Critica Sociale - Anno IV - n. 21 - 1 novembre 1894

330 CRITICA SOCIALE l'attore o dall'oratore. Questi deve serbare il suo sangue freddo, mentre gli uditori tutto dimenticano e arrivano al monoideismo, finchò dura la sugge– stione sentimentale. E come fra i garibaldini ci può essere uno pii1 o cli\lersamente coraggioso di Garibaldi, cosi fra gli udito1·i vi può essere uno più o diversamente al'lista e intelligente dell'attore o dell'oratore. Lo stesso avviene per l'intelligenza della folla. Sighele dice che, quando l'oi-atore getta un'idea nella folla degli uditori, questi, so ne 1•estano sug– gestionati e applaudiscono, dhrentano dei seguaci, cioè degli inferio,·i, non de(tli eguali. Non è esatto. In iscuola, 111 un comizio, in tri– bunale, in un'assemblea l'oratore che dice ve,·a– mente delle cose, non delle parole soltanto, eleva il livello intellettuale dei suoi uditori. non solo perché accresco il loro patrimonio attuale di cogni • zioni, ma sopratutto perché dà loro per l'avvenire un metodo, una lente ed una bussola per osservare il mondo. Il fra gli uditori può esservi chi resta al disotto di lui, se è ingegno polente - e questo è evi– dente - ma può esservi chi lo superi. Qualche volta il discepolo passe,•.\ il maestro, meno nel– l'arte. ma piu nel metodico lavoro della scienw. Ciò non toglie, ripeto. che realmente i senti– menti (moralità) siano più comunicabili che le idee (intelligenza) ed una delle ragioni può essere quella indicata dal . ighele, dei segni di espressione, pili precisi e compfeti, e quindi più suggestivi per le emozioni che per le idee. Un'altra, e più fonda– mentale, può essere che i sentimenti toccano più da vicino, che non le idee, la base stessa della vita animale comune ai viventi; un debole di mente può procaccial'si da vivere, ancho allo stato sei vaggio; ma un uomo, che non senta il dolore (questa sentinella della vita) o l'istinto di fame, di sete, ecc., muo1·0 inevitabilmente o presto. È quindi sempre questione di grado, nella comu– nicabilità ccl addizionabilih\ così dei sentimenti come delle idee. Ma poi Sighele e 'l'arde qui trascurano comple– tamente l'altro lato del fenomeno, l'influenza della folla sull'iudividuo, 11011 solo per i sentimenti (ciò che fu fatto appunto colla teoria del delitto colle!· tivo) ma anche per le idee. Già il proverbio dice che« quattro occhi vedono pii, di due >. E so l'opera ciel genio (forse auche per la gran parte che vi ha il sentimento e l'im– maginazione, secondo le osservazioni di Hux.ley) è opera più individuale di ogni altra, tuttavia, né in e sa si deve escludere razione della intelligenza collettiva, nè questa si può disconoscere in quella forza, ben più continua le quotidiana, della evolu– ziona umana, che è l'opera ciel talento. Chi sa dire dove e da chi abbia avuta una clala immagine il poeta che }a rende immortale coi suoi versi? Forse eia un intelletto mediocre, in una conver– sazione fugace o insipida per tutto il resto. lo ho provato, dopo le mie lezioni all'Università, quanto utile mi venga dalle osser,•azioni fattemi da questo o eia quello dei miei uditori e ch'io non avevo fatte e che a me poi possono servire di scin– tilla per illuminare tutto un vasto campo cli ulte– riori osservazioni. « Il 11 a quetqu'un qut a J)tus a·es1n-tt que M. De vouat,·e; c·est tout le monae. • Ecco la con• ferma di questa mia affe1·mazione. Il cervello d'un genio o artistico o scientifico può riassumere e coordinare e fecondare in sè moltissimi fra i lati dell'influito poliedro della vita; ma migliaia di cer– velli, siano pure mediocri, ma pregni d'esperienza ed osservazioni, infinitamente