Critica Sociale - Anno VI - n. 6 - 16 marzo 1896
82 CRITICA SOCIALE possa qualunque formola astratta. A Milano, la città cui son volti tutti gli sguardi, da 40 a 00 mila persone, d'ogni età, d'ogni sesso, si riversano, sen1.a rntesn. nelle ,•ie, si addensano al centro, unite da un solo grido, da un solo entusiasmo, cui non manca se non chi sappia imprimergli direzione rapida e precisa per vedere instaurato nel Comune - fra l'impotenza assoluta a reagire delle autorità - un governo provvisorio locale repubblicano. Il moto, che trova corresponsione in tulla l'Alta Italia, e in pal'te dell'Italia Centrale, si ammo1•za quasi del tutto nel Mezzodì, dove Roma, Napoli, Palermo, lente a destarsi, confermano quel che più volte noi sostenemmo: che quassù ò l'at'Cna della rivolu– zione futura, laggiù è il r.ampo ancora delle som– mosse. C.Osi il moto do,•eva degene1·are nella paralisi. Pure, anche cosi in parte frustrato, questo soflo di ri,•oluzione fu provvido o decisivo. Si de,·e ad esso, si deve alla pta:.~a - come qualificano gli abbietti mantenuti il popolo che manifesta coscienza e volontà - se la catastrofe politica, pu1· non var– cando il girone istituzionale, ebbe. in questi limiti, il suo compimento; se il dittato,·e masnadiero do– vette fugg11-e pancia a terra, ringoiando alflne le usate minaccia e i meditati ricatti; se fu deprecata la suprema irri ione d"una reincarnazione masche• rata del crispismo con un Ministero Saracco; se le alte resistenze, cui alludemmo la scorsa quindicina, e di cui l'andamento della crisi diede la misura, furono, se non frante, piegate, o acquetate in un temperamento, del quale ignoriamo i termini pre– cisi, ma che certo è assai lontano dal punto onde quelle 1·esistenze a.vean p1·ese lo mosse. « Col pl'o– gramma della guerra a fondo e della rivincita, sorgeranno lo barricate da Susa alla Sicilia• - vuòlsi dicesse il Rudinì al mona1•ca in quella prima chiamata a palazzo, ch'egli argui, daHe r·i· sposto avute, dovesse esser-e l'ullima; e certo, se anche tali parole, che i giornali l'iferirono, non furono pronunciate in quella forma, in quel luogo, in quell'ora, esse aleggiavano troppo nell'aria per non trafora1'Si dalle finestre anche laddove cosi raro avviene che parole fr:mcho ed oneste possano varcare gli atrii e superar gli scaloni. E per un altro verso fu provvida la rame..'\: perchè dimostrò anche ai pessimisti (noi stessi amiamo, per prudenza, essel'lo un po') che non tutto ò morto o non tutto è marcio dentro il paese: che, qualche eccitante estrinseco aiutando, esso ò capace di scuotere la tradizionale apatia, cercando risolufamente ,,io di salute. li periodo di so1.zu1"0 e di ,•iolenze, traversato, fra l'unive1'Sale acquie– scenza, in questi ultimi anni, ci aveva quasi fatto di~perare anche di questo. Certo non è a diNli che la recente agitazione avesse coscienza, perfettamente univoca e sicura, di sò e di dove mirasse; nò che sarebbe scoppiata così, se de' motivi, più che altro, sentimentali non !"avessero attiz.1.ata. Comunque. essa provò che la stagnazione non era totale nò ir1"0modiabile. Di ciò non soli i socialisti, ma dovrà allegrarsi ciascuno cui cuoce il pensiel'o d'un'ltalia tratta a rimorchio, senza vita nè anima propria, nel moto de' popoli civili. . .. Ma altre constatazioni ptù p1-ecise ci è anche lecito indur1"0. E son quattro. La prima: la disor– ganizzazione di coscienza, la piena, non diremo disorientazione, ma tnorienta:.tone politica delle classi dirigenti - che stanno in contrasto alla pta;;a - e di quelle, fra di1·igenti o dir·ette, cho alla vta;za danno il contributo dei grandi giorni, che fauno l'alone al movimento, senza mai esserne il ne1•bo: e la cui saliente nota è fornita dagli esercenti. Questa incoscienza desolante, già