La Critica politica - anno VI - n. 6 - giugno 1926

Il vecchìo ed il nuovo nell'azione pòlitica (:Breve coda ad un articolo molto chiaro) Un amico di « Critica Politica» mi ha diretto. una lettera a proposito di quanto ebbi scrivere nell •articolo « La sconfitta dei Partiti » pubblicato nel numero passato. Mi domanda, con particolare riferimento al partito repubblicano, nel quale milita egli pure : cosa è che tu vuoi? Cosa si dovrebbe fare? Quali le tue proposte pratiche? In sostanza - mi osserva - le tue critiche, giuste, giustissime, che abbiamo volentieri sottoscritto, valgono meno che nulla, se tu non dici anche cosa, in pratica, si potrebbe e si dovrebbe fare. Fuori il rimedio, insomma I Non ho nessuna difficoltà a rispondergli, pubblicamente come egli desidera. Anche l'ammalato al medico non chiede la diagnosi. Ciò .non toglie che l'ufficio del medico sia importante e le sue qualità si vedano, non già nella indicazione del rimedio quanto invece nella sua capacità a fare la diagnosi del male, a stabilirne la natura e le cause. Stabilite del male le cause e la natura si può pure trovare il rimedio e se non il rimedio assoluto (vi sono malattie inguaribili) il rimedio relativo, ossia la medicina che agevoli la risoluzione del male o che, per lo meno, ne attenui la gravità ritardandone le conseguenze. E a questo punto il medico poco ha da inventare o da ricercare : gli basta consultare un qualunque ricettario. Per la cura delle malattie politiche ricettari belli e formati, purtroppo non esistono, nè io mi propongo di fabbricarne. Capisco che ciò sarebbe molto comodo, specie << per le masse che anelano ad essere dirette » e per quei dirigenti che non sapessero altrimenti come dirigere, ma credo che sarebbe senza nessuna efficacia. Intanto io non mi riconosco l'autorità o anche solo il dovere di dettare le regole da seguire. Del resto non ho nel mio partito alcuna carica direttiva che me lo imponga, nè potrei essere chiamato ad assumerne per ragioni che è_meglio I.asciare da parte. Se poi avessi una carica direttiva ecco quel che farei: trarrei, nella mia linea di condotta, norma dalle convinzioni che mi sono formato sulle deficienze e sugli errori della politica seguita nel passato, dal nostro come dagli altri partiti. Giacchè non è vero che quegli scritti miei non avessero e non abbiano una conclusione e che non siano sufficientemente chiari. Al contrario f Nella azione politica pratica poi essere convinti di una cosa piuttosto che di un'altra ha una grande importanza. È anzi il fatto che esista o meno una data convinzione che determina una azione piuttosto che un•altra, e non già gli « ordini del giorno » i quali cont~no meno che nulla, specialmente quando non sono usciti da una convinzione radicata e diffusa. Ma bisogna che quella convinzione ci sia. Bibliotec~ Gino Bianco

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