Critica Sociale - Anno VI - n. 10 - 16 maggio 1896
150 CRITICA SOCIALE Una tale questiona pregiudiziale s'impone tanto più a noi socialisti italiani,. i quali abbiamo, assai più vicino e vi~'a, la ql!estione dell'i1·1:eden~ismo. cli 'J'rento e di Trieste. IJ1 questa questione 11socia– lismo italiano s'è Onora disinteressato e noi c1·e– d i amo per molto buone ragioni, pur sentendo tu tt~ il mmmarico del non porgere la mano a quei nosll'i fratelli di ,~azzae di lingua. ai quali l'esi– stenza cli una questione nazionale impedì finora di ontm1·e come masse compatte uel moviipento so– cialista. )lalgraclo ciò, i socialisti italiani non c1•e– dette1·0 fiuora rosse il caso di dispcrde1·0 le loro for1.0in questa direzione: essi pensano che la que– stione di •rrento e di Trieste possa essere senza grave danno lasciata in sospeso, e che, ad ogni modo il l'isulveri a non sia ru nzione speciale nè inter~sse urgente del partito socialista. il quale devo piuttosto stimola1·e i proletari_ati delle_ pro– vincie cosidette irredente a congiungere 1 101·0 sforzi a quelli dei partiti socialisti degli Stati cui si trovano annessi. Possono dunque i socialisti iL.'\liani. senza con– traddizione, gridare viva la Polonta, ment1>e sde• guano di unirsi in Italia alla tenue schie1-a di coloro che si fanno bandiera di agitazione del gl'ido: vi'va Trento e 7'riesle? Una Yolta do,•essimo metterci su questa via dell'irredentismo, non ab– biamo noi dei parenti pili prossimi che non i polacchi 1 Il prof. Labriola ci parla del « pericolo russo». Convel'rebbe anzitutto dimostrare che la uniflca– zione della Polonia su base nazionale ci salverebbe da cotesto pericolo. li prof. Labriola ci dice che il grido viva la Polonia, pronunciato dai socialisti, , 1 uol dire viva la repubblica polacca. Perché non grideremo, allo stesso modo, viva la repubblica tedesca, austriaca, inglese, spagnuola, turca? P_e,:chè e come la repubblica polacca è essa una co11d1z1one per noi più importante, pili u1•gente, più necessaria della modifìcazione in senso democratico di qual– siasi altra costituzione eul'0pea 1 Non basta: conver1·0bbe dimostrare che l'indi– pendenza e l'uniti\ polacca non sono, allo stato dei fatti. una semplice utopia. Siuo,·a l'unit.\ e l'indi– pondenza delle varie nazioni d'Europa, che erano smembrate e sogt,tette n. d~minii stranieri, furono l"opera e l'interesse delle rispettive borghesie, le quali si gio1•arono all'uopo dell'aiuto del p1'0letariato, attraendolo nella lotta con lusinghe che venivano pilt tardi tradite. Come scrisse Engels nella prefa– zione alla vel'sione italiana da noi pubblicata del .Manifesto Com.unista, « in qualsiasi paese il regno della borghesia non è possibile senia l'indipendenza nazionale ». Ma, secondo ci affe1·ma il prof. La– briola , ogg i, in Polonia, l'imputridimento dell'ari– stoc1· a1.ia e la sen•ilit..\ della borghesia mettono il problema dell'emancipazione nazionale interamente sulle braccia del p1'0letariato. D'altro canto, con– tinua lo stesso scrittore, il proletariato polacco è sottomesso ad un dispotismo che ne impedisce lo sviluppo cosi come, all'infuori della Russia, nessun altro proletariato del mondo. E, secondo là risolu– zione che egli ci ha tradotta, è appunto lo czarismo russo che ritrae le sue fo1•zeinterne e il suo peso nella politica estera dalla soggezione e dallo smem– bramento della Polonia. Se tutte queste cose sono vel'e, e se noi non ci inganniamo nell'interpreta1·le, la pretesa di volgere lo forze, hnche soltanto morali, del proletariato militante monl'liale. alla rerlenzione politica e na• zionale della Polonia si sma1•1·isce in un circolo vizioso. Se le classi dominanti in Polonia hanno abbandonata quella rh 1 