diverse e più svariate, Bib ioteca Gino B1arco sia pure embrionali o frammentarie, abbt'acciando quell'infinito poliedro da un numel'O maggior-e di lati, mettono in luc0 cose e idee, che il cer,•ello di un genio da solo non vede. Il calzolaio vide l'errore nello stivale scolpito dall'a1·tista greco, così come si na1·1-adel contadino toscano che nel cavallo plasmato da uno scultore di genio scoperse che manca, 1 a11O quei due bitorzoli senza pelo che stanno alle ginocchia di tutti i ca– valli. l3isogna provare. per esempio, in una riunione di stuaenti, di operai o di conladini: gettate là un'idea che vada al midollo dello cose, e ve la sen– tirete poco dopo rimbalzata dai cervelli di questo o di quell'uditore, r-info1·zàta,corretta, ampliata da ·cento alt1•e osservazioni e l'ilie,•i parziali, che, ri– manendo frammentarì e isolati nel cervello o de– nutrito o inesperto o incolto di chi le fa, restano nel vuoto, come seme che non può gettare radici nell'arena circostante. Ma, per una parte, quell'altra idea, specialmente se direttiva e metodica, svolta dall'o1·atore, coordina e rafforza lo idee frammentario e deboli degli udi• tori e quindi eleva il loro diapason, intellettuale; e, d'altra parte, le osservazioni di rimbalzo, fatte dalla collettivWt, fecondano e rafforzano il mecca– nismo intellettivo dell'individuo. Vale a dire, amico Sighele, che è inutile correr dietro alle bolle di sapoue, come l'io aell'alomo, che è una contraddizione in termini, dacchè atomo è l'individuo vero e solo, cioè l'indivisibile e il semplice, ed to invece significa risultante complessa (conscia od inconscia) di molti elementi psichici primordiali. Dovo non c'è collettività non ci può essere l'io: e la psicologia dei micro,·~anismi fatta dal Binet è possibile solo, perché il piu semplice dei microrga– nismi ò sempre una colleltivitil, redemta e diversa, di cellule viventi. Vale a dire, infine, che la conclusione finale è precisamente l'opJ)OSto:non è che unirsi, nel mondo, voglia dire peggiorarsi o indebolirsi. La realh\ è che non si vive se non vi ò unione; pe1~chè,come dissi altrove, Robinson Crosuè, che sarebbe l'ideale umano cosi dell'individualismo come della sua logica conclusione, non può essere che una leggenda o un caso patologico. Ma poi, come sarebbe stata. possibile revoluzione dal microbo all'uomo e dall'uomo selvaggio all'uomo civile, se l'unione, cioè l"associazione, volesse di1·e peggioramento e indebolimento?!... E non è tutta l'evoluzione, in sostanza, un processo di crescente associazione o riunione? Ve1·O è che Sighele applica la sua osservazione soltanto alle forme rist1·ette e piìt o meno transi– torie dell'associazione umana, anzichè al fatto co– . stituente ed universale della società umana. E questa limitazione rende in qualche parte ac– cettabile, cioè rispondente alla realtà delle cose, la sua conclusione. , Ma, malgrado questa distinzione necessa1·ia- già eia me fatta fln dai primordi tra psicologia 1,uttvt• duale, psicologia collettiva e psicologia sociale - io credo tuttavia che in ogni e qualsiasi manife– stazione della materia inorganica ed organica, dal– l"aggregazione e combinazione degli atomi n,ell'or– dine sideJ-ale o chimico sino all'aggregazione e combinazione delle sensaiioni ed idee elementari nell'ordine psicologico individuale e dei sentimenti o delle idee individuali nell'ordine della psicologia collettiva e sociale - sempre si deve dire che « l'unione fa la forza ». E mi par,·ebbe fare offesa all'ingegno del Sighele se credessi necessario indicargliene qui le prove,

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