Critica Sociale - Anno IV - n. 13 - 1 luglio 1894

CRITICA SOCIALE 2Ò5 Cosi i crostacei isopodi, che vivono nella bocca dei pesci, p1·endono i loro alimenti nel momento ste.~so in cui questi Yengono abboccati e prima che abbiano subito alcun renomeno di digestione; perciò hanno dovuto conservare i propl'i organi digestb 1 i. Van Beneden a questo genere di pa1••ssiti dà il nome di « commensali ~- I vermi e gli animali di ogni sorta che abitano il tubo di~esti\ 1 0 ci presentano un grado di paras– sitismo piu avanzato. Essi p1-endono l'alimento già più o meno dige,·ito e. perciò possono fat-e a meno, e infatti gonemlmente sono spl'Ovvisti, degli organi pt'Opri a rende,·e l'alimento assorbibile. Finalmente, i parassiti che vivono nel sangue e nei tessuti, e quindi prenrlono la sostahza com1>le– tameute assimilata, sono il più spesso sprovvisti di qualsiasi apparato digerente; essi non hanno che da lasciar diffonde1'Si verso il loro interno le so– stanze dell'ambiente nutritivo che li bagna. n. Certe specie saproOti, cop1'0faghe o necrofaghe si sono trasformate in pal'assiti completamente, altre conser\ 1 a1-ono il loro a'ntico modo di alimen– tarsi, e pur tuttavia p1·esentano alcuni caratteri che 1i ~vvicinano più o meno al pa1·assitismo. E cosi che le spore di certi funghi ascomiceti coprofili 11011 possono germogliare se non passa1·ono pl'ima pel tubo dige1·ente di un animale, per esempio del coniglio. In g1-azia del loro modo di alimenta– zione, queste, come del resto lulte le allre specie di funghi, possono far a meno della clo1-ofllla. Un altro esempio ci è otrerto dalle ossiurie ver– micolari, che abitano ri111esti110retto dell'uomo e ne utiliz1.ano le deiezioni, ma che tuttavia vivono a sue -spese, poichè si servono tli lui pel ricovero. In ambo i casi evidentemente non vi e parassi– tismo di nutrizione, ma questo ci conduce natur-al– mente ad estendere, pe1· analogia, la nozione del parassirismo, e a parhu·e di ciò che considel'iamo come un 8econdo modo di sfruttamento parassitario: lo sfruttamento della l'orza. Il. Parassitismo a spese dellaforza. pettano a questa categoria gli esseri che sfrut– tano ad altri una pa,·te della 101'0forza fisica. Generalmente non sono considerali come pa1-as– siti, benché sia evidente che si può vive1·e a spese altrui, non solo togliendo ad aHr·i la su~ sostanza, ma eziandio servendosi della sua forza. E sottinteso che non ò qu~ta se non una questione di defini– zioni, ma ci pare utile classificare sotto una stessa 1·ub1·icaun complesso di fenomeni come lo sfl'utta– mento dell'aspetto, della forza e del nuh-imento, 1-..a i quali esistono legami molto intimi che rimangono inavvertiti finché li si studia separatamente. F'ra le pianto trO\riamo dunque, allato al paras– sitismo di nutrizione, il parassitismo di 80stegno; talora esse :si collocano direttamente sopra il loro ospite (piante epinte); talora vi si aggrappano per espandere con poco sfor7,0 le 101'0fogfie alla Iuce (piante arrampicanti e volubili). Gli animali, che appartengono a questa categoria dei parassiti, d'ordina,·io sfruttano del loro ospite non soltanto il sostegno ma eziaudio la mobilità. 