scopo, infatti, che il partito ha scritto ne' suoi p:·ogrammi l'abo– lizione delle imposte indirette, e, in genere, la le· gislazione a difesa del proletario? Nè il Canepa, per scovare la contraddizione nel nostro pensiero, voglia insistere in quel suo infelice paragone fra il piccolo propl'ietario del la terra e il propl'ietario del titolo di rendita. 'l'ra questi due tipi di proprietari è impossibile il paragone. L'uno, il proprietario della terra, lavora e si logora iu modo inumano insieme alla sua famiglia, per avere un reddito che corl'isponde a un magro salario; l'altro gode del lavoro altrui, non avendo altra fatica che quella di tagliare i coupons a ogni fin di semestre. Dato ciò, perché non augurarci che il primo com– prenda ch'egli non ò - mal~rado le appat·onze con– trarie - un lavoratore indipendente, e che anzi egli è uno sfruttato - indirettamente - più e peggio di molti salariati 1 E, so no'! comprende, o se questa comprensione, raggiungibile solo in al– cuni di questi piccoli p1•aprietari, riesce troppo ardua ad ottener.si nella maggior parte, perché la forma osterio1·e della loro proprietà vela ai loro occhi lo loro reali condizioni, ò pur legittimo au– gurare che codesto velo si laceri, che codesta fo1·ma esteriore si dissolva quanto più largamente e quanto più presto è possibile. Ma quo3to augurio - che si traduce in una norma d'azione per il partito - non contraddice punto alla compiacenZJ. con cui noi possiamo au– gurare che nel partito nostro ci sieno uomini for• uiti di censo - espresso magari in ca1·telle di rendita - i quali mettano le loro forze finanziarie a disposizione ciel partito, o consacrino le loro forze morali e intellettuali al lavoro del partito, profit– tando appunto di quella indipondonza e di quegli agi di cui fortuna li ha favo1·iti. 'l'rovaro contrad– dizione fra quegli augu1·'ì e questa compiacenza, equivarrebbe a trova,· contraddizione fra il ricono– scere che il socialismo è tutt'uno colla proletariz•

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