La Critica politica - anno VI - n. 7 - luglio 1926

Figure del dopo guerra: -Padovani . Restò sempre fascista. E doveroso riconoscerlo oggi, in cui il giudizio si fa più sereno dinanzi alla morte, anche per sfatare diverse leggende che si erano formate intorno a lui. Nei giorni brutti per il regime, quando tutti i deboli ave-- vano una crisi e le strade erano seminate di distintivi, egli, già espulso, non. volle approfittare di una situazione favorevole, dell'enorme popolarità conservata fra fascisti e non fascisti, della devozione di tutta la milizia del Mezzogiorno,. per innalzare una bandiera di sedizione che forse avrebbe potuto determinare il. tracollo. Non volle, o forse, per scarsa autonomia spirituale, non potè, nonostante: che infinite fossero le esortazioni provenienti da ogni parte per una nuova marcia. Fatto non mai accaduto, e forse impossibile nella storia, che il Mezzogiorno decida. delle sorti d'Italia. Non poteva egli forzare la storia. Ricordo che in quei giorni, conversando insieme, gli sentii spesso ripetere: - Sono cose che succedono nel nostro partito. I disonesti con un colpo di testa lo portano ad un tratto sull'orlo della rovina. Bisogna purificare l'ambiente. - I disonesti, purificare l'ambiente: Era la preoccupazione moralista che domi-. nava l'uomo, di scarsa sensibilità politica. Aveva concepito il fascismo come un moyimento di rinnovamento, come tanti altri giovani del dopoguerra, rinnova-. mento dell'Italia e del Mezzogiorno. Uomo rigido e testardo, aveva esaurito le sue energie nello sforzo rigorista, compiuto senza la necessaria agilità per girare le situazioni e volgerle a proprio favore, ed era stato giuocato e vinto dai più abili, da coloro che conoscevano tutte le leve e tutte le molle del meccanismo. politico. Espulso dal partito, lui, Vice Duce nel Mezzogiorno. L'ambiente aveva_ vinto una astratta volontà puritana. Cadendo, aveva però conservato la- devozione del popolino napoletano. La sua stessa rigidità, l' incapacità di manovra ( qualche cosa che lo avvicinava ad un suo avversario della vigilia, così diverso sotto infiniti altri aspetti, ad Amen-- dola) lo avevano reso caro alla folla partenopea. Aveva la stilizzazione jeratica dell'eroe, del santo scolpito nell'argento, il cui simulacro si adora nei secoli, appunto perchè simulacro. Non comprenderà mai bene il popolo napoletano chi non cercherà di rendersi conto della sua innata tendenza alla creazione di miti, rivelante la diretta filiazione dal popolo ellenico, quale era veramente, libero da ogni deformazione umanistica o neo-classica, rintracciabile ancora nella religiosità della tragedia eschilea o nel lazzo osceno della commedia aristofanesca. Aurelio Padovani era il nuovo eroe del popolo napoletano, che lo amò e lo ama frene-. ticamente, come ama la /accia 'ngialluta di S. Gennaro, lo ama perchè bello, bellissimo nella fantasia; affermazione di valori estetici, supremi in quel popolo... Biblioteca Gi- o Bianco

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