Critica Sociale - Anno VI - n. 6 - 16 marzo 1896

88 CRITICA SOCIALE a quello del capitalista. E diratti, sotto uu par-t.iale e difettoso punto di vista, lo è. Mentre infuria il turbine della eoncorrenza, ogni capitalista è inte. ressnto, insieme agli operai da esso impiegati, a non lasciarsi sopraffare dai capitalisti rivali. Una fabbrica che si chiude è il disastro del capitaHsta e lo ò anche degli opel'ai che in essa trovano la• voro e pane. Allo stesso modo, nelle grandi agglo– merazioni di capitalisti e lavoratori che si trovano dentro a uno dei grandi Stati moderni. si forma la coscienza o meglio il sentimento confusodi una solidal'iet:.\ di interessi fra i capitalisti e i lavora– tori, di fronte alle agglomerazioni delle altre na– zioni. Sotto la bandiera della e patria » lo spil'ito operante è la lotta per l'esislen1.a economica. Il socialismo sopraggiun!JO e analizza e scopre sotto questa apparente solidarietà di interessi la pii1 acuta antinomia, e scopre per converso la solida– rietà fra le diverse classi delle patrie diverse. Ma sinché il proletario non giunga alla visione chiara di questa realtà, finché, in una parola, non sia di– ventato socialista, egli maneggerà il fucilo in una guerra avente per origine la contesa fra le rispet– tive borghesie per il monopolio di un mercato o per una questione di tariffe doganali, lo maneg– gerà nella pe1·suasione di battersi p1·0 a,•ts et /òcts. La formazione dei grandi Stati accentrati mo– derni, oltre che a dare rillusiono della solidarietà degli interessi fra borghesi e proletariato in rap. porto agli altri Stati, ha contribuito a rendere meno pericolosi gli eserciti formnti di proletari anche nelle funzioni interne e rep1'8SShTe.Già più sopra, e anche altra volta in questa Rivista, fu ac– cennato al modo di composizione degli eserciti nazionali. I calabresi si mandano in Lombardia, e i lombardi in Calabria. Si fa con ciò assegnamento, non su antipatie di 1,uzo dh•erse, ma sulla diversa indole dei conflitti che possono sol'gere, qua e là, tra capitalisti e lavoratori entro i connoi di un grande Stato, in cui le condizioni economiche va– riano col variare delle regioni. Una questione, che scoppia a Milano tra i lavoratol'i metallurgisti e i loro padroni per il lavoro a cottimo, non può essere facilmente compresa dal piccolo proprietario siciliano venuto quassù con idee formate in un ambiente semi-feudale. Se noi vediamo spesso, nelle lotte di mestiere, i lavorato1•i di un·industria dihat– tersi isolati coi lol'o pad1·oni, senza suscitare la solidarietà di tutta la classe operaia, riusciamo ai:iche a spiegarci come le classi sfrut.tatrici, orga– mzzate nello Stato, possano, senza pericolo proprio, impiegare i proletari armati a reprimere le rivolte dei loro compagni di altre industl'!e e di altri luoghi. sr1·uttamentoautomatico eaccentramento di grandi ~ tat\ nazipnali, ecco dunque .lera~ioni principafi onde s1spiega il fatto, strano a prima , 1 1sta,de11aborghesia che non teme di armare il proletariato. !.'esempio doll'lnghilterra, dove lo srrutlamento borghese è organizzato più da antico e più perret– tamenle che in qualunque altra nazione, non può essere portato come la prova del contrario. Se I"In• ghilte1·1-anon ha un esercito formato come gli eser• citi europei, lo deve al fatto di aver potuto rimanere esclusa, per la sua posizione insulare, dalla. gara degli armamenti nazionali, gal'a in cui dovettero entrare, dopo la rivoluzione dell'B!), tutte le bor– shesie del continente. E so anche. per la repressione mterna, la borghesia inglese poté fare a meno del– J'esercito, questo ò appunto dovuto allo s,•iluppo economico e secolare dello sfruttamento automatico, che rende meno