'l'ali per esempio le 1·emo1·e,piccoli pesci che si appiccicano al fianco dei pescicani per mezzo di uno speciale apparato che agisce come ventosa, e cosi pure i piccoli acari che si attaccano ai grossi sca- 1·abei di colore violetto che si trovano sulle strade maestre e da essi 8i fanno trasportar·e dall'uno al– l'altro letamaio. Molli animali parassiti si .limitano a domandare al loro ospite un ricove1'0. E questo specialmente il caso dei pi110oteri, c1'0stacei grossi quanto una nocciuola, che vivono nel guscio delle modiote e di altri animali lamellibranchi e che vi si rifugiano ogniqualvolta un quals~asi pericolo li sforza a in– terrompere le loro cacc1e. Aggiungiamo che, nello stess~ inte_nto di_prote_– zioue, il paguro (o Bernardo t eremita) ripara tl suo addome molle e sprovvisto di guscio nella con– chiglia vuota di un mollusco. Questo essendo morto, è chiaro che non d è, in questo caso, parassitismo di sostegno - allo stesso modo che non vi è pa– rassitismo di nutrizione negli esseri che vivono di cadaveri. In ambo i casi l'animale non vive a spese di un altro, ma a spese della sua spoglia. llf. Parassitiamo imitativoo dell'aspetto. Vi è un parassitismo dell'aspetto o. imitaliv~, quando un essere ne imita un altro, lo sc11nm1egg1a nella forma e nPi colori, all'intento di cava1•e un qualsiasi vantag{fi0_da_questa somil!lianza. Ciò_che rannoda questa 1m1taz1oneal parass1t1smo è eh essa it necessariamente dannosa a chi ne O !"oggetto. Lo d1mosh·eremo con alcuni esempi desunti dalle varie forme di imitazione: 1.• Una specio cal'Itivora imita una speci~ i_nof– fensiva, onde poter appressarsi alla sua v1tt1ma senza sgomentarla; 2. 0 Una specie ne copia un'altra al fine di po– t8rlesi avvicinare facilmente per cag10narle qualche danno; · 3.' Una specie debole e commestibile imita una specie ben difesa o 11011 commestibile per srugg,re ai p1-op1•'ì nemici. Citeremo fra i parassiti imitativi del primo g,·uppo gli aracneidi che ~imulano di essere formiche. Non è duhbio che questa simulazione è, pili o meno, dannosa per gli animali imitati pcrchè li espone, malg1'"J.rtoi 101-0costumi miti, a veoil' presi e trat- tati per malfallori. . Il danno è anche pili evidente <1nandouna specie ne copia un'altra pe,· assalirla più facih~ente. Ba~ trovò sulle 1·h 1 e del fiume delle Amazzom una specie cli mantidi che somiglia te1·1·ibilmente alle termiti, dello quali si pascono. i-: il lupo che si camuffò colla pelle dell'ainello. (') . Nel caso in cui !"imitazione è meramente difen– siva non si scorge chiaro, a prima vista, come la specie che imita danneggi la specie imitata Eppure la cosa è cosi, e il seguente esempio lo mostrel'à chia1·amente: · Nello foreste tropicali vivono fa,·falle che il loro sapor-e nauseabondo p1'0tegge dagli attacchi defili ucc;elli e che si palesano a questi me1"00una bril– lante colorazione premonitrice. Queste fa1•falle(eli– conidi) sono copiate da alt1'8 farfalle (pieridi}, queste ultime commestibili, e con tale esattezza che I toro nemici ne sono ingannati, che gli entomologh1 scambiano le une per le altre e che spesso a':v1ene pe1'Sino cl1e i maschi dell'una specie corteggmo le remmine dell'alu·a. Grazie a c1uesta somiglianza, le pieridi non sono molestate dagli uccelli che hanno assaporato le eliconidi, ma, in compenso - ed è qui che risiede il danno - queste ultime sono non di rado assalite da giovani uccelli che hanno co– mi_nciato col divorare le pie,·idi. . E da notai-e che nelle t'oreste abitate da cote,;ll due gruppi di farfalle, le eliconidi, che sono real– mente p1'0tette, sono ass· i più numerose delle pieridi, protette soltanto dalla to1·0 apparenza. Queste ultime infatti non possono trar,·e vantaggio dalla loro somiglianza se non quando, il più so– vente, l'uccello insettivoro si trova in p1·esenza di ('' f'H.1rn1::R1CQ: I.a lime pour l'e:,;l•ltnce che: te• cmlmau.z– morù11, pag. 119.

RkJQdWJsaXNoZXIy