Critica Sociale - Anno V - n. 6 - 16 marzo 1895
02 CRITICA SOCIALE pisca un profitto maggiore, e neJla schiavitù o nella corporazione di mestiere, in cui J)lancando la li– bera trasferibilità del capilale dall'una all'altra im– presa, il saggio del profitto può essere in ciascuna dh·erso. Ora, anzitutto queste conside1-azioni di :\farx non mi paiono accettabili. Come mai, inratti, il pic– colo industriale, il quale impiega una quantità di strumenti produllivi maggiore de~li altri, venderà i suoi pr'Of.lotuad un valore commisurato al la,·oro, benchè questo valore neghi qualsiasi compenso al– l'impiego, ond'e~li è tsravato, dei mezzi di produ– zione addizionali t F.v1dentemcnte, quelle stesse ra– gioni che escludono la adeguazione del valore al lavoro nella grande industria, le contrastano il campo ancho nella piccola impresa; nè vale punto ad autorizzare la conclusione opposta il fatto pura– mente verhale, cho i mezzi produttivi usati nella grande impresa si chtanitno capitale, e quelli im– piega.ti dal piccolo produttore si chiamino stru– menti d i produzione. (') E così pure, per ciò che ri– flette la schiavitu o la corporazione, è ben vero cho il diretto di concorrenza, caratteristico a que– ste forme economiche, rende possibile la di,•ersiti\ del saggio del />rofitto ne11ovarie imprese, ma non è punto vero c 10 ciò sancisca la adequazione del valore al lavoro; mentre anzi, appunto quando manca la libera concorrenza, il valore può nor– malmente e notevolmente divergere dalla stregua del costo. Ma lasciando pur tullo questo ed ammet– tendo pure che la tesi del ~larx sia vera in ogni sua parte, essa condurrà a riconoscere un carattere storico nella legge del prezzo di produzione, o nella coincidenza di questo col valore, ma non condurr·.\ punto ad ammettere una storicità nella legge del valore. Que3ta rimano sempre, pel Marx, una ed eterna, invariabilmente fissata dalla adeqnazione fatalo del valore al lavoro; e la differenza fra le vario formo economiche è tutta in ciò, che nella piccola industria o nella schiavitù le merci si ven– dono al loro valfl1'e, mentre nella grande industria si vendono ad un prezzo che dal valore diverge. Hst-ce-c/at,•1 Le altro obbiezioni del nostro critico sono meno rilevanti. Non vi ò stata infatti, da mia pai•te, al– cuna contraddizione, se ho lodato il procedimento dialettico, pel quale Marx passa dalla lotta per la elevazione del saggio del più-valore alla lotta per la elevazione del saggio dol profitto, e ho censu– rato la teoria della di\rergenza fondamentale del prezzo dal valoro. La dele,•minazione del profitto e del saggio del profitto non contraddice per nulla alla detel'minazione del più-valore e del saggio del più-valore, nè la lotta poi• la elevazione del primo contraddice alla lotta per la elevazione del secondo; qui si hanno due lati di uno stesso renomeno, che paciflcamente coesistono, di cui l'uno è l'amplia– zione e l'elevazione dell'altro, o che il Marx ha magisti-amente analizzati con ordine mirabile di in– dagine e di ragionamento. Ma invece il prezzo di produzione è la negazione della legge marxiana del valore; o perciò qui non siamo più innanzi a due fatti che coesistono, ma a due categorie, di cui l'una esclude spietatamente l'alh'a e la annienta, ridu– cendola ad una entelechia, ad un noumeno, ad una vanità che giammai non s'invera. Sia, soggiunge sempre il mio contraddittore; ma allora qualunque valore è un noumeno, perché il valo1· di mercato dei prodotti non coincide mai col loro valo1·0individuale. ~fa a ciò posso facilmente ( 1 ) I.a concl111lonedel ~fan diviene veramente utlona.le quando 1I tenga couto di un elemento, dal quale egli fa comple ta a1tra– zlone - dell'lnftuenu del capitale tecnico a.d attenuare l:t lnten• 1ità del lavoro; ma non è men certo che, nei limili delle Inda– gini del Marx, la ,ua coneluelone è ln1oslenibile. conlrapporre l'autorifa dello stesso Marx, il quale ci dice che il valore normale delle merci, se non coincide col valore di ciascuna merce, coincide però col valore individuale delle merci prodotle nelle condizioni medie, e che fo-rmano la grande massa deUe merci stesse. (III, 1.