Critica Sociale - Anno IV - n. 11 - 1 giugno 1894

CRITICA SOCIALE 163 vi si disviluppi, e con ossa o contro essa un pro– letariato cosc,ento, un forto partito socialista indu– striale od agricolo, che lotti con ossa per la vita o pianti gli interessi sociali l'uno all'altro di fronte. Per ora spl'Ofoudiamonel padule, immelmati nno al collo; e dobbiamo sentirci gracidare intorno i ranocchi, e striscial'e i rospi, e sibilare le serpi. (1.-h.) OONSUMMATUM EST! La seutou,.a di Palermo. 30 maggio, •era. La lugubro commodia. ò Onila. Il sinedrio di sorvi della spada che, a dispetto della leggo o <loira.tti, usurpò nomo o autorità. di tribuna.lo di guerra., ho. compiuto sui nostri valorosi amici di Pa– lermo lo. brutale vendetta. degli usurai o schiavisti siciliani. l giornali, recanti il e tatto va.rio > dell'enorme con-' danna, vanno a ruba per lo ,•ie popo!oso. Oli ingenui, cui rimaneva un bal'lumo di speranza. cresciuta per la istrionesca ritirata dell'a\'\'ocato fiscale, sentono nello ossa il brivido della. ,•erità. cho a un tratto si denuda. Dieci anni! dodici nnni ! diciotl"anni ! tutta quanta ò nella vita la stagione operosa o feconda: giù, nella gcenn.1. tra gli ass3ssini o i falsarii. Marchiati, spo• gliati di ogni umnno diritto, non più cittadini, non piil uomini. Tanta luco ili giovinezza e, fervore di i<leali go– ncrosi, o Yirilo onestà, schialTcggiatrice delle abiezioni gavazzanli in allo; lutto questo, stritolato, sepolto. Se– polti ,,h·i; o ci guardano ornai corno spetri dalla tomba. Corto, assai mono assassina. ora la morte! Noi non fornicammo coll'illusione. Conosciamo il ne– mico, più volto l'abbiam visto in taccia; conosciamo il suo 1·ictrt1 satanico, la. sua viltò. immensa che si muta in ferocia. La condanna di Palermo, scritta prima del processo, nulla ci apprendo. Questo processo è la sintesi di altri cento. Sono mille o più di mille cui toccò, in brevissimi mesi, un pari destino. Giustizia eguale por tutti. Questi - i nostri Ì1'11~1!0 to: ~~~:~t~~s1r:}frid~ 1iJ~~\:u~~~~t ~~g~~~nt 1 ~ furono tra.volli noi reclusorio come in una. botola. Qui qualche flotto di luce irradiò il massacro, che altrove consumossl nel buio. La. sola. differenza. ò questa. ~loglio dunque eosi. Un privilegio por questi soli avrebbe ratto dubitare cho in quel popolo di assassinati rosso quulcuno di reo. Una. resipiscenza. avrebbe ratto sospollaro nel nemico qualche cosa <liumano. Noi cho. prima della con danna, affermammo In nostra solidarietà cogli imeuta. ti, oggi la. rialTermiamo coli,) vittime. E siamo piu mila anche noi; quanta libidine di ,•endotla da saziare, o mandanti, o sica.rii! - Non un pensiero, non un atto elio non ci rosso noto e comune. Quel ch"essi vollero, noi ,•olemmoi quel ch'essi fecero, ~g1ii ~i~~,~~Ci~ 5 ~~• ~:~a;~, p~in di~l~J:i~:r~~~e~f!.v~;:; questo ci han dovuto procedere. La borghesin. ha. lanciato la sua sfid a. L"ha gettata agli oppressi cito gemono, l'ha getta.la agli organizza– tori che tentano sottrarli agli impeti incomposti, scor– tarli, por lo vie della saggezza, a nuo,•a ci, 1 iltà. Questa sfida pensi cui spetta a raccoglierla. so~ai~a~~~:~a 1:~~~:i c:!\ 8 1~:1our~1~ 0 rises,i~~f~ i~.~~:~~ colla loro accidia I&sentenza di Palermo, essi con quella condanna M'ran firmata. In.propria. Nessuna gento sarà mai stata, ncllt\. storia, pili supina o più vile. LA GRITIC:\ $OCJAl,E. lll1movla11w 111•euhle1'" " coloro, che si trovano tn, al'rCt1'ato oolt' À.'nuninlsfrazlone, cU mette1'8l ,i,. ''ef/Ol" entro la quin.