CULTURA E LOTTA POLITICA NEL SETTECENTO SICILIANO 28J telli » ( 1) di cui la regina Maria Carolina scrive senza allarme al Marchese. De Gallo, quelli che intuirono come la lotta baronale non riguardasse affatto il popolo, e anzi tendesse a sacrificare gli interessi dei molti a vantaggio dei privilegi di pochi. Ma, come non esiste una cultura politica francofila, così non esiste un vero movimento e spirito giacobino. E' isolato il tentativo dell'avvocato palermitano Di Blasi, che con una quarantina di complici sognò nel 1795 di fartabula rasa e repubblica siciliana: tentativo che, se non fosse stato strozzato in, tempo e liquidato con l'esecuzione dell'organizzatore, sarebbe fallito ugualmente per scarsezza di consensi. E• isolato il tentativo rivoluzionario di tal Piraino che nel 1801 volle in Catania dare esca ad un impossibile incendio. In. Sicilia non attecchì giacobinismo ; nè v' ha cultura politica in tal senso ; se mai si può parlare di nativo spirito individualista e liberale, che viene man mano· limitato e incanalato dai nuovi avvenimenti politici (venuta del Re nel 1799, propaganda antifrancese, omaggio reale ai vecchi capitoli, cultura inglese, ecc.) vereo un altro terreno : il Parlamento. E' qui che si svolge la nuova battaglia sociale. Dal 1794, il Parlamento guadagna in dignità: le volontà sovrane non vengono più obbedite supinamente, ma discusse, condizionate. Baroni e prelati si affiatano. I «donativi» non vengono più offerti a occhi chiusi, ma a ragion· veduta. Insomma, il vento di fronda non è più tanto in piazza quanto in Parlamento ; e la Corte di Napoli ne è così urtata che se l'Assemblea non fu sop-· pressa, ciò si dovette alla prudenza dell' Acton (2). Tanto meno sarebbe statopossibile abolire il Parlamento più tardi, allorchè il Re, fuggito da Napoli, e rifugiatosi in Sicilia, dovette dimostrar la sua riconoscenza ai siciliani, mostran-- dosi riguardoso verso le loro istituzioni (3). Il Parlamento del 1812 fu inaugurato con gran pompa da Ferdinando in persona ; e il Re promise di ricondurre in Sicilia << l'antico lustro dei secoli de i, Ruggieri e dei Guglielmi » • I Parlamenti successivi, di cui qui non serve far la storia (del 1806, 181O, 1811), segnano altrettante fasi della lotta baronale contro il Sovrano, e quindi contro le riforme. Lotta aperta, dichiarata, di cui sono noti gli aspetti. E' naturale che necessaria piattaforma di tale lotta sia l'istituto parlamentare, unico depositario della volontà nazionale; ed è naturale, quindi, che parlamentaristica, liberale a tipo inglese, sia la coscienza politica che si va diffondendo e impo-- nendo. Il Parlamento rappresenta il popolo; ufficialmente, dunque, il popolo limita l'arbitrio sovrano. In verità, il popolo s'interessa poco a questa lotta: se ( 1) v. Corrispondence inédite de :XCarie Caroline, reine de [A{_apleset de Sicile avec le marquis de Gallo, publiée et annotée par le commandante M. H. Weil et le marquis C. Somma. di Circello, Paris, 1911. (2) PATERNÒ CASTELLO F., Saggio storico politico, ecc. (3) Alle consuetudini locali fu reso omaggio nelle concessioni di feudi siciliani, fatte quindi « iuxta usum et consuetudinem hujus regni nostri Siciliae ; •.. iuxta formam sacrarum constitutionum lmperialium, ac capitulorum hujus nostri Siciliae regni, remanentibus, semper salvis et illesis hujus regni costitutionibus ac capitulis et praesertim capitulis serenissimi regis lacobi alterumque regum praecedessorum nostrum (V. Real Diploma di donazione della Ducea di Bronte: a Lord Nelson, 1O ottobre 1799). Biblioteca Gino Bianco
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