dimo• strata, uegath•amente, con la supina tolleranza del regno degli affaristi, disastro cronico e comune, fu conrermata, positivamente, 01-a. La domenica, nes– suno sapeva bene che volesse, alrinfuori dei socia– listi, scesi compatti nelle vie, e di qualche fratello disperso repubblicano, cui il chilo dei banchetti non inceppava la locomozione; fuor di li, ~li animi pencolavano fra !"onore idiota della bandiera e la paura verde dell'esattore. Il martedl, dopo la strage di Adua, che, dopo tutto, fu accidente tristo di guerra, ma non motivo di farci abbandonare a precipizio l'impresa se questa e1-a buona, eccoli tutti quanti, politicanti e rivenduglioli, confusi in un pensiero e in un bocio: fine di Crispi, fine della dittatura, richiamo delle truppe. 11 vener<ti, mentre proprio era in gioco l'essenziale, la piega che avrebbe preso la crisi, nuovo mutamento a vista. Le dimissioni del Gabinetto, una pura coreografia, a,•e,•a disarmato i bollenti spil"iti, come si trattasse, non di un indil'izzo poliLico, ma di una soddisfa– zione pe,·sonale da ottene1•e. Ne8suno capirn che cosa fosse dietro e sopra al Crispi, e i pili si con– tentavano anche di un intruglio Saracco. Qualche sassata essendo corsa ad opera di monelli forse prezzolati a disegno, i « benpensanti » ci denun - ciarono al procuratore del 1·0e gli esercenti diven• nero p.'\llidi per le loro vetrine. Il Secolo, loro legittimo mppresentante, preso da subitanea resi– piscenza intestina, sconfessò sguaiatamente i suoi collaboratori e se stesso; la controrivoluzione sbucò dalla ri\'oluzione appena abbozzata, per inondarla di colica. Seconda induzione: l'assen1.a dimosti·ata, in Italia, di un vero partito mona1·cl\ico, anche latente. Ciò fu chiaro per mille segni. F. ben corto che se, per le vie, non si acclamò alla repubblica, o il perchè si capisce, l'agitazione, per le ragioni sue e pei fini, trascendeva ben olt1'0 la demoliz1011e di un Oabi– netto. Era il militarismo, era l'Africa, era la ditta• tura che stavano in gioco, e ognun sa queste cose a che poggino e che cosa vi poggi. Pure. benchè i fogli estel'i non parlassero che del 1·ot llumberl, del lel:.le KOnto d'Italia, e così i privati conversari: non una voce nel paese, nelle assemblee, nella stampa indipendente che chiamasse a raccolta in• torno alla croce savoiua, neppl1t' quando si parlò di abdicazione e la diceria il'ovò c1'00ito·e corso. Anzi in qualche Circolo monarchico In nota con– tral'ia fu vi\'amente accentuata. Mai labaro di re vide intorno a sè più squallido deserto. Del che, anche, è da tener conto, sebbene non sia da noi che più si dovrebbe. 'l'orzo: deficienza assoluta di un partito repub– blicano vitale, organizzato ed organico, in Parla• mento e nel paese. In Parlamento; dove gli i1'1'0• parabili « cinque minuti » del Mussi passavano, mentre l'Estrema aizzava e la Destra attendeva, senza l'alto risoluto che, in quel momento, avrebbe affi'0ttata di anni l'evoluzione politica d'Italia. Nel paese; dove invano ai repubblicani fu1'0no chiesti cinque uomini conosciuti e autorevoli che assu– messero, in testa di colonna, la responsabilità della situazione. C'erano ancora laboriose digestioni da smaltire. E queste cose notiamo non per dispetto, anzi con amara tristezza: chè fummo insieme, a f1"0merne, con qualcuno de' repubblicani che non merita,•a di trovarsi in quella compagnia. Ma la verità non giova dissimulare. La dinastia fu sor- 1"0tta dai radicali e dai repubblicani. Ciò nulla muterà al corso e ::llle grandi linee della storia, ma insegna su chi e fin dove sia da contare. Quarta e ultima constatazione: la testa fredda e la chiara coscienza dei mezzi e del fine nei so– cialisti. Oel movimento essi i pl'Opulsori, essi il
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