La Critica politica - anno VI - n. 8-9 - ago.-set. 1926

310 LA CRITICA POLITICA diventasse incapace di provvedere il dovuto numero di combattenti. In conseguenza tranne il primogenito, tutti i figli restavan sprovveduti di terra e dovevano darsi a cercar fortuna ; il che essi fecero anche con lo sposar donne di classi non nobili, figli di mercanti e commercianti e col far da nesso tra queste classi e l'alto baronato. Il quale baronato cessava esso pure d'essere prevalentemente guerriero e col cercar fortuna e cultura stimolava il sorgere delle classi commerciali e delle città sotto l'egida della pace mantenuta dal Re. E, come già si accennò, è la Conquista Normanna che getta le basi di una amministrazione unitaria della giustizia. I Re scoprono che justilia magnum emolumentum, ossia che è finanziaria!llente un guadagno il provvedere una giustizia migliore di quella data dalle Corti feudali. Di qui la formazione di uno speciale comitato della Curia Regis, costituito di giudici educati spesso in Italia nel diritto civile e canonico, che se ne servono come modelli, che ne rifiutano tutto quel che favorisce il principio autocratico e che con le loro decisioni date in nome del Re costituiscono quell'insieme di precedenti, casi e sentenze, che va sotto il nome di legge comune. Non solo ; sotto Re Riccardo l'arcivescovo di Canterbury Uberto Walter, principale funzionario del Re in materia giuridica, iniziò la politica di affidare alle classi medie di città e di campagna l'amministrazione della giustizia ; egli inoltre scopre che mentre il potere dello Stato è indebolito dal privilegio feudale, vien rafforzato dal concedere, dietro pagamento di un tributo annuale, alle città, cioè alle corporazioni artigiane e mer_cantili, il diritto di governarsi mediante funzi_onari amministrativi propri. In questo investire i notabili locali di funzioni giudiziarie e amministrative spettanti alla Corona e del diritto di esercitarle mediante rappresentanti propri da essi eletti, in questo tenerli responsabili della pace e dei diritti della Corona » è la base del regime rappresentativo e del non sorgere in Inghilterra d'una burocrazia a tipo ,eontinentale e sottratta così ai tribunali ordinari, funzionaria irresponsabile del potere esecutivo. Basterà che tutte le volte che il Re è in contrasto coi suoi sudditi, egli trovi che è più spedito il convocarli tutti assieme in Londra e venire a una decisione comune ; tanto più che, siano i Baroni, siano i cavalieri non erano ancora disarmati e dis~vvezzi da azioni in armi in comune come i cittadini moderni. Il costituzionalismo è così un risultato delle ultime soppravvivenze del feudalismo in combinazione col principio della legge comune, cioè del principio che anche il Re o lo Stato è responsabile innanzi ai tribunali ordinari di ogni violazione alle consuetudini cui questi riconoscono vigore di legge. Il Parlamento non è così se non la Curia Regis, ove dapprincipio il Re trattava di tutti gli affari p·olitici, finanziari, giuridici del Regno coi suoi vassalli diretti e coi giudici, ai quali a poco a poco trova conveniente di aggiungere due cavalieri come rappresentati d' ogni contea e borgo, eletti dai loro pari. Nessuno ne è il creatore ; s'è sviluppato da sè ; e per molto tempo l'esser deputato fu tutt'altro che cosa ambita : voleva dire assumersi spese ingenti di viaggio e residenza; spese che contee e borghi spesso trovavano troppo onerose per .sè e solo col crescer della ricchezza Bib ioteca Gino Bianco

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