Critica Sociale - Anno V - n. 2 - 16 gennaio 1895
20 CRITICA SOCIALE Ma non è la mia, no. Io ho fede - e l'ho inconcusso. - che il socialismo in llalia, là do,·e non può allietarsi di trionft pieni e completi, ma. dove però non è più nelle fascio Impotenti del lattante, può e deve - si– curo di sè - coalizzarsi con altri, volendo pur esso !a sua parte effettiva. di dovere e di lavoro pel consegui– mento di quelle immediate riforme sociali,che sono un balsamo per tante crèature sofferMti e spianano, in pari tempo, la via o.Inostro gro.ndoideale umano. O. Gsoccm Vu.r-.1. TATTICA ELETTORALE Il nostro parere. La tattica é per i partiti quello, a un dipresso, che la morale ò per gli individui; una runzione difensiva della vita e dello sviluppo. Quanto pii, la ,•ila diventa cosciente, quanto più i suoi intrecci si fanno complessi. tanto meno é possibile affidarne la diresa ai soli moti impulsivi ed inconsci del– l'istinto; la difesa diventa un'arte delicata e difncile, che muta rapidamente col mutare delle circostanze e delle opportunità. Che cos'è la difesa! Un adattamento continuo, ora di sè alle circostanze, ora delle circostanze a sè; adattamento, a volta volta, passivo od attivo. Lo ~rorzo di voler adattare a se circostanze impe– riose, a modincare le quali non bastino le forze, conduce a un dispendio di energie eccessivo. qualche volta alla ro\•ina dell'organismo in collisione col– l'ambiente. Una !l'oppo agile corrività ad adattare sè alle circostanzt:) è più consona alla conservaziòno immediata della vita; ma guida allo snaturamento, alla obliterazione del carattere proprio, all'atrofia :erfj~ re~f~ 11 fr ~ib:iz~~~n: d~ ~~~~-i~. ~~a:touè ciò che si chiama volgarmente l'« opportunismo,. Il suo risultato è questo: che dell'antico organismo, a lungo andare, rimane la maschera; ma il con– tenuto, dentro, è sostituito, pe1· supposizione lenta ed inavvertita, corno nelle conchiglie fossili quella che era polpa è divenuta calcare. Gli intransigenti, in un partito, hanno l'ufficio pei- l'appunto di am• monitori e di vigili, per impedit•ne le degenera– zioni, quasi custodi e Vestali dell'anima sua. Di qui si deduce che tutto, nella tattica, è que– stione di tempo e di misura; come del pari nella morale degli individui sviluppati e coscienti. La morale è la scienza dell'utile a lunga veduta; scienza che si fa arte, sentimento, abitudine. La forza d'inerzia tende a cristallizzare cotesti accorgimenti difensivi in formule semplici, facili a ritenere e a trasmettere: ecco gli aforismi, i precetti, i deca– loghi: ma la loro semplicità medesima le espone a disseccarsi, a pietrificarsi, e allora non servono pili a nulla, anzi fungono da corpo estraneo ed ingom– brante, se non si operano su di esse nuove trasfusioni di sangue 1 se non si riconducono alle ragioni che le hanno determinate e che nel corso dei tempi si sono neglette e dimenticate. La conclusione è staccata dalle premesse, il fiore é stroncato e di– velto dalla radice; al simbolo si attribuisce una entità reale o chiusa e completa in sè. Allora quel che fu strumento diventa ostacolo, ciò che doveva esser dominato domina. Ci vuole del coraggio, del• l'energia, per gli uomini, per le scuole, pei partiti, a lacerare le proprie formule, i principì accettati e fondamentali, per conlt'Ollarne il contenuto, per rimetterli a nuovo; vi è sempre un certo bigot– tismo formalistico, fatto di misoneismo e di poltr-o– neria, che grida al sacrilegio. Pure da Eraclito a Hegel e da Hegel a noi, il mutare è l'unico modo di conservare. Quai se il noS-tro simbolo diventa un'escara secca, che è sterile e che isterilisce do– vunque impera: allora si che davvero diventiamo una « chiesa ». La crisi che percosse il nostro giovane partito, e che ci verme dal di fuori, assai pili presto che non fosse desiderabile per noi, ci impone, prima del tempo, uno di cotesti riesami, mentre l'organi– smo ideale del pai·lito non era ancora sufficiente– mente ossiOcato. Ed infatti ecco che il nuovo adat• lamento che dobbiamo subire fa balzar fuori obie• zioni e dubbiezze che la formula di Reggio Emilia aveva a mala pena dissimulate, ma che non erano ancora, nel corpo del partito, ah'Ofiz1.atee distrutte. Tuttavia la cura 11elosadella tattica è indizio e al tempo stesso cagione di vitalità e di salute; noi quindi non ci dafiamo delle contese che vediamo nascel'0 intorno a noi, o ci pl'Oponiamo di conside– rare le varie opinioni con serena obiettività e con la maggiore e piu imparziale deferenza. . . . Balziamo, da queste astrattezze, nel centl'O vivo e concreto della questione. Noi adel'immo, il lettore lo ricorda, al voto dei socialisti milanesi, ai quali parve che, per essi e por queste imminenti elezioni amminish'ative, il metodo migliore - sah•o il caso di un deliberato diverso di Congresso nazionale - fosse di accordare alla lista radicale largo, sincero e positivo appoggio, affermando al tempo stesso il partito su alcuni nomi esclusivamente propri. Questo metodo parve ad essi non solo il miglioro in sè, ma ancora il pili. coerente, il solQ coerente, ai deliberati precedenti ~fisra~s!~~ ~~nPo~1~~ - cioè alle intime ragioni cho Perché, si dissero, la nostra ostilità pei radicali non era dell'arte per l'arte. Essa serviva ad affer– marci e distinguerci; e, se si spingeva sino all'abo– lizione di ogni contatto, ciò non nuoceva finché lo sviluppo del nostro partito aveva ad ogni modo libero campo. Ora non è più cosi: la Vandea ci ha sequestrato tutte le libertà, ci ha tolto l'aria per respirare. Ora le dilferenze che esistono rra i varii partiti della borghesia, che ieri non ci interessa– vano, che noi nella pratica ben potevamo trascurare, acquistano un valol'e effetti\'O anche per noi. Non è più lecito dire quel che era lecito solo per bre– vità d'eloquio, ch'essi formano di fronte a noi una sola massa reazionaria. Economicamente ciò è vero. politicamente è uu errore, e la questione nostra, oggi, è essenzialmente politica. Noi dobbiamo dunque aiutare quello dei partiti borghesi che per indole o per tornaconto ci è più sincero promettitore di liberta.. E a questo possiamo rioscire senza nulla disfare e distruggere di quello che la tattica in– transigente ci ha dato di buono, anzi conferman– doci in essa. L'atteggiamento votato dai milanesi raggiunge entt•ambi gli scopi. Ad assicurarli meglio, una successiva t·iunione decise che non solo i can– didati della lista socialista, ma eziandio i socialisti tutti, non dovessero consentire di lasciarsi portare nelle liste di alcun alh'O partito, il radicale com• preso. Lttobiezioni, mossaci da Arturo Labriola in questa stessa Rivista e da Leonida Bissolati nella Lotta at classe, non ci smuovono dalla nostra opinione. La lettera briosa del Labriola prova, secondo noi, una volta di pii1, quanto poco l'arguzia e la canzo– natura equivalgano alle buone ragioni. In realtà egli ci concede assai più di quanto ci abbisogna quando dichiara che in politica l'agire secondo pre– ventivi fissi od immutabili è irreparabile errore; o
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