Critica Sociale - Anno IV - n. 8 - 16 aprile 1894

118 CRITICA SOCIALE tosto ad una che ad un'altra. Cosi è del salal'io. » Io non intendo in tesi generalo discutere 01-a questa opinione del povero nostro amico, la quale può in molti casi essere o 'f)arere vera, perchè ciò mi porterebbe lontano dall'argomento; mi basta rilevare, per quanto ha tl'alto strettamente al sa• lario, che il Lissoni stesso finisce poi coll'ammet– tere che la camttel'istica pil't piccata del renomeno sata,·io è dappertutto e in ogni tempo una ten– denza palese a ridursi ve1-so il minimo necessario alla sussistenza del. lavoratore. Ilo già detto l'altra volta quanto sia vago, o perciò scientificamente bil.\Simevole,questo concetto genel'ico del minimo delle sussistenze; ma astraendo per il momento da ciò, o chia,-o che col concetto surriferito, il Lissoni ammetteva, nella attuazione almeno del fenomeno salal'io, l'azione di una causa costante e prevalente che lo fa gravit.ai· e \'Ot·sv un punto di alt1·azione. Ecco quindi giustificato coi crite1·i stessi del Lissoni chi si affatica a cercare una leggo, cioè a fissare una causa costante e p1·evalente, nella determina– zione del tasso del sa.lario 1·eale. . . . Il Dc F1·anceschi, dopo di essere nella sua prima ri posta pal'tito da un concetto analogo a quel di Lisson i, negando, se non la esistenza, per lo meno la conoscibilità di una p,·ecisa legge del salal'io e portando innanzi a prop1·io appoggio un esempio. che a chi ben guardi può to1·cersi contro di lui, concludo tuttavia arrimettendo che, intesa come limite, la legge eia me esposta è esatta. Questo limite ò tutta, 1 ia pel De Franceschi ir1-ag– giu11gibile per v~rie 1-agioni: 1. 0 pe1·chè la divisione per-fetta e universale della società in classi non ò un fatto compiuto; 2. 0 pe1·chè il p1·oletariato non ò disorganizzato e incosciente, ma oppone la sua resistenza come osta– colo alla esplicazione completa del criterio del mas– simo p1•ofitto del capitale, agente come dete1•mina– to1·e dei sah.H'i; 3.' perché la borghesia non è che approssima– tivarncnte compatta e co ciente e quindi non può fai• vale1·e in tutta la sua estensione il crite1·io del prop1·io utile massimo; 4. 0 perchè non tutta la produzione è organiz– zala in forma capitalistica e quindi non in ogni caso al salario ò applicabile la leggo da me enun– ciata, che agisce soltanto (come limite ben inteso) nella gl'ando p1·oduzione capitalista. (Questa ultima o orvazione è nel secondo arti– colo del De Fmnceschi). •'• t. 0 In quanto alla p1•ima, 1·isponde1·òche la legge da me formulata non ha affatto bisogno di suppor1·e come condizione si11equa non la divisione completa clellnsocietil nelle due classi tipo, ma soltanto la distin– zione di esso classi. ~li spiego. Che fra il p1·oleta– riato e la borghc ia si trovi come anello di con– giunzione (destinato del resto a scomparire e di ratto quotirlianamente attenuaulesi) una massa con- B1b1otecaGino B1ar.co rusa che partecipa dell'uno e dell'altra, non toglie che vi siano un proletariato puro e una borghesia pt11·a,i cui intel'essi sono in necessario conflitto. La dipen<lenza del p1·imo dalla seconda si concreta nel salario. Vuol dire che la legge del salario av1·à nel mondo economico tanto maggiore o minore impor– tanza, quanto più o meno nume1--osa la classe che essa contempla, ma la sua verità non può esse1·e in alcun modo attenuata dalla esistenza cli una classe intc1·media, che non può assolutamente agi1•e come influenza distu1·batrice. 2. 0 Non ò nemmeno vero che presupposto ne– cessa,·io rii una i-igida legge del salario sia la dis~ organizzazione e la incoscienza del proletariato. Qui fo1 e il De Frauceschi avrà il consen o dei pii\, ma io c1·edo a torto. :\lentre parmi indubitato che l'o1"ganizzazione dei la,·oraiori sotto la bandiera della resistenza economica ò il pl'imo passo verso la diffusione della coscienza di classe e l'o1•ganizzazione con programma di lotta politica pe1· la conquista del potere, cioè per la emancipazione, e ciie sotto tale aspetto ò altamente utile e lodevole; non ho potuto persuadermi ancora che, per fatto di essa soltanto, i lavomto1·i 1>0ssonorealmente miglioi-are le loro condizioni, specie rapporto al salario. Pel'chò la dipendenza del lavo1·0 dal capitale è una ven\ e p1·opria servitù e la contraddizione non consente che il servo, durando tale, imponga patti al padrone. Potrrt per un momento la cospirazione dei servi cosfringer questo a raddolci1·e il regime dell'erga– stolo, ma ~arà violenza erfimera, non conquista clu– re\'Ole. Credere che il pl'olelariato, organizr.andosi pe1· la lotta sul te1·1'8noeconomico, po a a1•1·estare nel lol'O corso fatale lo leggi, che 1·eggono la so– cietà capitalista 1 C tanto come pensa1·0 che chi sia sopra un cano 1 affe1·ranclone una stanga fissa e buttandosi con tutta ro1·za all'indietro, ne possa a1·• restare la co1·sa. Per clil'la in poco, io ritengo che l'organizzazione in fo1·1na di 1·esistenza in questo giova al p1~01etariato,che con 1•isullali negativi lo induce nella convinzione che non vi ha possibile emancipazione, fuori clella·conquista del pole1·e. Chi con me ritiene questo, ariunetterà che la legge del salario impc1-a.sovrana. senza che 1·icsc.:'l a modifi– cal'la In l'esisten1,a dei salariati. 3.° Cosi io credo che non sia di ostacolo al funzionamento della legge da mc ipotizzata il fatto che non dappertutto, anzi in nessun luogo, la ,bor– ghesia può dirsi costituisca una massa compatta e cosciente. l,a legge ò applicata Jler opera non della classe, ma dei singoli capitalisti e questi sono fo1•• zati ad applicarla p1·oprio da quella concorrenza interna nel c.:'lmpobo1·ghese per la conquista dei mercati, che il De Franceschi mostm ritene1·e sia una causa di elevazione del saggio del salario reale. Della lotta poi fra padroni pe1· l'acc.:'lparramento della mano d'opera di cui parla il De Franceschi, non è ,·01·1.unenteil caso che teniam conto, perchè non ve ne ò h·acci,1 1 io c,·edo, in tutto il mondo indusfrialc, o se si verifica qualche volta, è solo in via eccezionale e fransitoria.

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