Critica Sociale - Anno IV - n. 2 - 16 gennaio 1894

C.RITIOA SOCIALE 25 Nemmeno i brevi riposi che si può concedere il con– tadino in questo circostanze sono sufficienti a. ristorarne le rorzo. Quando si sappia che l'auincnto che avviene nella circolazione pel lavoro non cessa. subito dopo, ma permane ancora. per parecchie oro, anzi secondo Nick si manterrebbe con un aumento di 2 a.6 battute anche nel giorno susseguente, ò facile comprendere che quel riposo di una. sola ora. ò troppo breve in riguardo al– l'intensità. del lavoro. Un altro inconveniente o certo non lieve, noi lavoro colonico, ò, il ripetersi tlel la.voi-o ~~1:~~i!~~o~~o 1~ 0 Si~1lcwts~ii'g!~fi~~:: 11 : 1 ~~e r:~itt ! ~~?r~ quale si avverano nell"opcraio dei campi i catarri ga– strici ed intestinali con tutte le loro sequele. Che cosa. deve avvenire dell'orga.nismo che lavora. in queste condizioni 1 L"aumento della. produzione del ca.• lorico, lo maggiori perdite aeriformi, rassorbimonto mag– gioro dell'ossigeno in chi lavora sono l'espressione di un rapido ricambio di ma.tel'iale organico che flno ad un certo punto ò utile. Quando il riposo ed il sonno notturno sieno sufficienti, il diminuito ricambio mate– ria.lo in questi tempi cli tregua basta a. ristorare le forze. Ma quando le condizioni del lavoro sieno quelle di sopra accennate, cioè di un esagerato lavoro o non convenientemente ripa.rato, l'organismo si logora, mano mano deperisce, o termina <.lopopochi anni ad essere inetto al lavoro. ( 1 ) Le condizioni del proletario cittadino, ciel prole– tario operaio non sono pii, allegro di quelle ciel contadino. Non parlo della disoccupazione, che vuol dir fame; accennerò soltanto all'inumano orario del lavoro, all'ambiente antigienico delle officine, e alla insufficienza delle mercedi. E dicendo contadino e ope1·a10 non c"è da far distinzione di sesso: che anzi è ben noto, che il male per l'uomo diventa po,· la donna il peggio. (') '!'aie il nerbo della razza, che dà le superlJe p1·i1nave1·e che abbiam visto. E gio\ 1 a il notarlo, perchè sareblJe stoltezza IJaclar solo agli accidenti atmosferici e non por mente al terreno e all'albero che produce il frutto. •'• Se i parenti menan grama Ja vita, è naturale che misere siano le condizioni dei figli. Ma ecco qualche saggio particolare di ben vivere della gio– ventit italiana. Adolro Rossi nell'autunno scorso viaggiò la Sicilia, mandando di là corrispondenze alla 1'1·w,ma di Roma. Leggiamo in quella dell'll ottobre: parla dei carusi. I can,si, com'è nolo, sono ragazzi dagli otto ai quin• <licio diciott"anni, che trasportano a. spalla il minerale dello zolfo dalle profonde gallerie alla. superficie, ar- ~f~P~~rnu~o:iinst cfi!r cg~;s~:~;~~t~/aEi:~~ Iilpi~ci<;.'~~e~i~ nello gallerie, si procurano uno o piti carusi mediante un'anticipazione, ai genitori dei ragazzi, di una. somma che varia dalle cento allo centocinquanta lire in farina o frumento. Preso così come una bestia. da. soma, il caru&o appartiene al picconiere come un vero schiavo; non può essere libero flnchò non ha restituito la somma predetta e, siccome non guadagna che pochi centesimi al giorno, la sua schiavitl'l dura per molti anni. Egli ò maltrattato da.I padre che non può liberarlo e dal pie• coniere che ha interesse di sfruttarlo il piit lunga.mente possibile. E quando tenta di fuggire sono maltrattamenti feroci. I can,si porta.no impresse in tutta la persona lo stigma.te dello sofferenze a cui vengono sottoposti. Presi a lavorare a otto o novo anni, essi hanno generalmente lo spalle curve por roccessiva. fatica, lo gambo storte, le occhiaie incavato per l"insulllciento nutrìmento, la fronte solcata da. rughe precoci. ( 1 ) Fcdcra;ione tielle Socictd italiane tl'lqte,ie - Alti del aee<mdo Co>1grt660, - Brescia, settembre, lfS8i voi. I. ('} Vo' solo ricorda.re le ftlalrlci, Ragazzine e adulte 1a,·01·ano In un ambiente putlrero lino a quattordici ore al giorno, non guadaa-naodo più di U o !3 eoldi. ,otec:n G,no B,arr:o Tutti i carusi che ho interrogato hanno cominciato a lavorare a otto o nove anni. La maggior 1>artomi disse che non guadagnavano