Critica Sociale - Anno V - n. 1 - 1 gennaio 1895
6 CRITICA SOCIALE valore coi nuovi metodi di produzione •· (Il mani– festo del parWo comunista, edizione della Critica Sociale, pag. 21). La trasformazione dell'economia borghese nel– l'economia socialista - abolendo la proprietà pri– vata dei mezzi di produzione e di scambio - abo– lisce necessariamente il parassitismo e lo sc1:occo organizzato che oggi si chiama commercio. E Ja società che si prende 1 prodotti del lavoro di tutti e li distribuisce secondo i bisogni. Ciò,che un indi– viduo, una corporazione o un'arte ha prodotto, non spetta al produttore individuo o alla produttrice arto o corporazione. La formula « la terra al con– tadino, l'officina all'operaio, la miniera al minatore~ snatura la dottrina collettivista, riducendola entro gli angusti confini dell'associazionismo mazziniano. Ancora: Espropf'iati i detentori dei mezzi di pro– duzione e assunta dal1a collettività. 1avoratrtce la gestione dell'azienda sociale, dalla somma comples– siva dei prodotti essa collettività detrae le spese occorrenti ai servizi pubblici (trasporti, viabilità, irrigazione, ecc.). I piccoli proprietari che, secondo l'affermazione da noi combattuta 1 potessero conti– nuare a sussistere, come classe, negli organismi della proprietà sociale, dovrebbe1•0 delle due !"una: O chiudersi nel loro guscio, acconciandosi a vivere delle riso1·se del guscio stesso; oppure, per fruire dei vantaggi del lavoro sociale, portarne alla so– cietà i prodotti. Strane ipotesi entrambe! Nel primo caso, quei poveri proprietari dovrebbero ritornare agli usi dei trogloditi; nel secondo, la società farebbe dav– vero un affare grasso tollerando che un certo nu– mero di persone si pigliasse il divertimento di col– tivare una certa superficie di terreno con metodi buttati dalla evoluzione tra i ferravecchi e 1•icavan– rione quindi un prodotto infinitamente inferiore a quello che se ne sarebbe avuto coll'incameramento di detta terra nel patrimonio collettivo. Un coscienzioso ed erudito sociologo, Napoleone Colajanni, a pag. 482 del suo ultimo libro Gli av– venirnenti di Sicilia e le loro cause, scrive: lo non esito a dichiarare che il principio del di– segno di legge agraria Crispi (spezzamento del latifondo) era. equo ed opportuno, era rispondente alle condizioni del momento, e, sebbene combattuto ad un tempo dai socialisti e dai latifondisti - senza. distinzione di co~ lore politico - sarebbe riuscito bene accetto e giove• vole ai contadini ed a.i proletari. Nè, ciò dicendo, credo derogare alle teorie socialiste, che da anni sostengo, come in altro luogo e in altra occasione cercherò di dimostrare. Non pare al coraggioso e onesto deputato di Ca– strogiovanni che migliore occasione della presente polemica internazionale difficilmente gli si presen– terebbe1 Noi gli facciamo sin d'ora il saluto del– l'armi. . . . Fin qui ci siamo soflèrmati alla questione di prin– cipio. Veniamo ora. alla questiono di tattica, esa– minando se l'artificio della tutela della piccola pro– priet;\ possa riuscire vantaggios!l al partito sociahsta: ed usiamo scientemente la parola « artificio », in quanto che non vogliamo recare ingiuria ad alcuno, supponendolo convinto della possibilità di un'azione efficacemente p1•otettrice di questi miseri scampoli, che danno ad un certo numero di poveri diavoli l'illusione della proprietà. Se mai, la tutela della piccola proprietà spetta ai partiti ultra-conservatori. Sono essi che se ne possono servire per tentare di contrastare il passo alla legge di concentl'!1zione,che mette nei fianchi B1h1oteca G no B1nrc-c del capitalismo, affrancatosi dall'economia feudale, l'embrione della società ~ocialista. Non importa che simili Rartiti si etichettino, nella farmaceutica della ve~hia politica parlamentare, di liberalismo acceso: sostanzialmente essi rappresentano una tendenza istintiva a reagire contro il capitalismo che uccide la proprietà. individuale, epperò sono interessati a mantenere quelle nUances, che attenuano le divi– sioni di classi aspre e recise onde la lotta si se!I).1 plifìca e si avvicina sempre più alla decisiva bat– taglia. Ma, come simili tentativi son fatalmente vani e la condanna della piccola proprietà è irrevocabile. il partito socialista deve far ciò che esso solo può fare: illustrare, agli occhi dei piccoli' proprietari, la ragione intima ed indistruttibile della loro dan– nazione, mostrando la inanità di ogni re:tistenza e l'ipocrisia della borghesia che, quando si dà l'aria di proteggere le sue vittime con disposizioni legi– slative, mira effettivamente - col mantenerle nel miraggio ottico di un possesso fittizio - a rendersele solidali nella difesa dell'o1·ganizzazione economica attuale. i/organizzazione dei piccoli proprietari per la difesa dei loro interessi immediati - per es. con l'adozione e l'applicazione pratica di progetti uso quelli propugnati in Italia dal deputato :\faffei (co– stituzione di consorzi per l'acquisto del bestiame, de11esementi, dei concimi, ecc.) - non può essere decentemente appoggiata e tanto meno iniziata dal partito socialista. Essa rappresenta, come si disse, un'azione ultra-conservatrice, epperò in antitesi profonda ed irreconciliabile con l'azione socialista, che è per natura e per fatto rivoluzionaria. Di più: una siffatta classe, o, meglio, un siffatto ceto, organizzato per fronteggiare disperatamente l'evoluzione, costituiscono un pericolo permanente per noi. Come una compagnia di soldati di ventura o una pattuglia di deputati agrari, essa si terrebbe pronta a vendersi al migliore offerente, a quel qualsiasi partito di governo che le lasciasse cadere qualche briciola ristoratrice. Al contrario della re– sistenza dei salariati - che mira, sotto la pressione della coalizioue, a sospingere la bor!(hesia verso la bancarotta, perfezionando sempre più gli stromenti di pro<luzione ed armando così di sempre nuove armi il braccio del proletario - la resistenza de11a piccola proprietà tenta arrestare la parabola della <civiltà• borghese. Dunque, non ad una azione economica deve il partito socialista condurre i piccoli p1•oprietari; bensl alla lotta politica per la elevazione delle condizioni morali e materiali del quarto stato, ove eglino in J}arte son già caduti e gli altri vanno precipitando. Questa la nota portata da Liebknecht e Bebel nel recente Congresso della democrazia socialista tedesca a Francoforte, e da Marx ed Engels già fatta vibrare circa mezzo secolo prima: l ceti medi, piccoli industriali, piccoli mercanti, ar– tigiani, agricoltori, combattono tutti la borghesia. per consenare la loro esistenza di medio ceto. Non sono dunque rivoluzionari, m& conservatori; piil ancora, sono reazionari; essi tentano gfrare all'indietl'O la 'ruota della $l01·ia. Se mai sono rivoluzionari, non lo sono che in quanto si sentono minacciati di cadere nel prole– tariato, ed allora non difendono già. i loro interessi del momento, ma quelli dell'avvenire e abbandonano il loro proprio punto di veduta per collocarsi a quello del proletariato. (Manifesto, ecc., pag. 24). Ci si obbietterà che, procedendo in chiave di programma, il partito socialista stenterà assai ad irreggimentare intorno alla propria bandiera lo
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