Critica Sociale - Anno V - n. 16 - 16 agosto 1895
250 CRITICA SOCIALE Il secolo decimottavo, il secolo della rivoluzione, rivoluzionò anche l'Economia. Ma, come tutte le l'ivoluzioni di cotesto secolo erano unilaterali e con– finate in un'antitesi; come all'astratto spiritualismo si era contrapposto un materialismo ugualmente astratto; alla monarchia la repubblica; al diritto divino il contratto sociale; così anche la rivoluzione economica non seppe andare più in là dell'antitesi. I presupposti rimanevano gli stessi; il materialismo non attaccava già il dispregio e la diminuzione dell'uomo contenuti nel concetto cristiano, ma si limitava a sostituire al dio cristiano un altro ente assoluto: la natura umana; la politica non indagava già qual valore aressero i presupposti dello Stato per sé stessi; l'Economia non si pose neppure il problema della gtus/i(ìcaztone della p,·tvata p1·0- p1'ielti.. Così la nuova Economia non portava che un progresso a metà: essa era costretta a !l'adire e a rinne~are i suoi propri p1•esupposti, aiutandosi coi sofismi e con l'impostura pel' dissimulal'e le contraddizioni in cui si impigliava, e per venire a quelle conclusioni, che non erano già la conseguenza di quei presupposti, ma il portato dello spirito umano del secolo. Così prese l'Economia un carat– tere filantropico; converse ai consumatori quei fa. vori che prima accordava ai produttori; allettò un sacro raccapriccio pel' gli orrori sanguinosi del mercantilismo, e proclamò il commel'cio vincolo di amicizia e di unione fra le nazioni come fra gli individui. Tutto ciò era pompa e parata - ma i presupposti presero bentosto la rivincita e, in con– trasto a questa luccicante filantropia, generarono la teoria della popolazione di Malthus, il più barbarico dei sistemi fin qui esistiti, un sistema di dispera– zione che abbattè tutte le be1le frasi di amor del prossimo e di cosmopolitismo; generarono e alle– varono il sistema di fabbrica e la schiavitù mo– derna, che nulla cede all'antica in fatto di inuma– nità e di ferocia. L'economia nuova, il sistema della libertà di commercio, fondato sul lVeallh of nations di Adamo Smith, si rivela cosi infetto di quella stessa ipocrisia, incoerenza e immoralità che in tutti i campi tenta oggi sbarrare il cammino degli uomini liberi. Ji'orsechè dunque non fu un progresso il sistema smithiano i - Lo fu e fu anche necessario. Fu ne– cessario abbattere il mercantilismo coi suoi mono– polii e i suoi ostacoli al commercio, perchè potessero venire in luce i veri risultati della proprietà pri– vata; fu necessario che sparissel"O le piccole preoc• cupazioni locali e nazionali, perchè la lotta dei nosfri tempi potesse divenire una universale lotta umana; fu necessario che la teoria della proprietà privata abbandonasse il sentiel"O puramente em– pirico, della ricerca grettamente obbiettiva, per acquistare un carattere scientifico, che la rendesse responsabile di tutte le sue conseguenze e traspor– tasse la questione sul campo generale umano; che l'immoralità annidata nella vecchia Economia salisse al suo apogeo col tentativo di negarla e con l'ipocrisia che ne è la necessaria conseguenza 'l'ulto ciò era nella stessa natura delle cose. 1 oi ri– conosciamo volontieri che solo l'introduzione o la espansione della libel'tà di commercio ci pone in grado di superare la Economia della pl'Oprietà pri– vata, ma ci riserviamo anche il diritto di frugare cotesta famosa libertà per disvelarne tutto il vuoto teorico e pratico. Il nostro giudizio dovrà essere tanto più severo quanto più gli economisti, sui quali lo porteremo, ci