352 LA CRITICA POLITICA credo che abbia fatto più bene che male. A parte questa concezione, è certo che da Roma si ha per la colonizzazione italiana una particolare attenzione. Deputati - ispettori redigono rapporti, deputati - oratori tengono conferenze e riunioni. E come in Italia stessa vi sono due Italie, così anche in Guascogna si ritrova il duplice aspetto di un paese che ha attraversato una crisi dalla quale è oggi difficile dire cosa ne uscirà di definitivo. I I primi italiani non davano luogo a preoccupazioni. Si trattava di umili lavoratori venuti solo per lavorare. Dopo il 1921 le cose hanno molto cambiato. Oggi è l'élite che viene a noi: giovani intellettuali, figli di banchieri ed altri, specie industriali. Attivi, provvisti di un esteso bagaglio di conoscenze diverse, parlando assai bene il francese - almeno in generale - ci si domanda se si tratta solo di audaci coloni, desiderosi semplicemente di mettere le nostre terre a cultura per cavarne profitti sempre alquanto dubbi, o se, al contrario, non rappresentino i quadri di un'armata lentamente infiltrantesi in Guascogna. Per risolvere tale dubbio bisognerebbe andare di fattoria in fattoria, di castello in castello, cosa quasi impossibile. La Guascogna rurale ha guadagnato, in 5 anni, 60 mila lavoratori; che ne abbia avuto bisogno - ripeto - nessuno può negare. I cinque dipartimenti della Bordogna, di Gers, di Lot e Garonne, di T arn e Garonne e del Lot, che contavano al censimento del 1851, un milione e 703.496 abitanti, non ne avevano, in quello del 1921, che un milione e 177.568. Gli italiani possono dunque venire, il deficit è ben lungi dall'essere colmato r Le famiglie brettoni che vi furono inviate non sono che un espediente del tutto insufficiente. La prolifica Italia farà il resto. Se non v'è più terra in Italia per i contadini, in Francia non vi sono più contadini per le terre. Le statistiche del Commissariato Generale dell'Emigrazione a Roma ci informano che nell'anno scorso, 207 .617 italiani hanno lasciato il loro paese e che 174.445 di questi si sono stabiliti da noi ove, come ho detto sopra, raggiungono ora il milione ripartito attraverso la Francia. Tra dieci anni saranno due milioni. Bisogna, es-- serne lieti o addolorati ? Francesco Coletti nel Corriere della Sera c'invita a renderne grazie alla sua patria. Potremmo anche rispondere che dopo tutto sarebbero gli immigrati a dover render grazie alla Francia. La assimilazione da popolo a popolo è, del resto, un fenomeno vecchio quanto il mondo e se ~ Grecia capta Jerum lJictorem cepif « crediamo che la Francia s~prà assimilare i nuovi venuti e che, tra due generazioni, gli italiani non conserveranno della loro origine che. un vago ricordo. Tuttavia sussiste l 'enimma di questa formazione di nuovi quadri, dell 'organizzazione razionale, sistematica di questo grande movimento demografico. È dubbio inquietante.· Si vuol creare una piccola Italia nel seno della grande F rancia, impoverita dal massacro dell'ultima guerra? A giudicare da certi sintomi si potrebbe supporre di si. Una organizzazione quasi militare dei nuovi venuti colpisce l'attenzione di coloro che visitano i luoghi ove essi lavorano. Questi lavoratori che marèiano disciplinati sotto il comando di giovani uomini, ripetono, nella libera terra di Francia, i movimenti usuali delle moltitudini accasermate. Ove si vuol condurre i lavoratori d'Italia, accolti dalla Francia ospitale? Il Trattato franco-- Bibi ioteca Gino Bianco
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