Critica Sociale - Anno IV - n. 11 - 1 giugno 1894
CRITICA SOCIALE l6i molto ideo storte; chi scri\•e può farne irl'efra~abilo testimonianza, perché fu tra i repubblica111 che dalla lettura del Socialismo si convorll alla no,•ella dottrina. I.a Sociologia criminale fcco il resto o propa,·ò molto omcacomenlo il te,·reuo elettorale l >er l'a(fc1•mazione del giovanissimo partito socia– ista di Sicilia sul nome di Colajanni, che in quattro Collegi ottenne circa 18.000 voti: i quali, so non si possono attr·ibuit·e tutti ai socialisti siciliani, sono una prova del lavoro oculato. effic..'lcOda ossi com• piuto: porchè i ComiL,li elettorali pc! Colajanni 01·ano in gran parlo com})osti di socialisti. La fusione dei Circoli radicali di Pale1•mo, invi– L,nti nel 1800 - credo noi maggio - il Colajanni ad una conferenza, ieuerò una Pede1·a::.lone dei ropubblicani-socia1ish di tutta l'isola, i rappresen– tanti dei quali, convenuti ad un banchetto e ad un Comizio a Palermo, il 4 o 5 apl'ile 1891, stabilirono che quind'innanzi tutte Jo fo1·zoradicali della Sicilia fossero stl'ctte ad un palio. 1s la prova mil'abilc di quel J"lto, rinsaldato dalla pl'opaganda ciel gior– ualo l'Isola, si eblio nel maggio 180-2, a Prtlol'mo, in occasione del Congresso delle Società am-atellato; Congresso che esel'cilò grandissima influenza sul pro~resso delle idee socialiste in Sicilia. V1 partecipò Dc l'clice, con una larghissima rap– p1·osent:1nza dei Fasci di Catania e di Paternò, e pal'lò oltre u~1·ora 1 dimosi1·ando i vantaggi mel'a– vigliosi dei Fasci. i\'la. chi spezzò una Jancia 1 dav– vero poderosa, poi socialismo fn E1·rico De Mal'inis, ingegno elevatissimo e colto, attorno al quale si strinsero i collettivisti dell'isola, che in g1~andomag– giol'anza ebbero speditamente m~ione dei maz1.i– niani, attraendo a sè lo stesso Felice Albani, dichia- 1-alosi collettivista. Ed ecco che in Sicilia si atrerma in modo solenne il socialismo, spoglio di quei malintesi e di quei se11timentalism1 cbe l'avo:rno accompagnato sin dal suo apparire. Un solo passo, ma importantissimo, rimaneva a dare: far accelL'lrO ai Fasci, sorti o da sorgel'o, la tattica do! pal'tito socialista. Il ciò cho fece Bosco Garibaldi, cho to1·nato pil'1 entusiasta dal Congresso socialista di Oonova nel 180-2, scrisse noli' Isola cito el'a tempo di uscire dagli equivoci o cho i /i'asct veramente decisi a ·conseguire il miglioramento degli operai doveano ascriversi al « Partito dei lavorato1·i italiani »; e, datosi egli stesso a una propaganda instancabile, suscitò in provincia di Palermo molti Fasci, che fm'Ono come una scintilla su polvel'i ammucchiate. L'isola tutta si copl"i di una 11tta roto di nuo, 1 i sodalizii, ciò che permise la pubblicazione di un 101•0organo spe– ciale: la Otuslizia sociale. Oiammai niente di simile s'era visto in Sicilia i o il maggior merito no va clalo n Bosco Garibaldi, la cui opera benefica, solerte, disinte,·essata resterà nella storia dell'isola nosfra. • Però rattivik\ e rone,•gia d'un pal'lito, special• mente se giovane e poco numeroso come il socia– lisL'l, non pote,•aoo produrre un cosi largo e celere moto, se profonde ed antichissime cause non vi avessero concorso. E, a ben comprenderle, non è un ruor d'opera un cenno storico. Il. Un po' di storia. !;sposta, pe,; la sua postura geoi!'raflca, alle il'ru· zio11i e rapme di moltissimi popoh invasori, la Si– cilia - dopo aver goduto, a quanto sembra, una paco e una prosporit:.