facili le rivolte, mentre matura una ,•era o profonda rivoluzione. Non è già che la borghesia. inglese abbia a.,•uto paura di art•uolare il proletariato per difendersene a colpi di fucile; al contrario: essa non ne ha sentito il bisogno. In quel meraviglioso laboratorio del capitalismo il pro• cesso dello sfruttamento automatico ha raggiunto un grado cosi alto da difendersi e conservarsi per la virtù semplice del suo stesso automatismo. Analoghe considerazioni si potrebbero fare per gli Statl Uniti d'America. Anche là alle funzioni repressive basta la polizia ordinaria, o quella or– ganiz1.ata dai privati. Anche là, quantunque i lavo- 1-atori abbiano piena libe1•tà di riunirai a1•mali e di esercitarsi militarmente, la borghesia non ha sen· tito il bisogno dei grandi eserciti preordinati alla repressione. Riguar do alla Svizzera, dove ogni cittadino ha in ca.sa il fucile. basta osservare che ivi la base de l la vita economica è ancora la piccola proprietà, e la base della vita politica è la (ederazione. Da questi pove1·i cenni potrebbe ca., 1 arsi una con– clusiono ,inaspettata. Ohe, cioè, coll'evolversi del capitalismo e prima ancora di entrare nella fase socialista, il militarismo possa ricevere l'ultimo colpo, mercé l'abolizione degli eserciti permanenti. Con questo concetto, credo, i socialisti dello Stato più militare, i socialisti tedeschi, hanno iscritto la riforma e abolizione dell'esercito» nel p1'0gramma minimo, ossia nel programma attuabile entro la struttura borghese. Infatti, da quol che più sopra fu osservato sommariamente, non sarebbe irrazio• nale dedurre che la borghesia, come a un certo stato del suo sviluppo ebbe ricor~o all'armamento del proletariato, contro il proletariato stesso, ndando nella virtù dello sfruttamento automatico, così, mano mano che si estendo e perfeziona il sistema capi– talistico di produzione, possa tro, 1 ar conveniente, sotto la pressione delle angustie finanziarie, disrarai di un congegno del quale non sentisse più. il bi– sogno, come non lo sentono oggi l'rnghilte1·ra e gli Stati Uniti d'America. L'attribuzione del diritto di voto ai proletari è stato già qualcosa di più di quel che sarebbe consegnar l01'0 il fucile. Che se l'uso del voto non porfa alla rivoluzione sociale flnchè non sia matura la necessità della nuova struttu1-a economica, cosi, anzi ancora meno, po– trebbe la rivoluzione essere determinata dal pos– sesso nei cittadini di un'arma che è di una effi– cacia tanto inferiore a quella della scheda. Nè l'una nè l'altra valgono per sè sole, se chi le adopera non ha la coscienza sicura di quel che può e vuole ottenere. Pel' questo i partiti estremi, rappresentanti in Italia di quella borghesia industriale che, a diver– sità della borghesia semi-feudale, sente meno il bisogno della repressione proletaria, potrebbero in questo momento, in cui il militarismo ha ricevuto fra noi uno schiaffo cosi solenne, profittar dell'oc– casione per agitare la bandiet-a: abolizione del– l'esercito. Con ciò essi non farebbero opera noti– borghese; renderebbero semplicemente più facile e meno seminato di conflitti il cammino dello svi• luppo sociale. Parole buttate al vento, senza dubbio. L'Italia, il paese che ha minori tradizioni militari, sarà forse l'ultimo in cui questa ri(orma vedr,\ la luce. Se pur la vedrà: o se invece noi socialisti non do– ,•remo rare unica.mente assegnamento sopra la pro• pagandn che, svelando al prolelarinto il segreto del suo sfruttamento 1 infonda anche ne~li eserciti quello spirito di solidarietà civile, per cui, in altre dimo– strazioni, le baionette si rinfoderino e i soldati for– mino, col resto del proletariato, un esercito solo. LEONIDA BISSOLATI.

RkJQdWJsaXNoZXIy