endicazione - se è il solo proletariato che dovrebbe incaricar:-.ene - e se il proletariato in Polonia è pii, debole ed oppresso che altrove e impedito persino nella possibilità del proprio svolgimento - come pretendere da esso ch'esso faccia ciò a cui il p1·oleta1•iato a mala pena riusci alt1·ove coll'aiuto delle classi dominanti 1 Come pretendere ch'esso, da solo, esso così debole, vinca al tempo stesso e le prop1·ie classi dominanti o la potenza della Russia, dell'Austria, della Ger– mania coalizzate 1 'l1anto vale aspettare da esso una rivoluzione vittoriosa. ma allo,~a la sua ri,,oluzione - dovendo essere l'effetto di un movimento di classe - sarebbe a dirittura la rivoluzione sociale. i\la questa non è più e non può es:mre una rivo– luzione esclusivamente nazionale, e per riuscire ad essa i proletari polacchi hanno tutto l'interesse, non già a distinguersi, ma anzi a fondersi - superando le differenze di nazione e di razza - coi proletariati delle altre nazioni. InSomma pare a noi che, allo stato delle cose, i proletari socialisti polacchi siano assai più forti, e poss_anoassai meglio combatte1•e, uniti rispettiva– mente ai socialisti degli Stati nei quali la Polonia è attualmente incorporata, anzichè facendo partito a sè, su base esclusivamente nazionale. Essi da un lato daranno una mano ai socialisti tedeschi ed austriaci a conquistare, per tutta la Germania o per tutto l'Impero Austriaco, le libertà elementari, e dall'altro lato formeranno l'avanguardia del par– tito socialista che, collo svilupparsi delle industl'ie. va lentamente formandosi in Russia. Aiutando cosi la democratizzazione dei tre g1·andi imperi, essi ci salveranno, non soltanto dal« pericolo russo », ma benanco dal pericolo della ,·eazione in Austria ed in Germania. Lo « czarismo » non è retaggio della sola Russia, e noi italiani ne sappiamo qualche cosa per recenti esperienze. Può darsi che queiti nosfri ragionamenti siano della « politica. da farmacia » e noi non li annun– ciammo certo come vedute profonde nè li espo– nemmo con pretensione dogmatica. Essi serviranno, ad ogni modo, a p1~ovoca1•e, da chi ne sa pilL di noi, quelle informazioni e quegli schiarimenti, dei quali non ci pa,·e che il « ca1·attere semplice. !H'e• ciso ed intuitivo » della r·isoluzione proposta basti a rlispensare. Esse esprimono inoltre il nostro de– siderio di evitare deliberazioni destinate a rima– nere assolutamente platoniche e a subire la pili seve,·a delle condanne - quella che d.eriva dalla ratalità della storia e dei fatti. . .. Avevamo scritto quanto sopra, quando, a confel'– marci vieppil1 nei nostri dubbii, ecco venirci sot– t'occhio, nella Ne-ueZett ultima, l'al'ticolo di una compagna polacca, Rosa Luxembu1•g, per l'appunto sulle « nuove corr·enti del movimento socialista polacco in Germania e in Austria ». L'articolo è interl'otto a metà, ma le cose in esso dette ce ne fanno già presentire le conclusioni. Basta considerare - scrive la Luxemburg - alcuni dei ratti più noti della vita sociale polacca, per con– clu•lere all'impossibilità di una ricostituzione unitaria della Polonia ad opera del proletariato. La nobiltà, il clero e la borghesia pola•icarinnegano - a conressione dei socialisti patrioti - la bandit,i•a dell'insurrezione. t verissimo: con ciò quei socialisti constatano la fe– deltà delle classi dominanti polacche ai tre governi stra• nieri cui la Polonia è assoggeuata. Sgraziatamente essi dimenticano di cavare dal f1ttto le conseguenze neces– sarie. La fisionomia politica della borghesia t\ qui, come da per tutto, lo specchio più. fedele degli interessi del capitalismo in quella nazione. Se cotesto atteggiamento
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