•, 157). Inoltre, anche se il valor di mercato divergo dal valore indh•iduale dello merci, questa di\rergenza ò accidentale e temporanea, non permanente, per– ché a lungo andare il. valor venale dei prodotti de,re coincidere col loro valore di costo individuale; mentre invece, dato il dogma di Marx, il prezzo di una merce non può mai logicamente coincidere col suo valore, o cofla quantit..i di lavoro in essa con– tenuta, e quindi si ha veramente un valore irra– zionale, che è, come già ebbi a dire (e il Labriola avrebbe dovuto citare tutta la frase), avuls o non solo dalle leggi della realtà, ma ,ta quelle stes.se del penste1·0. Qui ci troviamo dunque di fro nte ad una cost1•uziouefantastica, che non ha riscontro in alcuna delle categorie metafisiche, fin qui ideate dagli oconomisti o dai socialisti più visionari, e della quale auguriamo, pel bene della scienza e del metodo positivo, che il suffragio degli intelligenti le ne111tiper sempre l'accesso nel campo delle in– dagint sociali. Infine io sarei, secondo il mio censore, in con– traddizione, perché ora affermo assurdo il concetto di un valore totale, dichiarando il valore nulla più che un rapporto di scambio - e ciò dopo avere nell'Analtst riconosciuta l'esistenza di una sostanza del valore. Ma quando io, nell'Ana{(si, parlo di una sostanza del valo1-e,mi riferisco soltanto alle sin– gole merci; e, rispetto ad una data merce, npn vi ha dubbio che possa parlarsi di una sostanza del suo valore, la quale è costituita dalla quantità di lavoro complesso a cui la merce ò ridotta, e serre a determinare la proporzione, in cui quella vien permutata co1l'altre. Non però io ho pal'lato mai di un valo1·0 totale, nè ho mai preteso di rivolge1·e ad esso alcuna indagine, o di escogitare a suo ri– guardo alcnna legge. Nemmeno io nego che si possa (come fa ad es. Ricardo nel Cap. XX dei suoi Prtn– clpf) usare la frase < valor totale delle me,·ci • ad esprimere la quantilà di lavoro impiegata nella 101•0 produzione. E questione di nomenclatura, che perciò appunto non ha alcun rilievo. Ma ciò che 10 nego è che, per ciò solo che si conviene di chia– mare valore totale la quantità di lavoro produ– cente la totalilà delle merci, si proclami poi l'esi– stenza di una legge economica, che adequerebbo il valor totale delle merci alla quantità di lavoro in esse contenuto. Ciò ch'io contendo, è che si possa attribuire alcuna importanza a questa adequazione tautologica, o che si possa poggiare sovr·essa la diresa di una dottrina così fonaamentale, qual è quella del valore. . . . Ed ora, uscendo dall'arido campo di queste anti– critiche e schermo spossanti, ,•orrei, innanzi di chiudere, rivol~ere al brillante mio contraddittore la preghiera di non sciupare in vane difese del– l'e,·rore l'ingegno forte che la natura gli ha dato e di consacrarlo. con animo schietto e devoto, alla serena e coscienziosa ricerca del vero. Ed una stessa esortazione, una preghiera fervente del pari, io ri– vol~ a lutti quei socialisti, altrettanto ricchi d'in– telhgenw, quanto di cuore, ai quali mi avvicina una simpatia cosi viva e cosi sincera. ·Anzichè rin– serrarsi nella cerchia di ferro del sofisma, anzichè precludere meditalamenle l'accesso alla verità, pel timore d'esserne sopraflatti, apritele, in nome del cielo, tulle le porle, si che il sole della scienza e del vero vi illumini e vi benedica. Non temete che
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