Critica Sociale - Anno V - n. 5 - 1 marzo 1895
CRITICA SOCIALE 75 classe servile, cui i conrorti di un'altra. vit& persua– dovano a sopportare le più feroci angherie del capi– tale; non possiamo spiegare la nuova funzione della donna nei campi che erano esclusivo monop,lio del– l'uomo, se non in una organizzazione economica dove la grande industria abbia rivoli1zionate le antiche con– suetudini. :f: collo sviluppo del sistema economico bor– ghese che la donna può uscire dalle anguste pareti domestiche, dove era stata ristrella per tanti secoli, e comparire con un ufficio nuovo in mezzo alla intensa atth•ità produttrice della nostra epoca ( 1 ). Scomparse le piccole botteghe e le piccole manirat– ture, le grandi industrio hanno accolto salariati di ambo i sessi, distruggendo così i ,·ecchi pregiudizi che alla donna assegnavano il solo ufficio della. famiglia. Asso– ciata all'uomo nel campo dolla produzione, la donna potò sentire che il suo valore sociale ora comparabile a quello del suo compagno di fatica: la sua funziono nuova cessò di sembrare qualcosa di antiestetico o di innaturale ed entrò a rar parte di un sistema nuo,•o di idee. In questo ambiente spregiudicato o rinnovato, a misura che le classi modio, stretto datraccentramento della ricchezza, devono chiedere resistenza al lavoro intellettuale, le donne di queste classi tro,,ano aperta la strada delle proressioni o degli impieghi. È per questo che, noi paesi do,·o la grande industria ha pre• parato le condizioni di sviluppo, sorgo e si allarga questo renomcno curioso del te,-;o sesso. Ma in Italia la grande industria o manca od ò o.ne– mica, e mentre da una parte l'impoverimento dolio classi medio ha creato in esse un numeroso celibato remminile, dall"altra la persistenza d'un'organizzazione economica tra la reudalo e la borghese ha di gran lunga ritardata l'e,,oluzione del pensiero. Mentre questa con– siderevole rorza di atth·ità. rcmminile si viene sciagu– ratamente accumulando, la nostra società. non ha ancora trovata la valvola di sicurezza che la sprigioni. Feno– meni questi molto rrequenti in Italia e che hanno ratto o raranno, del nostro paese, il paese classico dello ri– volto. Attardata l'evoluzione economica, il vecchio am– biente, non rinnovalo dalle esigenze della.grande indu– stria., è rimasto immutato: la donna delle classi medie si considera. ancora in Italia. come esclusivamente riserva.la alle funzioni dell'amore e della maternità, anche quando queste runzioni sono impedite da un celibato coercitivo. Ma se anche l'esperienza d'altri paesi persuade molti a considerare le nuove runzioni sociali della donna con uno spirito meno gretto o misoneico, sta sempre il loro egoismo individuale ad impedire che queste nuove fun· zioni si esplichino anche in Italia. Miseri o scarsi gli uffici a cui possono applicarsi le atlivitb. iotelleltualì con certezza di ricompensa, troppo runesta l'abbondanza di lavoratori intellettuali sorta dallo scomparire rapido della piccola proprietà e dal– l'assenza di una larga produzione industriale, rigido e posante l'accentramento di un vero Stato-provvidenza che viceversa provvede poco e male, tutto ciò ha ge– nerato in Italia una massa di disoccupati che aspettano invano l'adeguata retribuzione degli studi compiuti. La lotta per la vita, se è diventata più unirorme o ri– stretta solo a pochi campi, si ò per compenso ratta più aspra e più accanita; ogni concorrente nuovo non può, ('I Veggul per lo niluppo di queslO concetto: Dott. A?ou, KULIS<l!OPP: Il monopolio tull'Momo (t.• edlz., MIiano, f894; Bibllo• teca della Critica Soctale). per l'egoismo naturale dei lottanti, che essere riguar– dato come un nemico ignoto, che bisogna al più prc11to allontanare o distruggere. Ora, nessun concorrente può essere più terribile della donna, che per la meravigliosa attività che le viene dalla sopprossiono della sua vita fisiologica e per la minore retribuzione a cui può von• doro la sua forza di lavoro, si trova davanti all'uomo in una condizione di superiorità. indiscutibile. Nei paesi, in cui le donno delle classi medie non hanno ancora assunt e le loro nuovo runzioni sociali quando già la rata.le crisi della disoccupazione è entrata anche nel proletariato dei lavoratori intellettuali; ivi, come in Italia, esse non trovano solo rostacolo enorme dei vecchi pregiudizi e delle vecchie abitudini, ma tro• vano ancora quest'esercito di combattenti per I&vita, cosi disperatamcnto deciso a respingerle, da non lasciare spe1·anza che alcun idealismo pietoso possa schiudere la via al libero sviluppo della loro indivi– dualità. L'idealismo di cui si accompagna l'eterno fem• minino, ancora così soavemente colorito dall'arte, non è anzi che lo squisito egoismo delle nostre classi colle che, riOutandosi di concepire la donna fuori dei desi– deri e delle aspirazioni femminili, può giudicare anti– estetica l&sua intromissione nei campi monopolizzati dall'u(lmo. Cosl l'omaggio vivo di poosia che saluta nella donna la dispensiera desiderata dolio. dolcezze d'amore, in mozzo a queste spaventose contraddizioni economiche, cho, come sopprimono la vita fisiologica remminilo, condannano all'inerzia tanta attività. intellettiva ma– schile, diventa mezzo a liberare l'uomo da una con– correnza che egli teme o che gli sarebbe runesta. Per queste 1·agioni,che originano da una evoluzione economica ritardati) e incompleta, la donna delle clas5i medie d'Italia, non tronndo ancora un ambiente rinno• valo dall'influenza trasrormatrice della grande industria, non tronndo più una lotta per la vita abbastanza mite da consentirlo la concorrenza coll'uomo, devt>, colla. rinuncia alle sue funzioni di moglie e di madre, rin– chiudersi in una sterilità., che non è solo biologica, ma ancora sociale. Meno rortunata della sua compagna in– glese, essa deve, senza lo spiritualismo confortatore della religione, serrarsi in una. nuon clausura che ri– corda quella dei monasteri caltolici, e tanto più dolo– rosa. in quanto i contatti colle passioni agilate del montlo lo avvivano i desideri e le tentazioni. . . Se, seguendo il NO\'icow nel suo ultimo libro sugli Spe,pel'i ncue società moderne, noi distinguiamo l'adat– tamento passivo, ossia l'azione dell'ambiente sulrindi– \'iduo, dall'adattamento attivo, ossia dall'azione dell'in– dividuo sull'esterno, dovremo concludere che in Italia le donne delle nostre classi medie non subiscono che un adattamento passivo. Le irritazioni che, secondo il Novicow, sono conseguenn di questa passività rormano la caratteristica del loro temperamento i esse subiscono lo condizioni di \'ita. a cui le costriuge l'ambiente senza poter reagire su di esso per trasrormarlo, e quindi lo adattarsi della loro vita. psicologica e fisiologica ad una inerzia che ne sopprime le energie importa in loro qualche cosa d'innaturale e di malato. Quell'idealismo cosl isterico o cosl lontano da.Ilarealtà della vita 1 quella volubilità. nei desideri o negli atretti, quegli ardori ascetici vivi ed intensi, sono in gran parte il prodotto dell'adattamento della. loro psiche alle condizioni di ambienle: sono renomeni correlativi al loro perverti– mento fisiologico.
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