Critica Sociale - Anno IV - n. 18 - 16 settembre 1894
CRITICA SOCIALE 283 Presi, anzi sorpresi da codesta serie di propo– sizioni e dalle conseguenze che ne rampollano, i seguaci della dottrina ma1·xiaua, come il Bissolati ed il Guindani (Riassunto, ecc. citato del Df;v1LLI-!, AJJJJe1ulice, ecc, pa(!, 31&-310), esclamano con un lieto sor1•isetloiromco: dove mai, o pove1·i econo– misti bo1·ghesi, and,·ete a pescare la ditreren1.a tanto cara a voi fra il valore di cambio della me1·ce ed il laYoroin essa incorporato 1 che forse, o prezzolali negromanti, volete creare il profitto del capitale ea; nihilo, volete infrangere a ser1•izio del vostro padrone capitalista la leggo cosmica della e eguaglian1.a delle forze • I Se non che, a costo di turbai-e tanta letizia da buoni figliuoli, io debbo subilo provai-e,che a base del processo logico e della teoria di C Marx si trovano un 01·1-oreconomico ed un errore di lo– gica massimi, fra loro collegati, dai quali è diret– tamente derivata la negazione socialista del profitto specifico del capitale costante. L'errore economico consiste nell'avere il Marx considerato il valore, per quanto riferivasi all'ori· ~ine ed alla possibili~\ del profitto, come una quali!:.\ mtrinseca e concreta delle merci o non come un rapporto variabile, cioè a dii-e nell'avere considerato i prodotti come valori fissi e già p1'6determinati nell'atto di uscire compiti dal processo produtli1•0 e non già come una quantità di beni economici o di . ricchezze, il cui valore non potevaessere material– mente precisato, ma aspetta, 1 a la determinazione in base alle speciali necessità della produzione capi– i.t'llista,fra le quali si annovera il p1-ofìtto, che, col suo sa11gio essenzialmente variabile, concorre a determ111are il ,•alo1·0relativo delle merci. L'erro1-e logicosi nascondo nel procedimento con cui il ~larx vuol dimostra1·e l'impossibilità che il profitto provenga dal capiL,te costante. Egli, inratti, vuol dare questa dimost1•azione, ba– sandosi soltanto sulla premessa massima (come l'abbiamo denominata), che il valore p1•ovienedal lavoro, qualiflcaL, poi nel modo che testè abbiamo osservato esaminando l'erro1·0 economico. Ora, il Marx nonJiuò sfuggii-e all'uno o all'alt1·0 di questi errori: o i avere assunta la proposizionemassima come un assioma, quindi come indimostrabile(non potendosi dimostrare .gli assiomi se non con una petizione di principio), menti-e questa proposizione non può in alcuna guisa considerarsi come un assioma, - o di essere caduto in un insolubile paralogismo,in quanto,per dimostrare la tesi, non esservi so1-gentedel valo1-eo quindi della plusva– lenza alti-oche nel lavo1•0,si adduce la ragione, èhe valo1-eo plusvalore ponno provenire solo dal la– vorope1·chè solo il lavoroc1-ea il valo1·e. È chiaro,che Il paralogismo deriva dal fatto, che non si ammette la negazione (che, cioè, il profitto possa provenil'8 dal capitale tecnico) della proposizione massima solo perchè contrasterebbe all'aOermazione positiva della proposizionemedesima,mentre appuntodeve darsi la dimostrazione di questa, che resta sostan– zialmente eguale o espressa in forma positiva o in negativa. Si assume, m brove, per dimostrato ciò che non è. Orbene, appunto da questa combinazione di errori è sorto l'impedimento dialettico perché C. Marx tenesse conto d'una verità elementare, d'una ve– •·llà ctt fatto, dell'esistenza del profitto del capitale, come indipendente dal sopralavoro e dalla plusva– lenza. Dato il concetto meccanico, ehe egli ha del ,•alore, il profitto specifico del capitale non trova pit\ la possibilità della esistenza. Il profitto, in realtà, non si riconnettenecessariamenteal sopra– lnvoro, non richiede un·aggiunta effettiva, aritm~ ticamente computabile, di tanto lavo,.o al prodotto. Esso non si ritaglia necessariamente entro il plus- B1b1ot ca Gino Bianco valore, nè resta commism-alo dalrammontare di questo, ma è deter minato d a cause estranee alla v,~oau.zfone della l 'icche1.za 1 m a p1-opl'ie della distri– buzione: stabilito che