\ relativo alla fine dell'epoca quaternaria, con una gente quasi autoctona, la slcana - disputata da Greci e da Cartaginesi, srrutL,L, a sangue dal dominio cli Roma che le imponeva, fin d'allora, la feroce rapacità dei suoi più tristi aguzzini - dopo una serie di sanguinose B1b 1otE>ca Gino Bianco vicende, ebbe, alfine, nel medio evo, una monarchia propria, la normanna, che, so può essere soggetto di dl'ammi e liriche, esaminata con la critica sto– rica si palesa quale un pote1·0 dispotico, a tullo profitto cli ro, bal'oui e 1wolali, g1·avanti con lasso od al'bilrii sulle povero plebi, pe1· nulla mppresen– talo nel famoso Pal'lamento o .\tao1ut Ctwta. Ed anche quando lo cilt;\ 1'Cgie o demaniali eb– bero rapp1•esentanti nel grande Consesso - pe– riodo degli Aragonesi, a comincia1'0 dal 1280 - i mandatarii popolari (chiamiamoli cosi) non pote– vano valere gran cosa, soprafli1tti dagli aristoci:atici della spada o della stola; il che apparo molto più chiaramente nella dominazione dei viceré. soggetti alle proteso dei baroni e dei vescovi, in nulla in– frenati dalle istituzioni popolari, 1·igogliose nell'alto o modio continente italiano. Priva la Siiilia della libe1·tà dei Comuni e dello gua,·cntigie assicu,·ate all'Inghilterra dalla 1\fagna C:luo·la, dovette subire nel modo pili inrame tutti gli or,·ol'i do! feudalismo, che non permise la diffu– sione di c1uelle gilde o cor~razioni d"arti e me– stieri, lo c1uali in altri paesi furono la fonte di tanti vantaggi poi popolo. Il somo delta Rh·oluzione francese non penetrò nell'isola a dissoh·ere la vecchia compagine dello angh01·ie e di mille pregiudizi i; cd il feudo continuò a 1·egna1-e con la sua coorte di brutalit:.\ o d'inau• dite spoliazioni, che il tentall\ 1 0 di Costituzione do! 1812 - dopo pochi anni abolita eia Ferdi– nando I - non poté far spa1·i1·e con una 1·achitica e incompleta trasformazione dei feudi in allodii. A questo punto è da notare cho_J'al'istocrazia del blasono e della Chiesa, col Parlamento - diviso in tre bl'acci, e quello dei Comuni m·a il pili corto e il pii, debole - spad1'0n"${liarn di fatto nello cose politiche: e il 1-0 1 o il ,•1cerè, era un fantoccio nello suo mani, poichè il predominio economico im1>0rta sempre preponderanza politica. Inaugurataii pe1'Ò la mona1·chia assoluta dei Bor– boni, ra1·istocrazia - cho ancora in Sicilia ò la classe p1i1 ricca, almeno in certo provincie - per– dotto molti privilegi; od ecco che, abolita la costi– tnziono del 1812, ~a congiu1·a pe1· a, 1 cre una mo– narchia temperata - donde l'apJ>al"iro di molti nobili tra i pali·ioli. Ma il libe,·alismo degli ari– stocratici non ave,·a di mil'a, corno di leggieri si comp1·ende, che le prerogative della p1-opria classe, e non pensava gran ratto alla libertà ed indipen· don,,, d'Italia. Infatti nel 1848 la rivoluzione mirava ad una costituzione siciliana, od un 1-e si chiede, 1 a alle di– nastie che 8\'ano pii1 in odoro di liberalismo, come la sabauda e la. lorenese. Lo stesso g1·an pah·iollt o libcra/o,ie Cl'ispi, seg,-o~,rio di Ruggero VII, si mssegnava ad una semplice costituzione siciliana, o mentre il flore del patl'ioltismo italiano s'ir1•01·a,•a di sangne sotto le mura cli Roma. egli, Crispi, pon– zava decreti. Non ancora aveva egli ricev,ito ammaestramenti da quel Mazzini che lo fece conoscere agli italiani o che poi fu !radilo ed ora è dal Crispi calunniato col dii-o (portentosa ignoran1,,!) che il programma politico dell'esule generoso si 1-estringe ad uno sterile nazionalismo e non giunge sino all'umanit..'1. Da che r,ulpiti certe prediche! ... Ma ritorno al mio argomento. Ili. La "curée" borghese dopo la rivoluzione in Sicilia. - L'assalto allo cariche e agli appalti. - La rapina dello terre. La rh·oluzione siciliana del 1860, preparata dalla propaganda della Gioo/ne Italia ed iniziata dal-
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