Critica Sociale - Anno IV - n. 13 - 1 luglio 1894
CRITICA S001ALE IOi bilitil.. i trasporti. le forniture, i tributi, ecc.; ma si vendono cariche, magisf1·alure, offici politici 1 mi– litari, religiosi; si incantano abbazie, canonicati, generalati; si appalta la giustizia civile (coi rispet– tivi proventi, s'intende) al tal barone, quella c1·i– miuale al tal vescovo, e quando nel medio e, 1 0 la simonia pubblica ha raggiunto il paros:;ismo e non sa più dovo t1•ova1•0 materia di lucl'o, di commercio, di p1·op1·iet.\ in questo basso moneto omai saccheg– giato, va a pl'enderne arditamente anche nel mon,lo di 1.\ da venire ed inaugura il gran me1·cato delle indulgenze! E qui occorre notare come, alle esagerazioni del concetto di prop1·ieta ci1•ca ciò che può esserne roggetto. facciano riscontro quelle che si rire1·i– s.cono alle facoltil di chi n'è investito, ossia del proprietario. A parte l'uso e l'abuso che, secondo la classica fo1·mula romana, il p1•oprieta1·io1>uòfare della cosa sua, sen:1.apreoccupazioni di sorta per gli inte1·essi n-ene1-ali.egli potrà non solo dispol'ne in vita. ma anche dopo mnrte, senza litniti di tempo, regolan– done il corso da olt1•e tomba, perpetuandola nella così detta manomorta o, per tr-cl$tnissione fedecom– missa1-ia, nella propria posterità. Se non che, tutto ciò non impedisce che, come la sthiavitù è caduLt. cadano mc.\no mano le ser– vitù personali, i pri\ 1ilen-i, i monopolii, i redecom– messi, la e,·editarit,tà delfe cariche; ment1·e ai gio1·ni nostri già si ra notare un movimento, per e00tto del quale, strade, miniere, roreste, imprese di pub– blici sef\ 1 izii rientrano o tendono a rientrare nel dominio dello Staio. t la propl'ietà che, dopo a,•ere sconfinato in ogni senso, va dovunque resti·ingendosi e delimitandosi nel tempo come nello spa1.io. Ciò basterebbe a dimostrare la sua mobilitil. . .. Ma forse nessun istituto pil'1 della proprieià. ha subita, nel suo pe1·co1·sostorico, l'azione diretta del legislatore. Pochi cenni anche a questo rigua1'Clo. I pii, grandi legislatori dell'antichi~\, Mosè, So• Ione, Licm-go, Numa, non esitarono a regolamen- tarla. · E:ssi, col limitare da un lato l'estensione dei pos– sessi, col divieto dall'altro o con rigorose 1-estri– zioni della racolfa di alienare e di testare, si stu– diarono di mantenere immune la società alle loro cure affidata dai mali di cui sono appol'tatrici le classi estreme ed opposte che inrestano pur tr•oppo la socieU\ moderna, l'opulenza cioè e la me11dicit.\. J,eggeto nella Bibbia il Libro del Levitico e ve– drete con quale solennilà Mosè bandisco il famoso Giubileo,pel quale ciascuno, dopo cinquant'anni, de, 1 e tornare al possesso del campo paterno. Tutti sappiamo che i Romani facevano essi pure uno stl"appo al loro rigido diritto quiritario e. ri– co1·reva110 alle celebri leggi agrarie, ossia a gratuite distribuzioni di terreni, quando la plebe tumultuava, quando i tribuni dem111zia\ 1 ano come duemila no– bili possedessero tutti i campi che dovevano ripar– tirsi r1-a ben trecentomila cittadini. davanti alle protestazioni agl'a1·ie dei Manlii, dei Cassii, dei O racchi. Nel medio evo si crede,•• di tutelare l'interesso generale tormentando la proprielà privata col pre– sc1·ivere l'ordine delle cultu1·e, il tempo in cui do– vesse farsi il ricolto, 19 tariffe dei prezzi, coi divieti di importazione od esportazione, col segnar limiti all"usur·a e con tante altre disposizioni di natut-a suntuaria. Che se in O$gi tutto ciò è scomparso e noi pos– siamo vantarci della rivendicata 1ibe1•tàdi usureg- giare a piacimento e dis~rre anarchicamente ,lei ratto nostro, non por questo ò a credei-si cossata, neanche al di d"ogg-i.ogni inrrammettenza del le– gislatore sui beni privati Oltre all'influire indirettamente sulla p1•oduzione o sugli scambi collo tarinb doganali e rerrovinrie e colle sue ingerenze nell'industria. se non confisca sottopone a vincoli le propriet;\ minerarie, forestali. \"iatorie; impone serritll pubbliche sui te1·re11i, li– mita la facoltà di testare: assoggetL1 suolo ed edi– fici ai casi sempre pii, rrcquenti di espl'opr-iazioue co~tL"\per ragioni di pubblica utilità. E , 1 01·0 che in questi casi lo tato borghese pRga fin tre e quatti-o volle il valo1·cdell'ente espropl'iato; ma 1·esta pu1· sempre che anche lo Stato bm•ghese e costt·etto. poi' forza di cose, a rende1·e omaggio al principio sostanzialmente socialistico che nou vi ha proprieL-\ privata, 1)01·santa che sia, la quule possa sottra1•si alla eventualità di venire socializ– zata. quando ciò ia reclamato da un intere-~e <li ordino gene1-ale. , .. , ... Sarebbe per altro un gravo e1·rore il credere che la propriett\ sia stata sempre e dovunque p1•e– \"alente1neate indivirluale, mentre è accertato. mas– sime dopo gli plendidi risulta.menti della mode1·na indagine storica, come essa abbia avuta in epoche diverse una larga esplicazione sotto rorme collet– tive e sociali. Lasciando in dispal'te i tempi preisto1·ici, ossia quelli, come li chiamerebbe il Vico, della nefa1·fct pronitscuilà, nel patriarcato non si conosco altra propdefa che quella colletti,•• tiella g1·an famiglia pat1·ia1·cale. La propl'iet\ delle armi, degli armenti, e in ispecie della ter1·a è considerata cosa sacm (il campo a1'alo ru la prima m·a) e però, a sierne allo altre prero– gati,10 politiche e religiose, ò diretta erl ammini– ~trata dal patriarca, cl1e ò ad un tempo il legisla• tore, il condottiel'o, il gran sacerdote del suo popolo. Istituzioni agi-arie di caratter·e collettiro o so– ciale sappiamo che lìori,-0110por m'olto tempo pl'esso i principali popoli d'Europa. ossia fra gli Italo-Greci. i Germani, gli Iberi, ecc., in quell'intere.,sante pe– riodo storico che precedette il mondo romano. Aristotile, Cesal'e, Tacito ed altri stol'ici nell'atte– starcelo osser\lano anche corno le varie formo di questo colletlivi··mo, tr-acui la pel'iodica ripartizione delle terre. le enfiteusi, i censi, ccc., abbiano pçr– mcsso all'agricoltul'a di raggiu11ge1·e un alto g1·ado di prospe1·ità; cosi che durò a lungo nel popolo la reminiscenza di quell'aurea età celeb1-ata per sì g1-an tem1>0 nello fe te arcadicho e nei saturnali e di cui 1•imase1•0 vAStigiaindimenticabili l"Age1·pttlJ· l>lictts italico e gli Allm.en.den germanici ed altre istituzioni altrove. Forse non è arrischiato il credere che certe pro– miscuitit di pascoli ed in genere di godimento di beui comunali, cho \'Odiamo tutto1-a J)l'aticate nelle nostre valli e nella \licina Svizze1'3, siano pur esse sopr:wvivenze di quelle antichissime e benefiche istituzioni. .Ma, per venire a tempi pil'1 vicini ai uoslt·i, il medio evo non ci presenta rorso una rorma ed un 01-dinamento della proprietà che si distacca egual– mente e dal concetto classico romano e dalla forma moderna! La proprietà reudale ha io<liscutibilmente un ca– rattere più collettivo che individuale. Essa, stal'emmo per dire, è gerarchica, come è una gc1-archia, non un individuo od una famiglia, che sopi-a vi incombe. Nel concetto reudale medioevale il mondo medesimo non è pHt che un gran rendo che il papa concede all'impe1-atore e questi ai 1·e suoi luogotenenti, i
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