La Critica politica - anno VI - n. 7 - luglio 1926

:., 276 LA CRITICA POLITICA quanto al. diritto pubblico. Quelli che corrono, e in maggior parte valgono, sono studi di storia sacra e civile, sacra più che civile. Lo studio delle bolle e dei privilegi ecclesiastici relativi alla Sicilia è diffuso, e trova dottissimi cultori, ma anche qui, molto spesso, eccessivo specialismo nella ricerca, specialismo quasi puntiglioso. Non pochi studiosi son capaci d'impegnare tutta la loro diligenza alla difesa dei diritti di un capitolo parrocchiale. Altrettante può dirsi per gli studi storici. Anche qui, molti tomi per la storia di una sola città. Una diligentissima Storia di Catania assorbì al dotto Vito Amico, bibliotecario in questa città, lunghissimi anni di lavoro. È il campanilismo tradizionale, che non consente ali' isola l'affiatamento provocato da comunanza di sogni e bisogni, da cui, in gen~rale, scaturiscono i grandi movimenti. Comunque, è degna di attenzione codesta polarizzazione degli intelletti verso la cultura storica locale, tanto più che è il primo passo per l'elaborazione di pregevoli opere di storia del diritto siculo. La faticosissima raccolta che Monsignor Francesco Testa fece dei Capitoli del Regno (1), la non meno degna ~accolta degli Atti Parlamentari compiuta dal Mongitore (2), la raccolta di Leggi Sacre del Di Giovanni (3) sono notevoli sforzi che denunziano l'amoroso interesse degli studiosi per le cose locali. Ma è interesse personale, scientifico, di dotti bibliofili: e infatti sono in in maggior parte opere latine, non fatte per la diffusione. In ogni modo, è eia codesto interesse per la stoiia locale, che scaturirà in seguito una più viva coscienza politica. Nel 1747 si istituì, nel Monastero di S. Carlo in Palermo, un'Accademia sotto gli auspici del principe di Pantelleria Antonio de Requesens, allo scopo di studiare la· storia di quella città. Col medesimo scopo di lumeggiare le patrie memorie altre accademie si istituirono. L'orgoglio, mai venuto meno, pei locali privilegi e costumi, ha così modo di assumere nuovi elementi di giustificazione. Tutte queste accademie cominciano a dare il tono alla coltura del secolo decimottavo in Sicilia, e indubbiamente contribuiscono a determinare un maggiore affiatamento fra gli intellettuali, a una circolazione di idee. È necessario tenerne conto, perchè è da codeste ricerche storiche che uscirà più tardi la gloriosa scuola del diritto pubblico siciliano. Ma fino alla seconda metà del settecento, fuori da codeste esercitazioni di accademia, gli intelletti non sanno rivolgersi che a questioni forensi, a dispute feudistiche. Sono ricercati e apprezzati gli studi di diritto privato e feudale perchè soccorrono in casi spiccioli frequentissimi; e gli studi dei capitoli in quanto a tali casi giovano, ma come non v'ha insegnamenti, nelle università, di materie sociali e pubblicistiche, così non v'ha di esse molti seri cultori. Alle questioni sociali e istituzionali si arriva più tàrdi, sotto la pressione di nuovi fattori, sopratutto economici. La carestia seguita sotto il vicerè F ogliani (1763), e i moti che ne dipesero, valsero certamente a interessare l'opinione (1) FRANCESCO TESTA, Capitula regni Siciliae, quae ad hodiernum diem lata sunt adnotationibus illustrata, 1741. (2) MONGITORE ANTONINO, Parlamenti generali del 'l(egno di Sicilia dall'anno 1449 fino al 17 48, Palermo, 1749. (3) GIOVANNI DI GIOVANNI, Codex diplomaticus. Biblioteca Gino Bianco

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