La Critica politica - anno VI - n. 7 - luglio 1926

280 LA CRITICA POLITICA ·-- -· -·- - --=--=--=--=------- dini parlamentari? Ma a parte che la volontà parlamentare non può permettersi d'annullare quella sovrana, nessun capitolo esonera i baroni dall'obbligo di pagare i tributi, dato che essi fan parte della Nazione. « Qual' è la legge e quali sono i capitoli che prescrivono per disciplina del Regno che il Demanio debba esser più gravato del braccio baronale? Ed a tali assurdi daremo orecchio per impedire il servigio del Re ed il sollievo di tutto il Regno?». Nè risparmia aspre censure, Simonetti, agli abusi degli ecclesiastici, che fanno gravare sui co.. Ioni il peso delle gabelle, e ricorrono, per sottrarsi ai contributi, allo specioso pretesto che non possono contribuire senza ottenere il permesso da Roma, laddove è noto che i beni delle Chiese, elargiti ai prelati parlamentari dalle mani del Re, sono di regio patronato. Minuzioso e franco è codesto libro del Simonetti, in cui vengono con larghezza di dottrina citati esempi ed autori locali: e certamente esso, diffusissimo come fu, giovò indubbiamente a interessare l' opinione pubblica isolana a tali problemi giuspubblicistici. Allorchè il Caracciolo lasciò la Sicilia, i baroni respirarono : quanto alla massa, essa non lo aveva· compreso (sebbene il motto del Vicerè fosse stato « Re e popolo » ), anche perchè il Caracciolo non aveva esitato a ferirla talora in certi suoi gusti e costumi, come quando restrinse in Palermo la durata della festa di S .. Rosalia. Ma insomma l'autorità baronale era scrollata, e i rappresentanti del braccio demaniale cominciarono ad avere un orientamento proprio. Il 2 luglio 1786, il nuovo. Vicerè Caramanico inaugurava il Parlamento e questa volta l'assemblea « cominciò a dar segni evidenti di non essere più la sola espressione della volontà dei baroni. I semi sparsi dal Caracciolo avean già messo radici e il braccio demaniale si oppose in più d'una votazione alle mire de' feudatari, e sostenne la necessità di una rettifica di censimento, per la quale restassero alleviate le università della ingiusta e per esse gravosa ripartizione delle imposte. Ciò non piaceva ai baroni, ma erano tanto mutati i tempi che non ar.. dirono opporsi ; e ad unanimi voti di tutti tre i bracci fu questa la prima grazia domandata al sovrano». Dunque, la lotta sociale comincia a ingaggiarsi sul terreno legale, in Parlamento; ed è allora che i due bracci, baronale ed ecclesiastico, comprendono la necessità di affiatarsi e allearsi in Parlamento, onde soverchiare con la loro forza politica la voce delle università sostenute dal Vicerè; tanto più che Caramanico, per quanto con miglior tatto, mostra di voler seguire la · politica riformatrice del Caracciolo. A sostegno della loro lotta contro il Vicerè, i baroni fecero, al solito, appello ai trattatisti locali, al Di Napoli sopratutto, fino a spingere il Vicerè a ordinare che la statua del Di Napoli fosse tolta dal Palazzo Senatorio. Chi era questo Di Napoli? Un patrizio, che in una memoria privàta, destinata a difesa legale, aveva trattato del demanio, delle regalie, della istituzione del regio erario, dei feudi, dei baroni, delle leggi, ecc., e aveva dimostrato che l'autorità sovrana era stata sempre limitata, e che tutte le leggi erano state dettate dal Parlamento. Codesto scritto ( 1), pubblicato nel 1744 aveva avuto un enorme (1) Concordia tra i diritti demaniali e baronali, trattata in difesa del sig. don Pietro Gaetano Bologna, Strozzi e Ventimiglia, principe del Cassaro, marchese di Sortino, nella causa della pretesa riduzione al demanio della terra di Sortino. Palermo, 1744. Biblioteca Gino Bianco

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