Critica Sociale - Anno IV - n. 18 - 16 settembre 1894
284 CRITICA SOCIALE Ond'è, che dal I libro del Capitale non sa com - prendersi come mai la plusvalenza, la quale è determinala da due Callori indipendenti dal capitale costante e quindi dal totale del capitale impiegato, (cioè dal prop,·io saggio e dal numero degli operai contempo1-aneamonteoccupati), possa. seconda.1·0 le esigenze, come l'interos e, proprie del capitale, co– stante o no, per se medesimo considerato. Pur troppo, la soluzione di tanti dubbi, il Marx dichiara di r11nandare, por non perdere tempo, al le1·;0 UIJ1·0 (vedi, 1ib1·01, sezione vu, lnl1·oau:zton.e/. Ora. ciò che massimamente a noi importa e i ri– levare è questo, che pure dall'esistenza di alcune forme di reddito, quali l'interesse, la rendita fon– diaria, ecc., comprese in c1uella serie complicata di fenomeni componenti la ,·edtstrtlnuione o dtst1'i– òu,:ton.e de1·ivala della ricchezza, viene fuori la conferma, che le leggi del valore non si spiegano soltanto mercè la produzione e che il principio meccanico del la\l01'0 umano, quale unica determi– nante del valore, è affatto insufficiente alla spiega– zione e coordinazione di tanti altl'i fenomeni, ne– cessariamente rilevati dallo stesso i\fa1·x. . .. Manon è con questo metodo di critica che vogliamo continua1·e. :Molto pili efficace, grazie all'e\•idenza, è il rilevare i contrasti violenti in cui la teoria marxiana trovasi con alcuni fenomeni della vita economica. Su questo campo, la c1·itica del Loria ha di1·etta la sua irresistibile e geniale forza dissolvitrice. Ma, come sappiamo, il Loria è s/ato p,·eceduto, in ciò, almeno parzialmente, dal Marx stesso! li-ano fenomeno, starei per dire pstcologtco, quello in cui viene a trovarsi il grande scrittore socialista: continuamente il si e il no tiel cavo gli tenzona! I.o deduzioni teoriche mmpollanti dalla teorica del valore contrastano di tratto in ti·atto con le induzioni J)o~iti\ 1 0 ed e, 1 identi. E come si 1·isolve il contrasto1 E noto: la \ 1 ittoria verbalmente è data alle deduzioni teoriche, ma la soluzione è sempre rimandata, con un ritmo monotono, ad un altro U/J.-o del Capttale non ancor pubblicato. Possiamo restringere a tre (JJ'UJJPì le contraddi– zioni che la realtà economica oppone al i\farx. a) La teoria riducente il valore al lavoro ,·ende inconcepibile l'impiego del capitale in industrie di– verse da quella, nella quale il capitale tecnico entra nella p1·opo1·1.ione minima di fronte al capitale– salar'ì. A specificazione della critica, ci moviamo le tre seguenti domande. Come spiegarsi,col >ila1•x, la coesistenza di industrie in cui le due formo di capitale si trovano nelle più disparate proporzioni, mentre le industrie le quali cristallizzerebbero una parte maggiore di capitale in forma di capitale tecnico, e per ciò sotto forma non produttiva di profitto, dovrebbero trovarsi in una condizione sfavorevole di fronte alle alt1·e in– dustrie ove il capitale-salarì predomina 1 Si ricordi l'esempio aritmetico addotto nel primo articolo. (') ( 1) A proposllo di que1t'Hem1,10, che pare non sia alato ca1>ilo dal dott. Soldi, aggiungo qualche spiegazione. - f: :usurdo Il credere che la plusYalenu cre11c:,. nelle tlngole Imprese in r::igione del capitale tecnlro e, più 1>reclg,'\menle,delle maccldne lmple– g:uo da ciascuna di eue. Se co,i occodease, 1:irebbe nt-ces1ario ammeuere saggi cll\"ertl di rlus,•:i.lenz.anelle varie Imprese, che è quAnlo dire 1aggl diversi di lt\l:i.rlo, diversll:\ nella lungheua delle glornAle di lavoro, ecc,, lutle cose, codeste, che sono In. compatibili con 11,concorrenu del Javorntori e del capltnllsli. Per ciò, dalo Il medMlmo sngglo della plunalen~:,, l'nmmontare di questa don:\ egsere sempre 1 >roporilont1.le al ca1>llale,·nrlnblle. Ecco perthè noi, nel nollro esempio, abblnmo dato, con capitali costanti di diversa enth:\, ma. con