esso sia, si aggiunge alla quantità di lavoro p1'8sente e passato, contenuto e consumato nel prodotto, rapp1·eseutando,cosi, a diffe1·enzadel lavoro mate1·ialmente, fisicamente misurato,l'elementoumanoe sociale, giacché il pro– fitto ò variabile a seconda del variare del saggio('). Perchè poi il profitto esista ò <1uislioneaffa'ttodi– versa da quella che ora ci occupa: la sua ragione va ricercata nelle cause stesso per le qualiesisto la società capitalista a salario, dete1•minanteappunto caler;o,•fe storielle quali il profitto. A chi studia te leggi del valore dell'epoca nostra, l'esistenza del profitto s"imponecome elemento di {alloeconseguon– temente come un coemciente del valore delle mei'Ci. A non considerarlo, si ingenera la necessità di una la1·gaserie di conlrjuldizioni fra la teoria a1·– tiOciosamentecostrutta od i fenomenipiù e,•identi della vita economica, si sopprime direttamente la possibilità di intendere la ragiono dei fenomeni pili caratteristici dello stadio presente dell'evolu– z!ono sociale. Se logico apparisce l'erro1-edel ~larx per rispetto ai principì da lui assiomaticamente premessi, si presenta invece contraddittor·iodi rronte, ad e ., ad un'altra cateuo,·la sto,·tca che il Marx ò co– stretto ad ammette1:e (come, inratti, negal'la 1), di fronte all'interesso. E ve1·0,che egli dichiara, che pu1•e l'interesse dei capitali deriva dalla plusvalenza e partecipa quindi alla natu1·adi que3ta; ma non è men vero, che l'interesse ò un ..edctlto dato dal capitale per se medesimo o che si commisura di- 1-ettamente non alla plus1•ale11za,ma alla somma stessa del capitate mutuato da un capiL,lista sem– plice ad un capitalista lll'Odultore.Proprio per tale aspetto,l'interesse ritrae dell'originee del carattere del profitto, inteso come un compenso pe1'Centuale sul capitale produttivo. Aggiungasi poi che il ~larx con-iclera l'interesse ed insieme con esso il profitto industl'iale, il gua• dngno commerciale,ecc., cornoframmenti apparcn• temente indipendenti fra 101-0, nei quali scinde i la plusvalenza originaria ('). (I) ;. planttrrerio dell'arUtolo, nelle note, octuplamocl ancora del dou. Romeo Soldi. nun solo 1>ercb6egli ne ha mo-trato Il dHlderlo nelll\ Repllto gen1lle che ti ha dlrelta, ma ,ncora e 1peclalmente perchè poulamo co1l chiarire meglio Il no1tro pen• 1lero. Dichiaro però che la lunghuui delrartlcolo ml lmpedlace di rllenre altri treo quauro errori del Soldi, oltre quelli nota11. li rlcordatl)IIR'noreha Il ticchio d1atrt>rm11re che Il Lorla, ndiffe• rentll del Marx, per QtulUWd d, lacoro, d••ermlnante Il ulore, Intende 1010quellP.Impiegata per dare l'ulllma forma alla merce. l.o atrano 6 che, clue righe ,otto, il Soldi contraddice a quella acoptrta, etponendo la teoria lorlana, Emerge da tulla l'analltl luna:hlulma che Il I.Orla fa del Y&lore.che queato, per lui, con• tiene IlJuoro adoperalo a produrre le materie prime impteeale a i>rorturrela merce. Il lororo del ca1>haletecnico e di più Il Juoro neceuarlo a trasformare le materie prime nel prodotto compito. (') ~erulgllo1a per 1otthrllez.u e l'an11l11l che Il I.orla ra dell:i 1pleg1ulone data dall'Rngel1 dell"orlgine del pronno commercl1le: 11 manlfattor• 1"enderebbeal commert'lante li 1uo 1>rodottond un .alore minore di qu,1:0 dato dalla quanti!&di la.Toro.lndo,IMte un 1)0'come li Soldi, per criticare Il Loris, Interpreta il pensiero dell"Engel1 f Quettl anebbe detto che Il manlfallore non 1>otrA Tendere al commerciante IA mert'e a. 1111el valore tlnale che eua acquisterà aul mercato, ma ad un ealore fnftrfore. CapiteI calcwc h1(erlort, non a quello dato dal Ja,oro, ma a quello di mertato. Dunque, li produttore prnede quello •a lore e lo cede: cede, cioè, un 1lr0Httoche non gli 1peua. Du nque t1IU e que1110 protllto dato dal capiiali per 1e11eul (ch6 1e al tratta.ne di luoro ,-hente, non oc.correrebbe tale trapuao di pr oftul !). ,J a allora, 11ammette ciò che 6 lmpouiblle e ciò che ti nega I - OhI Be.rlOldlno,OTe Hl IU mal f
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