Critica Sociale - Anno V - n. 8 - 16 aprile 1895

CRITICA SOCIALE 123 evoluzione. Direttava insomma di quella punta sottile e acuta, di quello specillo lungo e affusolato, che è stromento indispensabile per introdursi con racilità maggiore e con maggiore prestezza nelle carni della storia e nelle viscere del tempo. E poi, a chi si rivolgeva. quest'a1·ma. per essere bran• dita e maneggiata? A tutti e a nessuno; ad una per– sonalità. indeterminata. Non poteva, infine, essere rac– colta e impugnata che da pochi eletti. Ma. un pubblico, invece, in qualche modo predisposto dalla storia, l"aveva la seconda (orza: il pubblico era. il ceto operaio, al quale potera indirizzarsi, immede– simandosi co'suoi interessi economici e, in pari tempo, rispecchiando e animando la virtù morale ed educa– trice in esso latente. Della tacita arpa del lavoro do– vevano finalmente, e per fatalità di sviluppi industriali e di progressi intellettuali, vibrare sonore due corde: quella. del miglioramento materiale e quella della di– gnità morale ; la corda fisiologica e la corda psichica. L'orientazione affaccia.vasi chiara, semplice, pratica. e Andiamo a gradi», essa voleva dire; e un passo alla volta; tutto in un colpo nulla si ottiene. ~ Fu questa seconda forza, infatti, che vinse il pallio; vinse, armata di uno solo rra tutti i nuovi postulati umani; vinse, inalberando solo uno dei molteplici co– lori, di cui è ricca la tavolozza sociale, il turchino, quello del camiciotto operaio; della gamma di risurre• zione fece squillare a diana la nota più semplice e più acuta. E forte eia.mando il principio sociale eletto af– ftnchè tutti gli operai lo udissero, sventolando febbril– mente fra gli evviva la nuova bandiera unicolorata e intonando a. coro la monocorde melodia del povero, ruppe l'alto sonno nella testa cli non pnchi dormienti - e svegliaronsi. Quei cori di acclamazioni, quegli evvh 1 a di popolo, quel vessillo alto levato sommossero le acque stagnanti della coscienza assopita. dei ridesti, i quali sbalzarono il lenzuolo che occultava il loro se~ polcro di viventi, drizzarono il capo trasognato e guar– darono stupiti intorno. Non in molti si videro, è vero, ma. tutti in eguale atteggiamento di persone rideste, col viso eretto, cogli occhi sbarrati e lampeggianti una speranza, colla bocca che si disegnava a sorriso. Il primo tratto di dadi non è sfortunato! Ora, concretiamo. In che si tradusse questo risveglio di proletari f In atti di volgare materialità, in cupidigie di egoistici guadagni! No, - Jn esaltazioni mistiche forse, in invocazioni supernef Neppure. Cotesto primo moto dei risvegliati - esaminato sotto la corteccia - fu essenzialmente una riscossa. della dignìtù. umana, un impulso di benessere civile. Nè la cosa poteva correre diversa. Essa era un naturale ri– flesso dell'apostolato d'idee e di principi, attuato dagli iniziatori del movimento sociale. Ecco il procedimento concreto che il moto osservò. Le società di mutuo soccorso (le sole organizzazioni operaie d'allora., dalle quali si potesse spremere qualche sugo per la scienza e la moralità del benessere) erano, si può dire, tutte presiedute, dirette, amministrate e patrona.te da persone dei ceti borghese, patrizio ed anche chiesastico. Orbene, il sentimento civile esplica.tosi da quelle prime cellule sociali operaie ru quello che spronò gli operai ad affidare le loro associazioni interamente nelle mani di compagni Ji lavoro. Consciamente in alcuni, inconsciamente negli altri, fremeva o vagiva lo spirito della. lnterna;ionale: e l'emancipazione degli operai ne B1a Go dev'essere opera degli operai stessi ». E preludiavano la vaticinata impresa emancipatrice col voler affermare la. distinzione della. personalità morale o civile degli operai dalla personalità morale o civile dei non opera.i, eliminando ogni ingerimento di questi ultimi dalle loro società. di mutuo soccorso. Compitavano in tal modo le prime sillabe del loro rifacimento morale e della loro emancipazione economica. Come tutto, nelle umane cose, si attua a gradi! E a gradi, non solo nell'ordine delle idee e nello svolgersi delle istituzioni, ma benanco rispetto allo spazio, ai luoghi. Cotesto risveglio sorse forse dovunque, o dilagò re– pentina.mente ovunque esisteva una. società operaia di mutuo soccorso1 No, non risposero alla diana dflll'ap– pello se non società dell'Alta Italia, e poche, e disperse. Nessun vincolo tra loro di ordinamento. Ognuna si moveva. e agiva e innovava più da sè e pe1•sè che con altri o per tutti, lieta però ciascuna e incuora.ta quando le giungeva notizia. che altre consorelle facevano quello che essa faceva. L'impulso, il sobillamento vagavano, come si suol dire, nell'aria del tempo; la vis medicalrix si annida.va nella natura. delle cose. 1 più agivano, perchè nell'aura. che si respira.va, nel firmamento cbo si contemplava, nella luce che si beveva cogli occhi, nei profumi dalla terra esalanti, sì sentiva vibrare ..:ome una fresca e inusitata corrente d'ossigeno; si vedevano collo pupille della fantasia. svolazzare miste– riose variopinte farfalle, sbucanti da inesplorate pro– fondità e portanti sulle ali lucenti un motto, un pen– siero, che non erano nè il motto del penoso passato, nè il pensiero del triste presente. Assapora.vasi, infine, come un alito di profetizzata. te1·1·apromessa. Obbedi– vano, i più; nè sapevano a chi, nè perchè. In essi ope– rava l'Incosciente: cotesta forza indomita, che, spregiata e ripudiata dal raziocinio, si ripara nelle trincee d'una leggo naturale e indipendente dall'umano giudizio, e sta immortale e imperturbata tutrice di quello tendenze di progresso, che non sono ancora percepite, afferra.te e manovrate dalla. intelligenza. consapevole. Avviene delle tendenze necessarie del progresso sociale quello che avviene delle funzioni indispensabili allo sviluppo biologico d'ogni individuo. Anche quando noi non pen– siamo menoma.mente ad esse, non le compiamo forse 1 E quest'atto involontario che cosa. è desso se non una fol'za i11cosciente'I Quante di queste forze albergano e negli individui e nelle collettività! E quante sono preziose di sostanza e precorritrici sicure di grandi cose e di grandi epoche! Cosi, inconsapevoli delle virtù riposte nei loro atti, agivano quasi tutti i primi operai ridestatisi a vita novella. E forse nessuno, fra essi, sospett&\'8., neppure lontanamente, che in quella loro azione eliminatrice di uomini d"altri ceti, azione dalle parvenze dispettqse e giudicata rea di nere ingratitudini, covasse il seme, quasi impercettibile, ma vitalissimo, d'un'opera rinno– va.trice di una funzione sociale - la funzione del La• voro - che oggi ancora non corre dolce e liscia, ma va a sussulti e stride per lacerazioni profonde nella sua intima struttura. E a quel primo moto, più negativo che organico, re– pulsivo più che attrattivo, doveva, per una. vicenda che suole svolgersi nella vita come una legge mecca– nica, succedere, presto o tardi, secondo l'azione più o meno vigorosa e adatta. degli operatori coscienti, un brulichio speciale di coesione, di ordine, un movimento d"organizzazione. E si determinò infatti qualche anno dopo in grembo ad una. categoria di operai, che non

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