– dlclua, onde evltal'sl z,. sos1>e1"8loiw,lel– l'ùwlo del (Ji01'11Ule, B b 1oteca Gin B1arco I SOBILLA TORI il. Selezione servile. La degenerazione fisica e morale delle plebi, provocaL~ dall'assetto sociale e alimentata dalle sottili a,·li che abbiamo illustrate, non basterebbe da sola nd impedire le rivolte e mantenere lunga• mento la soggezione: perchè un'altra legge o ten– den1.a ne confrobilancia o ne elide gli effetti; allu• diamo alla legge della degene,.aztone delle classi J>m·asstle. A somiglianza di certo specie di formiche che. riescite a sottomotto1•si alfro specie sorelle o a farsi da esso s01·viro, pordotte1·0a poco a poco ogni ca– pacit..1\. di la, 1 01•a1>e, di vivere o pel'sino di nufrirsi da sè; lo stesso av, 1 ieno delle classi dominanti, pcl lungo disuso dal lavoro assiduo e rigenemtore. Quoll'nssiemo di debolezze, di ripugnanzo1 di inca– .paciù\, di p1-egiudizi, di tendenze spensierate e ci– niche, che si possono riassumere nella parola « cor• rulione » e che una lottcmiura ser,•ile dipinge spesso come 1•arnnamonti aristocratici, si impos– sessa di 101'0; o le classi sottomes e, che il la,•01-0 e l'esercizio della solidarietà ritemprano, fìnil'Cb– boro, a non lungo andare, a ripiglia1·0 il disopra. « L'istitutiono della schiavitùi cho logora ed o– « macia lo schiavo - scri\ 1 0 il \·alento autore che « gi/1 abbiamo ciL,to (') - irrugginisce e corrodo « le fibre del padrone che vi,•o a sposo del primo ... « L'immensa, l"indicibile corl'uzione dei costumi in « Ol'ecia ed in Roma de\'e in gran parte ascrh 1 e1-si « all'istituzione della schiavitù, la quale. colle più « duro sofferenze dolio moltitudini, permise ai pochi « dominatori di dediC..'\l'O la loro vita all'ozio cd al « vizio.... Il padl'ono ave,·a avvilito o corrotto lo « schiavo; lo schiavo cor1·uppo a sua \'.Oltaod avvili « i! padrone. » E nocossario perciò alle classi dominanti chiamare in sussidio altri mozzi più potenti: bisogna non solo incleboli1'0 le classi soggetto come massa, ma iude· boli1·lo sopratutto di riflosso, sopprimendo in qual• siasi modo OJ>a1·aliz1.ando quegli individui fra esse che, por acci ente naturale o per mono infausto ch'COstanze, possano dare ai compagni lo stimolo alla coesione o l'esempio dolio cose generose. « I vincitori non solotolgono i mezzi di sviluppo, « di prole:done o di offesa ai vinti, ma applicano « ad essi, inconsciamente, una ve,·a sele;fone ar– e li(lcfale .... Pe1· assicurarsi l'obbedienza, la lunga .: dominazione o tutti i possibili vantaggi, essi, pe1·– c seguitando. malti-atlando, o anche facendo morire « i phì insofferenti al sonaggio, i più fieri, i pH1 « forti, i piU coraggiosi, e conser,•ando i pili deboli. « i più vili, i più proni, i pili obbedienti, quelli « insomma che si lasciavano tosare con rassegna– « zio110 1 ottenno1-o colla riproduzione di costoro che i « sentimenti di servilismo e di viltà si /lssasse,·o « nell" specie • ('). Finchf., mancarono gli eserciti agguerriti, forniti dal p1·oletariato, O1·aspe3so nocessa1·io alle classi dominanti di uccidere gli schi.1,•i a falangi, unic..'1- monte per diminui1·ne le fo1•zo col numel'-o. < 'e « costo1-o, infatti, pa1•agonassero il loro numero al « nostro - diceva Seneca - qual pericolo non ci « minaccc1·obbe! • 'l'antochè, quando fu proposto di imporre agli schia\'i un abito speciale, si stimò prudente nbbandona1•no l'idea, perchè si temette - racconta il Gibbon nella sua S10,·i" del/" deca– <le>1:a c/ell'f,npel'O llonumo - che vi fosse peri• (') VACCARO: I.a ltJt:a J}tr t'~11.Jtt11:a. pag. 6' 0 70-71. (t) l&ldtm, pag. O.

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