cinquanta centesimi al giorno e che questa mercede non venin1. loro pagata in denaro, ma in pessima. farina. a un prezzo superiore a quello che corre nei \ 1 icini paesi. - E quando facciamo gli storti - aggiunse uno (cioè quando non camminiamo svelti col nostro peso su per lo scalo) - sono bastonate. - .E quante oro lavora.te? - domandai. - Generalmente dodici oro di eguito, dalle quattro alle quattro, per sci giorni di seguito durante i quali dormiamo qui: al settimo gio1'11O andiamo a riposarci in paese. - E <1uidove dormito? - Per terra, in quelle grotte. E mi mostrarono alcuno ca,•eme, vero a,bitazioni da trogloditi. - I più fortunati - aggiunsero - dc,rmono là. E mi condussero in una tettoia, annessa a un forno, tutto il mobilio della quale consisteva in un tavolato !f~;:ngaJ!~~~i~~~oA fJi~~~:~n1~:~. ~\~~~ fa~ ~1~ 1 i ;:~:,s cipolla. - Bevete qualche dito di \ 1 ino 1 - chiesi. - Vino1 - fecero guardandomi sorpresi. Altri ca1-usi ci vennero intorno, tutti dagli organismi rovina.ti per !"eccessiva fatica, dallo sviluppo impedito, vero immagini di schiavi affama.ti. Appena sentirono che ci inl'orma\'a.modella.loro sorte. cercarono qualche straccio da mettersi a.i fianchi por avvicinarsi e dirci come sono trattati. Era uno s1>ctta– colo straziante. Qualcheduno di quegli infelicissimi aveva rocchio intelligente o rispondo"a. con prontezza. a.Ile nostro domando: ma la maggior parto a.p1>1u·i vano istu– piditi dai patimenti o a,\·e,'ano lo sguardo come volato e spento, con le occhiaie livide. Provammo a. scendere in un pozzo della. miniera. la. Mintina, ma era. talmente stretto, rit>ido e malage,•olc, che fatti pochi metri dovemmo rinunziare a. continuare. Ci pa.1•eva. impossibile, che dalla profondità dì quel buco, i poveri cai·usi potessero portar fuori sullo spallo i loro carichi di minerale. Cercammo un ingresso un po· più largo o rummo con– dotti all'entrata. numero 3 della miniera Virdilìo, nella. quale la\ 'ora.no attualmente milletrecento fra. picconieri o canui. Duo di questi ultimi, che avevano finito il loro turno di la.varo,si profforscro di accompagnare Do r~elice e mc, mentre tre capisquadra si mettevano da.vanti al• l'apertura. del pozzo per impedire che alti·i entrasse. .'\Ila luce tremolante dello due lucernine a olio che portavano i canui, cominciammo a. discendere in quel pozzo, curvandoci, sostenendoci con lo mani alla ,·alta. I gradini scavati noi masso sono irregolarissimi, ora. alti e ora bassi, ora. cogli angoli smu sati, or asciutti o ricoperti di polvere o ora bagnati o scivolosi. Eravamo calati di pochi metri, qua.ndo vedemmo al– cuno deboli luci in fonllO.Erano lo lucernine di alcuni can,si che sa.li \'a.nocur\'i sotto il loro carico di mine– rale. Poi udimmo dei lamenti angosciosi. Erano i gomiti dì quegli infelicissimi che si sentiva.no più distinta– mento m&n.mano che si a.Hicin;Hano a noi; gemiti e lamenti cadenzati di tenero creature ansanti o oppresse, che non potrebbero più salil'e o tirare innanzi, ma che clo,•onoprocedere a. ogni costo }lor paura che ca.piti il picconiere ad incitarle col bastone o scoltando loro i garetti con una lucerna. Tanto io che Oc Felice ora.va.mo tutti grondanti cli sudore, ma. a.I sentire i lamenti di quella processione di piccoli paria, provammo dei brividi. E quando dovemmo scostarci por lasciar passare i can,si piegati sotto il carico, tremanti sullo gambe malfermo, ne avemmo una così profonda impressione di pietà, che ci mettemmo a piangere corno duo bambini. _ No fermammo alcuni o, alleggerendoli per un mo– mento del loro carico com1>ostodi un sacco di pezzi piccoli di minerale e di un grosso 11ozzo di minorale fuori del sacco - complessi,·amente un peso di qua– ranta. a cinquanta chilogrammi - constatammo che avc– \'ano la pelle dello spalle o di tutta la schiena spellata., rossa o coperta di calli, di cicatrici o di Ji,•iduro. Procedemmo oltre e, svoltando a. sir.istra in una so• conda parte del pozzo da.i gradini più alti o malagevoli della prima, incontrammo ben presto altro processioni

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