caplt111i variabili uguali, una plusvalenu uguale nel due cui. bs10 1otecal)1no t-S1arco Come, la resistenza e continuazione di quelle produzioni, nelle quali sia dive1'SO il i-apporlo fra il capitale tecnico ed il lavoro, allorquando si verifichi una elevazione genemle di salari, la quale, a causa della speciale depl'essione del saggio del profitto, che and1'0bbe a colpi,·e le industl'io esigenti più elevata proporzione di capitale salari, dovrebbe iwere l'im– mediato effetto, che invece non si ve1~ifica,di ri– tmr1'0 il capitale dalle medesime 1 E, dato quanto sopra, come conciliare i naturali stimoli del tornaconto individuale con la generale e profonda tendenza dell'attuale periodo capitalista, tanto splendidamente illush-ato dallo stesso Marx, alla progl'8ssiva conve1'Sione del capitale-salarì in capitale tecnico, sopra tutto sotto forma di macchine? Per risoh 1 e1·e queste contraddizioni, non ,,i sono che due mezzi, o nega,•e la verità delle premesse teoriche da cui cleri,,ano, ovvero ammettere, che i produttol'i non subi cano lo stimolo del tornaconto, il quale li porte1'0bbeacl accrescere la plusvalenza per mezzo del largo impiego del capitale variabile - e che la libera concor,~enza fra J1roduttori non porti alla perequazione ciel saggio ei profllli. E indubbio, che noi. fra queste due ipotesi, non possiamo esitare: neghiamo la teorica del ,·alo1'0 del Marx. L'uguaglianza, o, pilÌ correttamente, la tendenza a11·u~uaglianza nel saggio del profitto, agente sotto lo shmolo del tornaconto dell'honw reconomicus, indica come siano assurde ed 11·•,·eali le conseguenze che deriverebbero dalla dottrina marxiana nel primo e nel secondo dei casi considerali dalle due prime domande che ci siamo rivolti. li tornaconto dei pro– duttori nega la possibilità del contrasto considerato nella terza domanda, fra l'introduzione erfettiva delle macchine o l'aumento in gene1'0 del capitalo tecnico, e la diminuzione del saggio, del profitto. Ossen 1 iamo che cosa pensi il Marx di queste contraddizioni. Avremo, cosi, il destro di aggiun– gere qualche illustmzione delle stesse. Anzitutto, il Marx riconosce, che nei diversi rami d'industria la proporzionale divisione dell'intel'O · capitale costante e variabile differisce grandemente: tuttavia, non esita a formulare la legge, che, su1i– posti eguali il valore della forza media di la– voro o il grado medio dol suo sfruttamento, le masse della JJlusvalen:a vrO/lotle stanno tn ,·a– otone dintta della u1·anae:;a delle va,·ti va,·ta– /Jtli dei capitali imJ)ie(Jati. Ma questa legge, subito soggiunge il Marx, « è in evidente contraddizione con tulla la esperienza basata sulle apparenze», giacchò chi impiega molto capitale costante e poco capitale variabile non ottiene per ciò un beneficio ossia una plusvalenza minoro di chi impiega molto capitale variabile e poco capitale costante. Di questa contraddizione,secondo crede erroneamente il Ma1·x, la stessa economia classica sarebbe compenetrata. 'l'ultavia, egli non dà alcuna soluzione, perché per questa abbisognerebbe conoscere molti termini in• termedii che ancora non ha esposti. Al futuro, dunque, ad un libro quarto, a quanto pare! (libro 1, cap. x1). Connesso con questo 1irimo caso è pure il secondo, accennato nella seconda nosti·a domanda: il Marx, che pure \"iene ;l. considerarlo implicitamente, non può darne alcuna spiegazione. Acutissime sono le osservazioni del .:\Iarx sopra gli effetti che lo sviluppo del maccllintsnw provoca nella plus,·alenza, intesa a norma della sua teo1•ia. >ilan mano che le macchine si generalizzano in uno stesso ramo di produzione, la ph1s,•alenza torna a derivare dall'impiego delle forzo di lavoro (capitale va,•ia/Jile) che il capitalista occupa con le macchine (capitate costante). Cosi, le macchine hanno per effetto di scemare
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