La Critica politica - anno VI - n. 7 - luglio 1926

274 LA CRITICA POLITICA =========================-====-=-=-=-=--=--=--=--=--=--=---------------- i siciliani, gelosissimi dei loro privilegi. Ma codesta lite fra Corte di Roma e Corte di Sicilia, mentre contribuì a far maturare nell'isola una mentalità ghi.. bellina, servì a spronare le classi colte allo studio delle patrie prerogative, orientando così la classe intellettuale verso un sentimento di nazionalità. Codesto sentimento è tipicamente isolano ; ma in difetto di più augusta applicazione, esso finisce troppo spesso con l'immeschinirsi, tra gli studiosi, nello sciovinismo municipalista, e ne son prova le frequentissime dispute fra le varie città e università della stessa isola per ragion di privilegio. Il titolo di capitale attribuito a Messina nei trattati con la Porta ottomana (1742) diede luogo, per esempio, a proteste memorie polemiche di cui v'ha traccia fino al 1749. V'ha, indubbiamente, erudizione e senso di tradizione : ma mancano i grandi temi. Solo poche grandi figure si elevano dai meschini dibattiti campanilistici e stendono il loro sguardo sulla ricca storia isolana, e cercano di raccapezzarvisi : il Caruso ( 1) , grandissimo storico, amico del Muratori, il Mongitore, il Gervasi (2). Ma questa erudizione storica, che altri più notevoli frutti darà nella seconda metà del settecento, è ancora coltura di biblioteca : non denunzia l'esistenza di una coscienza e di una intenzione politica. Che un pensiero politico, caratteristico, circolasse non è forse lecito affermare. I Parlamenti si riuniscono puntualmente, sì, espressione formale di volontà nazionale, ricevono giuramenti reali, trasudano solennità: vigono insomma esteriori manifestazioni di spirito indipendente, ma sono manifestazioni che sembrano rispondere più a una forza di consuetudine che a un'esigenza di coscienza pubblica. La potestà parlamentare è tanto poco una realtà che nel 1752 un Francesco Saverio Statella fu esiliato dal Marchese Cavalcanti per essersi opposto nell'ultimo parlamento al secondo donativo straor- , dinario chiesto dalla Corona; nè ciò parve scandaloso. Gli studi storici, insomma~ non diventano ancora armi politiche. Le non molte operette di diritto pubblico, sono, in generale, dissertazioni accademiche con licenza de' superiori, in cui nessun sasso disturba le chete acque di un paternalismo politico, pel quale il buon Principe fa la felicità del devoto popolo stendendo un assoluto potere sopra le persone e le sostanze dei sudditi. Trionfa l'elogio del diritto divino e del regime assolutistico. Né si distacca da codesti schemi Vincenzo Caglio che, pur lamentando la deficienza di studi giuspubblicistici e tentando per conto suo u~ abbozzo di scienza politica, tesse in fondo il solito panegirico del diritto di natura, del regime monarchico, della suprema autorità sovrana (3). In certo senso, può stabilirsi che un più amoroso studio dell'ordinamento costituzionale (Parlamento, limiti del potere sovrano, etc.) si ebbe in Sicilia qualche secolo innanzi, allorchè valorosi giuristi esaminarono con acume e dignità vari problemi del locale diritto parlamentare (4). ( 1) CARUSO G. B., Memorie istoriche di quanto è accaduto in Sicilia dal tempo dei suol primieri Abitatori sino alla coronazione del 'R,e Vittorio .f/medeo. Palermo, 1742-45, Voli. 6. (2) v. Siculae Sanctiones nunc primum typis excusae, aut extra Corpus iurls municlpalis hactcnus vagantes••• per NICOLA GERVASI, Panarmi, Bentivenga, 1751-55. Voli. 5. (3) Saggio sopra il diritto della natura, delle genU e della politica dell' avv. VINCENZO GAGLIO, girgentino. Palermo, 1759. (4) cfr. MASTRILLI, MUTA, DEL BENE, etc, Biblioteca Gino Bianco

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