diverranno contemporanei. Perocché, mentre Smith e Malthus non ave,•ano innanzi agli occhi che dei frammenti, gli economisti successivi videro il sistema completo: tutte le conseguenze ne erano scaturite, le contraddizioni erano visibili in piena luce, e tuttavia essi non si sognarono neppure di risalire alle premesse per saggiarne il valore, e assunsero sopra se stessi la responsabilità dell'intero sistema. Quanto più gli economisti si avvicinano al presente, tanto più si allontanano dall'onestà. Ad ogni anno che passa crescono di necessità i cavilli pet• mantenere al livello dei tempi la dottrina eco· nomica. Così Ricardo è più colpevole di Adamo Smith, e Mac Culloch e Mull lo sono più di Ricardo. Cotesta più 1·ecente economia non può essere giusta valutatrice del sistema mercantile, perchè unilaterale essa stessa e tuttora inquinata dei pre– supposti di quello. Solo elevandoci ad un punto di vista superiore all'antitesi di entrambi i sistemi, solo poggiando su una base univerdalmente umana che permetta di c1·iticare i presupposti comuni ad ambedue, sarà possibile assegnare ad essi il vero lol"Oposto. E si ved1·à che i difensori della libertà di commercio sono monopolisti peggiori dei vecchi mercantilisti. Si vedrà. che il rilucente umanita– rismo di quelli maschera una barbarie ignota a questi ultimi; che la confusione di idee dei mer– cantilisti è chiarezza e logica piana, di fronte alla logica bifida dei loro assalitori. e che nessun rim– provero ciascuno dei due partiti può scagliare al– l'altro, che non gli ripiombi sul capo. Perciò anche, Ja nuova economia liberale non riesce a spiegarsi la restaurazione del sistema mercantile preconiz– zato da List, che è viceversa per noi la cosa pil'1 semplice del mondo. La incoerenza e la doppiezza dell'Economia liberale deve di necessità. risolversi nei due elementi che entrarono a comporla. A quel modo che la teologia o rincula nella fede cieca o rompe nel libero pensiero, così la libertà di com– mercio deve produrre da un lato la 1•estaurazione dei monopo1ii, dall'altro lato la abolizione della proprietà pr·ivata. Il solo progresso postttco dovuto all'Economia liberale è lo sviluppo delle leggi che reggono la privata proprietà. Queste sono interamente conte– nute in essa, quand'anche non abbiano ancora rag– giunto il loro pieno svolgimento e la loro chia1·a espressione. Ne segue che, quante volte si tratta di decidere intorno al metorlo più breve per ar– ricchire - quanto dire, in tutte le confrover5ie strettamente economiche - i difensori del libero commercio hanno la ragione dalla loro. Ciò, è sot– tinte.!o, nelle controversie coi monopolisti, non già. con gli avrersarii della pl"Oprietà privata. Quanto le soluzioni di questi ultimi nei pl"Oblemieconomici siano, anche economicamente, le pili vere, i socia– listi inglesi l'hanno dimostrato già da lunga pezza con la teoria e con la pratica. Or noi, con la critica dell'Economia politica, ci proponiamo di ricercarne le categorie foudamen- ~~lliad1\:~~:c::r~1~e~~~~[~'a~ri~~oni~~~:d~t~~t:1~~ ·~ mostrare le conseguenze di ciascuno dei termini di cotesta contraddizione. (Il 6tg1dto a, proulmt mmui-i). Abbiamo pubblicato: FILIPPO TURATI: Al, salvcttagyio clell,e lstltttzioni! (Mi• crolQ()ia politica). - RijJ,·oduzione dal n. 9 della Critica. - c,mt. IO. CARLO KAUTSKY: La Ubertlt nel socialismo, con p,·e– fazione di F. Turati (estratto dal n. IO della Critica). - Cent. 10. EDOARDO MATTIA.: Elezioni in cantpayna; preceduta da un cmno necrologico sul compianto autore ed amico. - Cent. &.
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