La Critica politica - anno VI - n. 8-9 - ago.-set. 1926

' GLI ITALIANI DI MASSIMO D AZEGLIO 317 prio affatto. Tanto vero che quando si è fatta una rivoluzione contro quella civiltà la mala pianta messa in vetrina dal Giusti non è stata affatto estirpata. E di che nuovi virgulti verdeggia ! Senonchè il Malaparte se ne ride della favola di una « rivoluzione » che è viceversa « una figura retorica per ingannare la grandissima paura, che noi tutti abbiamo, di compiere quel profondo rivolgimento, di cui le cose d'Italia e gli italiani hanno da qualche secolo grandissima necessità » {pag. 41). Siamo d'accordo. Ma non si capisce bene a chi sia indirizzato il discorso. Vien la voglia di battere le mani, ma un passo più in là ci delude; non per il contrasto delle sue con le nostre opinioni, si badi bene ma, per una costante rinunzia alla chiarezza e alla definizione. E ci domandiamo più che mai incuriositi: in· sommma questa rivoluzione c'è stata o non c'è stata? A pag. 121 pare di sì, a pag. 41 pare di no. Se il popolo ama « lo spirito e i prodigi dei garibaldini, gente, come lui barbara e nemica a morte della gente civile, liberali, salariati borghesi e possidenti, italiani di D'Azeglio » { ce nè per tutti i" gusti : Prudhon e Sorel, Mazzini e Alberto Mario) ; e se « converrà difendere dagli italiani civili la vera, storica, tradizionale, popolaresca barbara Italia » chi la difende e come ? chi l'ha difesa ? La non rivoluzione del '22? Il pericolo lo conosciamo, e qui si cominciano a mettere i punti sugli i : « Sperano forse di ripetere il giuoco di Cavour, di questo liberale anglosassone, di questo eretico, di questo moderno nemicissimo dello spirito italiano, classico e antico, antiliberale e antieuropeo ? » Evidentemente no. Cavour noi non lo abbiamo mai amato e i nostri maestri di vita non lo hanno mai ricambiato del suo odio cattivo, quando costoro diventarono vittime delle sue spietate persecuzioni perchè amavano un'Italia viva e vitale, padrona nelle cose e nello spirito di sè stessa, senza protezioni inglesi o france!Ì ; ma quelli della Disperata, il bruciatore di Foiano della Chiana, il guastatore di San Friano, il tipo insomma di gente schietta, immaginato dal Malaparte come il salutare preservativo dalla lue cavourriana si batteva contro lo spirito del liberale anglosassone o precisamente contro lo spirito dei rivoluzionari del 1821 la cui eredità sarebbe niente meno passata a quelli del 1922? Ed era la rivoluzione del '21, del '33, del '48, del '59 {quest'ultima data crediamo sia stata citata male dal Malaparte) una reazione a tutta la moderna civiltà europea contro cui siamo chiamati oggi giustizieri ? Cavour no, ma gli altri sono taciuti; e perciò nelle spire della letteratura malapartiana siamo come color che son sospesi fra Solaro della Margherita e Crispi, oppure fra De Maistre e Mazzini, Sorel e il cardinale Ruffo o Rivarola, a piacere. Curzio Malaparte non si pronunzia. O meglio è sempre del parere che « da noi gli strumenti dei Governi sian proprio coloro che han per mestiere di vociare in piazza e di far prepoBiblioteca Gino Bianco

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